La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

1 febbraio 2010

Capitolo 10 - Acqua per tutti

BONITASKU DI IAGU SALGADU I BONITU, MA I KANSADU BIBI
(proverbio locale: la bellezza dell’acqua di mare è grande, ma è difficile berla)
(interpretazione: un lavoro può sembrare bello, ma farlo può essere faticoso)

29 ottobre, Bigene
Finalmente riprendono le evangelizzazioni nei villaggi. La stagione delle piogge sta per terminare, e le strade possono essere percorse (con le consuete difficoltà) dalle nostre macchine (anche le suore hanno il loro fuoristrada).
La prima catechesi a cui partecipo, con suor Teresa, è a Facam. Si notano subito una grande comunione e una precisa organizzazione: il catechista Uié, che qui abita con la sua famiglia, e alcune altre persone già battezzate agevolano notevolmente l’afflusso di tutti gli altri abitanti che partecipano al nostro incontro. La partecipazione è ottima, e il lavoro di Uié, con la sua testimonianza e le sue catechesi, si nota dalla partecipazione attiva di varie persone, giovani e adulti, di questo bel villaggio immerso nella vegetazione.

30 ottobre, Bigene
Con il catechista Abdù mi reco nel villaggio di Mambuloto. Qui la presenza dei musulmani è forte e sentita. Ma anche la presenza dei cristiani è considerevole. Devo spiegare una cosa, che mi sembra bella e significativa: in questi luoghi, quando una persona inizia a frequentare i primi incontri di evangelizzazione, è come se avesse già scelto di essere cristiana. Coloro che frequentano le catechesi tenute dai padri, dalle suore, o dai catechisti, anche se non hanno ancora ricevuto il battesimo, si sentono già cristiani, e sono considerati tali anche dagli altri.
La situazione di questa comunità di Mambuloto è particolare: accoglie la catechesi da ben quattordici anni (uno dei primi villaggi della zona ad iniziare l’evangelizzazione) e non vi è ancora un battezzato. Il motivo è la poligamia diffusa in tutto il villaggio. Anche i giovani risentono di questo esempio degli adulti, e lo assorbono. Parlando con gli anziani, sono loro stessi a spiegarmi che non possono ricevere il battesimo, perché hanno più mogli, ma non possono rimanere senza catechesi, perché sono cristiani.
Questo è uno dei grandi problemi dell’evangelizzazione. Non si può chiedere ad un uomo di abbandonare le mogli e i figli per ricevere il battesimo. E non si può battezzare chi vive nella poligamia. Il Signore, molto più grande di noi tutti, legge nei nostri cuori e nei cuori di questi fratelli, che hanno già fatto la scelta di essere cristiani anche se non possono vivere il sacramento del battesimo. Desiderano la salvezza di Cristo, ma non la possono realizzare: non sono lontani da Dio! Forse sono più vicini a Dio di tanti battezzati che vivono come se non fossero battezzati.

31 ottobre, Bigene
Il sabato sera si recita il Rosario nella chiesa di Bigene. A volte ci sono solo pochi bambini, altre volte ci sono anche dei giovani. Questa sera accade un fatto che illuminerà molte altre serate: dopo la recita della preghiera, due giovani, che non conosco, mi chiedono di poter iniziare la catechesi cristiana.
Non mi sembra vero: è il segnale che aspettavo da tempo! Il modo migliore per terminare il mese missionario di ottobre e continuare la missione per tutto l'anno. Ringrazio il Signore con tutto il mio cuore: io sono tanto felice! Siatelo anche voi.

1 novembre, festa di Tutti i Santi, Bigene
Riprendo la S. Messa domenicale nei villaggi: dopo la celebrazione principale a Bigene alle 9,30, mi reco oggi a Facam per la celebrazione alle 11,30. La bella comunità di Facam è già radunata nella cappella del villaggio: davanti i bambini, con i vestitini della festa, tutti in fila, seduti sui loro piccoli sgabelli. Dietro i giovani e gli adulti. Le mamme che allattano i loro piccolini rendono la scena ancor più reale: il Signore entra nella vita di questo villaggio con la sua Parola e la sua Eucaristia. Anche qui crescono i santi…

