Questa
ve la devo raccontare. Così imparerete a benedire le buche.
L’antefatto:
da quasi un anno ci sono delle persone del villaggio di Kunaià che chiedono di
entrare nella Chiesa Cattolica e chiedono la catechesi nel loro villaggio. Ci
siamo ritrovati nel tempo di Natale dello scorso anno dopo una S. Messa
celebrata a Bigene. Kunaià dista 3,5 chilometri da Bigene, vicino alla strada
che va verso Farim. In quella occasione avevo suggerito che frequentassero la
S. Messa a Bigene, e che si recassero alle catechesi che si tengono al
villaggio di Tabadjam, abbastanza vicino al loro.
Poi
vediamo cosa succede: il tempo per verificare la loro buona richiesta è
necessario. Normalmente si inizia la prima evangelizzazione in un villaggio se
vi è una richiesta sentita e se le persone dimostrano di volersi coinvolgere in
un cammino che sarà lungo e impegnativo. Durante questo anno non sono accaduti
dei segni particolari del loro coinvolgimento: qualcuno ha frequentato qualche
volta la catechesi a Tabadjam, qualche altro ha frequentato anche la Messa
domenicale a Bigene. Non ci siamo più ritrovati, ne sentiti. Forse doveva
arrivare una occasione opportuna, e anch’io non ho posto una attenzione
necessaria alla loro iniziale richiesta. Fino a lunedì scorso…
Lunedì
scorso, dopo la Messa del mattino, arriva in chiesa un uomo tutto serio e
preoccupato, chiedendo aiuto per la moglie che non riesce a partorire: “Le donne hanno provato in tutti i modi, ma
il parto non parte!”. Poche parole che dicono tutto. Torno a casa e prendo la
macchina senza tanto pensarci. Se l’uomo è arrivato a piedi fino a Bigene per
chiedere aiuto, il villaggio sarà vicino, e ho tempo a disposizione per questa
altra vita che dobbiamo “far partire”. Partiamo con la macchia e chiedo a quale
villaggio dobbiamo andare: Kunaià. A dire il vero, non mi è nemmeno passata per
la mente la richiesta ricevuta lo scorso Natale… Il mio unico pensiero era di
arrivare velocemente e poi ripartire, con calma, per far nascere il bambino
dentro l’”ospedale” di Bigene. Nella mia mente non vi era spazio per altro.
Arrivati
al villaggio, chiedo al papà del nascituro il percorso da compiere per arrivare
il più vicino possibile alla sua casa. Non lo conosco questo villaggio. Ci sono
passato poche volte. Ricordo che c’è una chiesa che appartiene alla Chiesa
Nuova Apostolica, e ricordo di conoscere il maestro della scuola del villaggio:
è N’Dani, della comunità cattolica di Bigene. Il papà è felice che sto
arrivando con la macchina a prendere la sua sposa, e mi indica dove andare. La
strada si fa sempre più stretta. Passata la scuola, mi indica di percorrere una
stradina ricoperta da alta erba: si vede solo il tracciato stretto per il
passaggio delle biciclette. Per tre volte gli chiedo se la macchina può entrare:
non mi fido se non vedo dove devono passare le ruote. Per tre volte lui mi
risponde che posso andare avanti, che non ci sono problemi. Lui pensa solo alla
sua sposa, e che ne capisce di ruote sulla strada?
Dopo
pochi metri la prima ruota di destra entra in una bella buca. Riesco a
superarla ma ben nascosta è la seconda buca, che, manco a volerlo calcolare,
blocca la prima ruota di destra, mentre la seconda ruota è entrata nella prima
buca. Sembra uno scioglilingua! Insomma: le due ruote di destra sono incastrate
esattamente dentro due buche, e la ruota di sinistra, dietro, è sollevata dal
terreno. Nemmeno con le quattro ruote motrici riesco a spostarmi di un
centimetro, né avanti né indietro.
E
così, non c’è solo il parto che non parte, ma anche la macchina che non
parte!!!!