2 novembre, Bigene
Giorno dedicato ai defunti e alle visite ai cimiteri di tutte le nostre città e paesi italiani. Ma non qui. A Bigene non esiste il cimitero! Questa è una scoperta, che sa dell’incredibile, ma è proprio così. A Bissau ci sono due cimiteri: uno antico, con le tombe degli ex-colonizzatori portoghesi, ed uno più recente, con i defunti locali. Non li conosco bene, ma mi par di capire che sono poco frequentati.
Ma a Bigene, e in tutti i villaggi qui attorno, non esiste un cimitero. Non è che la gente non muore (anzi!), ma è perché i defunti vengono seppelliti vicino alla propria abitazione. In qualche caso, fin sotto le semplici mura della casa. In questo modo rimane evidente, nello spirito africano, che i defunti non sono lontani dalla vita dei loro cari, sono invece molto vicini ad essi. Qui dovrei aprire una lunga pagina per spiegare il culto verso i propri antenati nelle Religioni Tradizionali Africane. Ma il mio semplice diario dovrebbe bloccarsi per troppo tempo. Mi limito a scrivere che l’Africano sente molto la presenza dei propri defunti. Senza tanti inutili fiori o loculi dispendiosi, l’Africano “vive” una profonda comunione con i suoi defunti, ha un culto inesauribile verso di essi, quasi un rapporto religioso sacrale. Se un proprio defunto è stato una persona di saggezza, continua a vivere vicino a Dio, e diventa un intercessore presso Dio.
Non vi sembra una sensibilità ed una religiosità che dà onore a questi popoli, a volte denigrati perché ritenuti inferiori alla nostra civiltà? Mi viene in mente quella Parola: “… sepolcri imbiancati siete …”.
Niente cimiteri, ma spazi sacri attorno ai villaggi, dove sono sepolti molto semplicemente tutti i defunti: avvolti in un lenzuolo, a contatto con la nuda terra. Alcune etnie usano anche gli spazi attorno ad un grande albero: così i loro defunti riposano all’ombra (!). Ma attenzione: prima di salire sugli alberi, come esperti conoscitori di safari africani, informatevi bene che non sia un albero con i defunti attorno. In quel caso, sarebbe un albero sacro. E passereste i vostri guai a salire su un albero sacro…

7 novembre, Bigene
Oggi partecipo alla catechesi di apertura nel villaggio di Kissir assieme ad Alfredo, il catechista. Alfredo è una grande persona: è insegnante nella scuola pubblica, ma per arrotondare il misero stipendio svolge anche il lavoro di guardiano notturno presso la scuola della missione. Sua moglie è la cuoca nella casa delle suore. Con i loro sei figli sono l’unica famiglia cristiana di Bigene. Avete letto bene! Non vi sono altre famiglie cristiane nel paese di Bigene. Vi sono alcuni giovani battezzati; anche alcuni adulti sono cristiani e ricevono i sacramenti. Ma famiglia cristiana, con il matrimonio celebrato in chiesa, è solo questa. Una bella responsabilità che Alfredo vive, con la sua brava sposa, donando a tutti una bella testimonianza di cristiano adulto. I giovani hanno bisogno di vedere degli adulti testimoni: questa è una delle tante fatiche di questa piccola comunità cristiana. Grazie a Dio, almeno una famiglia, che può dare un bel segnale ai giovani, c’è.
L’evangelizzazione a Kissir è faticosa: il gruppo dei partecipanti è limitato, e i giovani sono poco motivati: mancano gli anziani. Accade così in tutti i villaggi: se vi sono degli anziani coinvolti nella catechesi, i giovani si sentono come guidati e sostenuti dalla loro presenza. Se non ci sono anziani, i giovani si sentono smarriti, quasi intimoriti.
Sembra il contrario di quanto accade, a volte, in Italia. Se la chiesa è frequentata dagli anziani, i giovani si vergognano! Qui è diverso: se non c’è la persona anziana a segnare un cammino, il giovane si sente insicuro nei suoi passi.
Io non credo che questa sensibilità dei giovani guineensi sia sbagliata. Che dite???
Ritornato alla casa della missione, mi arriva, via internet, una notizia meravigliosa: i piccoli amici di Segezia (Foggia), dove sono stato parroco per quindici anni, stanno mobilitando tutta la loro scuola elementare, con insegnanti e famiglie, per raccogliere materiale scolastico da spedire ai bambini della scuola di Bigene.
Guidati dal loro insegnante, i ragazzi di quinta elementare e delle altre classi hanno organizzato un mercatino divertente, che durerà tre giorni. Accanto alla vendita dei “dolci dell'amicizia”, fatti dalle mamme, ci sono tanti giochi, libri e oggetti che, a loro volta, sono acquistati dai bambini di altre classi, ma anche da tutti coloro che hanno partecipato a queste giornate. Il ricavato del mercatino sarà usato per acquistare materiale scolastico che sarà spedito in container per i bambini della scuola della missione di Bigene.
Devo dire che sono tanti gli amici che, a Foggia e provincia, si stanno mobilitando per la raccolta di questo materiale, rispondendo all’invito che l’amico don Guido, parroco di Segezia, ha rivolto ai suoi fedeli:
“Un container partirà da Foggia per Bigene (Guinea-Bissau), dove don Ivo è missionario. Questa occasione straordinaria ci permette di aiutare don Ivo con una raccolta di materiale che arriverà direttamente nella sua missione, e che sarà distribuito, senza intermediari, nelle opere della missione stessa. Don Ivo, dopo una verifica con le suore Oblate che operano da tempo a Bigene, propone queste precise raccolte di materiale. La scelta è quella di sostenere i bambini della scuola cattolica di Bigene (200 bambini), e delle scuole disperse nei villaggi, seguite attraverso la evangelizzazione nei villaggi stessi. In particolare occorrono: + maglioncini autunnali o invernali (ma leggeri) per i bambini dai 5 ai 10 anni. Qualcuno potrebbe stupirsi: ma il motivo c’è! A gennaio e febbraio, la temperatura scende anche a Bigene, fino ai 20 gradi. Non è freddo (per noi), ma per i bambini che vanno a scuola, vestiti solo di una canottiera o di una camicetta estiva, fa freddo, e le insegnanti devono far eseguire attività motorie nella prima ora di scuola di ogni giorno, perché i bambini tremano dal freddo. + quaderni a righe per scrivere: non a quadretti, devono essere con le righe. + matite per scrivere sui quaderni: le penne biro non durano (per le condizioni climatiche) e i pennarelli ad alcol sono inutili. Non matite colorate, ma matite semplici per scrivere. + gomme per cancellare le scritte delle matite sui quaderni. + temperini per appuntire le matite. Tutto questo è materiale prezioso per i bambini. Ma attenzione: si raccoglie solo questo materiale, e non altro. Il materiale raccolto sarà consegnato presso la parrocchia Immacolata di Fatima a Segezia”.

11 novembre, Bigene
Catechesi di apertura nel villaggio di Bambea, vicino a Bigene. Mi reco al primo incontro assieme a suor Miris e suor Teresa, che conducono la catechesi settimanale in questo villaggio. Anche qui la situazione è molto impegnativa. Le persone ci sono, anche gli anziani, ma è accaduto un fatto preoccupante durante l’estate scorsa. Un giovane si è ammalato per lungo tempo, e i suoi amici si sono rivolti ad uno stregone per chiedere aiuto. Questo personaggio negativo (che non conosco) ha affermato che la malattia del loro amico era dovuta ad una specie di maleficio causato da una donna anziana del posto. Il risultato finale è stato una spedizione punitiva che questi giovani hanno compiuto, andando a picchiare malamente la povera donna anziana. Ora il villaggio si trova diviso e insicuro, in un clima di sfiducia reciproca. La cosa ancor più grave è che alcuni di questi giovani fanno parte proprio del gruppo della catechesi.
La conoscenza di Gesù Cristo non ha inciso nulla nella loro esistenza? È difficile dire che cosa accade nell’animo di una persona. Ancor più difficile dire cosa accade nell’animo di una persona africana.
Gli stregoni esistono in tutto il mondo, inutile sorprenderci: magari hanno altri nomi più invitanti, ma ci sono. Tanti. Troppi. Se è vero che nelle grandi città d’Italia ci sono più “negozi” di maghi che parrocchie, è meglio che nessuno pensi in modo riprovevole dei miei nuovi amici africani.
Userò questa esperienza negativa per far comprendere a tutti i cristiani di Bigene e dei suoi villaggi che gli stregoni non possono essere uomini di Dio: non producono pace e gioia, ma sconforto e divisioni. Ma i cristiani che mi ascolteranno sono la minoranza: è missione!
Terminato l’incontro mi reco con le suore e con alcune donne a visitare questa vecchietta che è stata picchiata selvaggiamente. Non dice una parola. Niente. Un uomo anziano, che vive vicino alla sua piccola abitazione, si avvicina con uno sgabello per farmi sedere: è un gesto di grande accoglienza, dentro un silenzio generale fatto di paura e insicurezza. L’evangelizzazione, in questa terra di Bigene, è appena all’inizio.

12 novembre, Bigene
Al mattino mi reco con suor Rosa per la catechesi a Talicò, sulla strada per Farim. Un bel gruppo di persone, attente e motivate. Nel pomeriggio vado a Farea, dove c’è una bella comunità cristiana sostenuta dai catechisti Djamba e Abdù: si vede il beneficio della loro presenza in questo villaggio. Il gruppo di persone è numeroso e attento; vi sono anche dei battezzati e dei giovani che stanno compiendo il percorso dei catecumeni. Mi spiego: a tutti coloro che lo chiedono, si offre la prima evangelizzazione, chiamata anche pre-catecumenato. Si parte da zero: Dio è Padre, Dio è Creatore (e questo, gli Africani, lo sanno molto bene), ma Dio parla agli uomini anche attraverso i patriarchi, i profeti, il popolo di Israele. È la storia della salvezza. Quando finisce il percorso sulla storia della salvezza, che ha il suo centro in Gesù Cristo, si propone il percorso di catecumenato che termina con il battesimo. È un cammino lungo: partendo da una totale non conoscenza della religione cristiana, ci vogliono anni e anni di catechesi per aiutare le persone ad una scelta responsabile verso il battesimo e le sue esigenze.
Poi Farea ha un’importanza speciale per me: qui è nato il primo piccolo Ivo!!! Purtroppo Ivo ha avuto la malaria durante l’estate, e la mamma l’ha portato in un villaggio vicino al Senegal, per curarlo meglio. Non sono ancora rientrati: speriamo di rivederlo presto in piena salute, il mio leoncino!
In serata celebro per la prima volta la Messa feriale in chiesa per tutti i fedeli di Bigene. Durante i giorni settimanali ho sempre celebrato il mattino presto, nella piccola cappella delle suore. Ora che sono più stabilmente a Bigene (e che la mia salute continua a fare la brava!), posso celebrare il giovedì sera nella chiesa della missione. Vi partecipano molte persone, sembra quasi una Messa domenicale. Sono sorpreso e felice. Non riesco a predicare in crioulo (per la domenica mi preparo l’omelia scritta con l’aiuto di qualche insegnante) e mi lascio andare in lingua portoghese. Mi sembrano tutti molto attenti: in realtà, sono solo incuriositi nel sentirmi parlare la lingua ufficiale della Guinea-Bissau, che pochissimi usano a Bigene.

13 novembre, Bigene
La catechesi a Liman è affidata a me. Questo è il villaggio dove vive la piccola Ivone Maria: ci vado molto volentieri! Il villaggio è piccolo, e forse si trova in un disagio ancor più grande degli altri: non c’è la scuola, i bambini rimangono senza alcuna istruzione. I giovani e gli adulti non parlano nemmeno il crioulo: senza interprete la comunicazione è molto difficile. Anche la catechesi risente di questa situazione: pochi vi partecipano, e solo due-tre uomini adulti intervengono nei momenti di condivisione.
Nel pomeriggio accompagno suor Miris vicino alla frontiera, al villaggio di Bucaur: questo è il villaggio che offre grandi prospettive. Sono più di mille i suoi abitanti, e più di cento, tra giovani e adulti, partecipano alla catechesi settimanale. Il fatto sorprendente è che in questo villaggio vi è pure una piccola moschea, e quindi si dovrebbe pensare che siano quasi tutti musulmani. E non solo: il villaggio è formato da varie etnie, tra cui i mandinga. Questa etnia è famosa per essere di religione musulmana, per una scelta fatta, in passato, da parte del suo re (anche in Africa ci sono i re! non lo sapevate?). La cosa sorprendente è che anche alcune persone di etnia mandinga partecipano alla catechesi!
È sempre gioioso e confortante arrivare sotto il grande mango, dove tutti sono già allineati con i loro piccoli sgabelli che si sono portati, sulla testa, dalla loro abitazione. L’incontro è sempre ben partecipato e animato, con canti, interventi, domande. I giovani sono molto attenti, gli anziani seguono con compiacimento, come se dicessero: “Guarda, padre, come sono bravi i nostri figli!”. È veramente una soddisfazione venire in questo bel villaggio. Al termine della catechesi, il giovane che è incaricato di organizzare l’incontro, membro del consiglio del villaggio, a nome di tutti i presenti ci espone il meraviglioso desiderio del gruppo che partecipa alla catechesi: costruire la loro cappella per riunirsi a pregare alla domenica. Attualmente si riuniscono tutte le domeniche, da soli, per pregare nella scuola. La catechesi, invece, si tiene sotto il grande albero al centro del villaggio. La loro richiesta è un segno del desiderio di crescita nella fede: non vogliono sentirsi inferiori ai musulmani. E non lo sono! Sono da ammirare questi giovani: istruiti (parlano il portoghese), vivaci, attenti. Penso che in questo villaggio il Signore continuerà a portare le sue benedizioni, e se le meritano tutte!

14 novembre, Bigene
Con suor Teresa mi reco a Tabajan per la catechesi. La grossa novità di questo villaggio, sulla strada per Farim, è la costruzione di una nuova cappella per la comunità cristiana che sta nascendo. Oltre alla catechesi iniziale, vi è anche la preparazione al battesimo per un gruppo di catecumeni. La cappella è piccola, molto oscura, con una sola porta e due piccole finestre: l’oscurità interna alla costruzione è necessaria per far uscire all’esterno i piccoli insetti fastidiosi. La cosa che trovo meravigliosa è che la cappellina se la sono costruita proprio loro, con le loro mani: hanno impastato i mattoni di argilla, essicandoli poi al sole. In seguito li hanno sistemati con maestria, lasciando lo spazio per le due finestre e la porta. Il tetto ha una struttura in legno, su cui è appoggiata la paglia per riparare dalla pioggia e dal sole. Bravi! Anche se la costruzione di questi edifici rientra nella normalità delle capacità di queste popolazioni: senza architetti e geometri, senza costruttori e operai, gli uomini si mettono assieme e, usando il materiale naturale di cui dispongono, si costruiscono le proprie abitazioni. A me piace questo fatto!
Nel pomeriggio accompagno il catechista Djamba per la catechesi nel villaggio di Udas. Questa è una situazione particolare: il villaggio, di etnia mandinga, è tutto musulmano. Ma vi é un piccolo gruppo, di etnia mandjako, che frequenta la catechesi. È proprio il gruppo di catechesi più piccolo, una quindicina di persone in tutto, ma vivaci e partecipi, e si sente… Normalmente nella etnia dei balanta-mané, che rappresenta la maggioranza della popolazione del settore di Bigene, le donne non parlano, si mettono tutte in un lato, ascoltano ma non partecipano alla condivisione che segue la catechesi. Le donne dei mandjako sono invece più partecipi: parlano, chiedono, intervengono… Sembra quasi che, in questa etnia, siano gli uomini a rimanere un po’ in disparte! Mi vien da pensare: vuoi vedere che la razza italiana ha origini dalla etnia dei mandjako??? Sono sempre le donne a parlare per prime…
Alla sera mi accorgo che la temperatura è scesa di qualche grado: questa notte dormirò con il lenzuolo, è meglio!

15 novembre, XXXIII domenica ordinaria: Bigene
Nel pomeriggio ho il primo incontro con i giovani di Bigene che desiderano iniziare la catechesi per ricevere il battesimo, o che già hanno seguito, in passato, la catechesi iniziale ed ora sono catecumeni. Sono una ventina in tutto: mi sembra che seguano con attenzione la mia proposta. Rimango sorpreso della mia capacità di esprimermi in portoghese, e questo mi rallegra, perché la mia conversazione si rende sempre più sciolta.
La difficoltà principale di questi giovani di Bigene è la quasi totale assenza di esempi adulti da seguire. Nelle evangelizzazioni che si svolgono nei villaggi attorno a Bigene ci sono sempre adulti e anziani che partecipano, e la sola loro presenza diviene un forte incoraggiamento per i giovani. Nella società africana, soprattutto nei piccoli villaggi, gli adulti, che qui chiamano uomini anziani, sono di esempio per tutti. E quando parla un uomo anziano, le sue parole e le sue scelte diventano valida testimonianza ed esortazione per tutte le generazioni più giovani. Ma questo non avviene a Bigene. Sono solo tre o quattro gli uomini adulti che frequentano la S. Messa: i giovani, senza esempi da imitare, fanno scelte dettate dall’emozione del momento, e facilmente si lasciano andare, nella loro inesperienza, a repentini cambiamenti.
Spero di farmi amico di questi giovani: oltre ad una sana catechesi, forse occorre proprio una forte amicizia che li renda capaci di sentirsi meno soli nelle scelte che stanno compiendo.

17 novembre, Bigene
Vicino alla casa per i missionari, la cui costruzione continua senza interruzioni, ma con la lentezza dovuta alla mancanza degli strumenti adatti (non è una casa fatta con argilla e paglia, come la maggioranza delle abitazioni, ma con blocchi di cemento costruiti sul posto), inizia il grande lavoro per trovare l’acqua. L’impresa non è facile: non si tratta di un semplice pozzo: sarebbe insufficiente e insicuro. Si tratta di un foro profondo, per trovare acqua buona e sufficiente.
Mi spiego meglio: a Bigene l’acqua c’è, la si trova a 20-25 metri. Ma a quella profondità è insufficiente: prima dell’estate (e delle grandi piogge) i pozzi si seccano, con disagi impensabili per noi europei. Inoltre, non esistendo alcun servizio di fognatura, e nemmeno un servizio cimiteriale (i defunti vengono sepolti accanto alle abitazioni), l’acqua potrebbe essere non potabile, o addirittura causa di infezioni! Oltre i 30 metri l’acqua è salata, a causa delle infiltrazioni del mare. Un foro deve arrivare almeno a 60 metri, però potrebbero non bastare, e allora occorre scendere fino ai 100, a volte 200 metri. Durante l’esecuzione del foro si potrà capire fino a quale profondità bisogna scendere.
Perché un foro così profondo è necessario? Se l’acqua dovesse servire solo a me, non mi farei tanti problemi, farei un pozzo di 20 metri e basta. Ma nel territorio della missione, dove si sta costruendo la casa per i missionari, c’è la scuola tenuta dalle suore Oblate con 170 bambini (diventeranno 200-250 nei prossimi anni), senza acqua, con notevoli difficoltà per la loro igiene (l’acqua, attualmente, è trasportata alla scuola con la macchina). Inoltre, nello stesso territorio della missione, c’è anche il centro per i bambini denutriti. Per due giorni alla settimana arrivano decine e decine di mamme con i loro bambini. E anche qui ci sono i servizi igienici senza acqua. Ancora: un foro profondo assicurerà acqua abbondante e buona non solo per la scuola e il centro di alimentazione, oltre che per la casa dei missionari, ma anche per le famiglie che risiedono vicino a questo territorio.
Il lavoro è notevole e la spesa è imprevedibile: è il caso di fare qualche “cerimonia” particolare…. e così chiedo agli amici di pregare per trovare acqua buona e abbondante a pochi metri!!!

18 novembre, Bigene
La trivella della perforazione si rompe. Gli operai sono attrezzati: riescono, con i loro mezzi, a compiere la necessaria riparazione. Sono veramente dei bravi operai: io non capisco niente di questo lavoro, ma vedo che si impegnano con competenza e sudore di fronte! Speriamo per domani…

19 novembre, Bigene
La perforazione prosegue senza pause, e noto uno strano ottimismo negli occhi del direttore dei lavori: analizzando il materiale argilloso che fuoriesce dalla perforazione, mi spiega che l’acqua si sta trovando già ad un livello di 19 metri. Bisogna ora vedere se è una falda profonda, e se è potabile.
Nel pomeriggio arriva la conferma. Io mi sento emozionatissimo, come uno scolaretto in attesa della pagella. Gli operai, tutti esperti, mi guardano quasi con compassione. La falda arriva fino a 32 metri! Quindi è abbondante: si possono prelevare 1.000 litri di acqua all’ora. Questo significa acqua sufficiente per la scuola della missione, per il centro nutrizionale, per tutti. Che grande cosa l’acqua. È un grande dono di Dio! Rimane da verificare se è buona da bere. Il direttore dei lavori tira fuori i suoi strumenti per le analisi: non potete immaginare la mia gioia… l’acqua è buonissima!!! Fuoriesce dal terreno ad una temperatura di 30,5 gradi ed ha una presenza di sale nella norma. Non si può dire che sia fresca… ma è potabile. Che grande cosa!!!! Le buone analisi saranno poi confermate in laboratorio.
Cari amici, vi ringrazio con tutto il cuore: grazie per le vostre preghiere (alcuni di voi mi seguono quotidianamente su facebook). Grazie! Meglio di così non poteva andare, meglio di ogni ottimistica previsione. Ero impaurito da questo lavoro, che poteva essere assai più complesso e costoso.
Grazie mio Signore. Tu hai creato l’acqua, e l’hai messa buona e abbondante vicino alla mia casa, in questa terra non lontana dal deserto del Sahara. Ti voglio ringraziare tutte le volte che mi potrò dissetare a questa sorgente. E benedici questa missione: Tu sei acqua viva che disseta in eterno.

20 novembre, Bigene
Alla grande gioia dell’acqua, si aggiunge una vita nuova: è nato Ivo tre! Nel villaggio di Suar, dove le suore fanno la catechesi. La mamma è rimasta molto sofferente per una grave emorragia. Ivo è nato nella capanna, assistito solo dalle donne confinanti. Ma il Signore donerà alla mamma forza e coraggio, e le povere medicine che troverà a Bigene le saranno sufficienti per riprendersi.
Questa volta il nome è stato deciso con la complicità di suor Rosa. Le hanno chiesto quale nome mettere al bambino appena nato, e lei ha proposto il mio nome, subito accettato dal villaggio (la mamma non era presente, troppo debole per presenziare alla catechesi). E così mi ritrovo con un numero di eredi che aumenta. Nuove preoccupazioni: benvenute!

26 novembre, Bigene
Come se non bastassero i tre Ivo… nasce anche Angelo! Questo fatto mi sconvolge. Di gioia. Succede così: nasce il bambino figlio di due bravi genitori catecumeni nel villaggio di Farea. In questo villaggio c’è già un Ivo (il primo: non lo vedo da molto tempo. Ha preso la malaria e la mamma lo ha portato per le cure tradizionali in un villaggio del settore di Farim; ho saputo che sta meglio). Il papà mi cerca perché vuole mettere il nome al bimbo, e mi chiede come si chiamava mio padre. “Angelo” gli dico, con sorpresa per la sua curiosità… “Angelo si chiamerà mio figlio!” mi risponde con un grande sorriso.
Lo guardo smarrito per alcuni istanti. Lui capisce che sono in stato confusionale, ed allarga il suo sorriso. Voi sapete quanti denti hanno in bocca gli Africani??? In questo momento ne vedo un centinaio…
Ma come fa questa gente a volermi così bene? Non ho fatto ancora nulla per loro, e mi trovo questo bravo papà che mette il nome di mio papà al suo terzo figlio (gli altri due si chiamano Maria e Michele: bei nomi!). Non avrei mai pensato che questa cosa potesse accadere.
Per tutto il giorno penso a mio papà, alla sua vita dura (era il primo figlio, orfano a soli quattordici anni per la morte di suo padre durante la prima guerra mondiale) e ai suoi sacrifici. Un semplice contadino che non è mai uscito dall’Italia e che si ritrova, dopo tanti anni, ad essere ricordato in una capanna dell’Africa Occidentale. Un piccolo Angelo africano che porta il nome di un uomo nato e vissuto sempre a Cervarese S. Croce, nella pianura padana.
Il mio stato confusionale continua per tutto il giorno: comincio a capire cosa può essere il famoso “mal d’Africa”!

4 dicembre, Bigene
È un giorno triste. Suor Rosa non sta bene, e deve rientrare in Italia per fare delle analisi complete, che qui sono impensabili. Speriamo che possa curarsi bene e tornare presto in piena salute.

10 dicembre, Bigene
Il container parte da Foggia per Bigene. Questo è il primo. Parte con tutto il materiale che aspetto per arredare la casa in costruzione e per i bambini della missione. Unica difficoltà: sono arrivati a Segezia troppi pacchi di quaderni e magliette per bambini (177 in tutto!!!). I 50 pacchi che non sono entrati partiranno in un prossimo container. Un GRAZIE ENORME ai tanti amici che hanno collaborato: siete stati GRANDI.

18 dicembre, Bigene
Splendida giornata di evangelizzazione. Oggi sono stato nei villaggi di Liman e Jamban, e il tema del mio annuncio era il Primo Comandamento. Qui, tra le più forti religioni tradizionali/animiste dell'Africa, è assai difficile proporre con precisione questo argomento. E sappiamo bene che il Primo Comandamento è anche il più importante di tutti gli altri: lo devo presentare proprio bene! Alla fine, gli uomini-grandi (le persone autorevoli del villaggio) mi ringraziano per la chiarezza dell’insegnamento della Chiesa Cattolica. Per me è il massimo, non poteva andare meglio di così. Questa è vera gioia, amici. La gioia di sentirmi partecipe di un avvenimento più grande di me, perché è di Dio.

24 dicembre, Bigene
Il modo più simpatico per raccontarvi l’incontro che segue è trascrivere la chat che ho fatto con Rosa: io mi sono divertito! Siamo alla vigilia di Natale.
L'ho visto!
Voglio sapere, cosa?
Per la prima volta, l'ho visto...
Gesù Bambino? (la giovane Foggiana mi crede un mistico…).
Non era proprio Gesù Bambino, ma era vicino alla chiesa di Bigene. Ci siamo guardati negli occhi.
Con un leone? il leone di Narnia?
Per un attimo siamo stati fermi entrambi, guardandoci fissi.....
uuffff..... come sei prolisso! ma tanto lo so che ti diverti così, con poco!
Ma non è scoppiato l'amore.
Al massimo per lui, chissà, ha pensato: "buona carne bianca!"
Il mio primo incontro con il sig. Cobra!
Cavolo! (la ragazza ama le verdure) che schifo, un cobra, preferivo il leone!
Che bello…
bbbbrrrr!!! bello? pauroso! mi fanno ribrezzo anche le piccole bisce di campagna! Non gli sono piaciuto, si è girato dall'altra parte e se ne è andato. Ho visto come si muove: è maestoso.
Eri solo?
Non è come gli altri serpentelli che vanno a zig-zag, lui va diritto, spedito, veloce. Ho visto la lucentezza delle sue squame sotto il sole: una meraviglia della natura. Ha fatto tre o quattro metri in un secondo, poi si è fermato, ha alzato la testa e si è girato per guardarmi di nuovo. Un giovane stava per tirargli contro un bastone per farlo scappare. Io gli ho fatto il segno di fermarsi, lo volevo guardare ancora bene, ma è stato un attimo: lui è sparito sotto le foglie e sotto gli arbusti.
wow.... meno male che non si è avvicinato!
Mi ha impressionato per la sua bellezza e la sua velocità, in totale silenzio.
Cari amici: anche questa è fatta! Prima o poi doveva accadere, e devo dire che… è stato bello!!! A Bigene, anche i cobra si avvicinano alla chiesa! Il prossimo anno ne metto uno nel presepe (se qualche buon Napoletano me lo procura…).

Mi rendo conto di essere in ritardo nella spedizione di questa puntata del mio diario: quando leggerete queste righe sarà febbraio. Ma cercate di capirmi: le mie giornate sono sempre più piene, e di questo sono contento. Sono qui per fare il missionario, non il giornalista. Vero che mi capite? Vi consiglio di aderire a facebook (se già non lo avete fatto): questo strumento di comunicazione in internet vi permetterà di ricevere mie brevi notizie aggiornate quasi tutti i giorni. E poi c’è un’ultima cosa che vi voglio scrivere: vi siete accorti che in questa puntata non ho parlato di ricoveri in ospedale??? Finalmente la mia salute è stabilmente buona, e sto proprio bene, ringraziando Dio. Grazie anche alle vostre preghiere: mi fanno bene!

Pe. Ivo Cavraro, Curia Diocesana – Missão de Begene, Av. 14 de Novembro, apartado 20
1001 Bissau Codex, GUINÉ-BISSAU

2 commenti:

  1. Sono davvero felice di sentirti felice, sono felice che i tuoi sacrifici non siano vani, sono felice che la Sua Parola stia giungendo nei villaggi più sperduti ed impenetrabili, sono felice per te!!!!
    Sei una persona speciale.... che il Signore ti benedica sempre!!!!!

    RispondiElimina
  2. ...davvero!

    RispondiElimina