Mi
vengono i famosi 5 minuti….. e grido al poveretto le parole di circostanza…. “Corri
subito a chiamare 20 uomini che vengano ad alzare la macchina, se vuoi che tua
moglie arrivi in ospedale!”.
Quello
scappa verso casa sua, ed io penso al mio errore di non essermi fermato prima,
per guardare con i miei occhi il percorso da compiere. Dopo qualche minuto
cominciano ad arrivare dei giovani muniti di alcuni miseri attrezzi agricoli.
Arrivano anche le donne che accompagnano la partoriente. Poveretta come sta:
non riesce a camminare e la tengono in piedi! Mi preoccupo anche di lei,
facendola distendere in qualche modo su uno spazio libero dagli arbusti.
La
macchina non parte e il parto non parte. Però, Signore, fai prima partire la
mia macchina, che è meglio!
I
giovani tentano di spingere la macchina in avanti, ma niente. Le buche sono
belle fonde, e occorre togliere il terreno che blocca non solo le ruote, ma
anche la parte sottostante il motore. Scava da una parte, metti dall’altra
parte, legni secchi da collocare sotto la ruota rialzata, scavare sotto il
motore e attorno alle ruote… sembravano degli artisti. Un po’ guardavo loro con
ammirazione, e un po’ guardavo la mamma con preoccupazione.
Proviamo
e riproviamo, ma niente, segezia non si muove. I “volontari” aumentano e
cominciano a fare una bella confusione terribile, finché non arriva l’esperto
del settore, che di macchine non ne capisce niente, ma di buche ne capisce
tanto. Siccome è un anziano, i giovani lo ascoltano con più attenzione. Dirige
tutti, e alla fine degli interventi mi dice: “Prova adesso!”. Provo, e la
macchina parte! Finalmente è uscita dalle buche e faccio un giro largo per
entrare nel campo sportivo. Portano di corsa la mamma partoriente, il papà si
nasconde in mezzo agli altri (avrà paura che gli dica altre parole!), e sembra
che siamo pronti per ritornare a Bigene. Sono tutti felici per il buon esito del
“disbucamento” (si dice così?), quando mi arriva un bel tipetto che si era
sporcato tutto di terra, tentando di aggiustare le buche con le sue stesse
mani, e mi dice candidamente: “Padre, adesso che hai conosciuto il nostro
villaggio, vieni a farci la catechesi?”.
“Adesso
ho fretta, ne riparliamo!”. “Va bene padre, ti aspettiamo”.
Ma
guarda cosa mi combina il Signore!
Mi
sento in grande imbarazzo, ma nello stesso tempo sono felice. Quelle persone
che mi hanno tolto la macchina dalle buche, sono le stesse che mi chiedono di
diventare cristiane! E se non fossi entrato nelle buche, non ci sarebbe stata
occasione di stare assieme alcuni minuti a sudare per uno scopo comune, a
rincuorarci, a lavorare assieme per aiutare quella poveretta di mamma.
Non
c’è veramente tempo per fermarmi a conversare con loro. Perché se la macchia, finalmente,
parte, il parto ancora non parte! (e meno male!).
Il
viaggio è tutto normale. La mamma si lamenta per i dolori, ma arriviamo in
tempo. Consegnati tutti alla ostetrica, me ne ritorno a casa tranquillo, e
pensando solo alle buche….
Nel
pomeriggio passa a trovarmi N’Dani, il maestro di quel villaggio. Mi porta
tutto contento un foglio con su scritti i nomi di una trentina di persone. Sono
i nomi degli abitanti di Kunaià che chiedono la catechesi. Non hanno perso
tempo: dopo che hanno fatto partire la macchina e avermi salutato, si sono
riuniti e hanno raccolto i nomi.
Lo
vedo come un messaggio chiaro, che attende una risposta.
Con
N’Dani decidiamo che ritorno al villaggio oggi, per incontrarmi con loro con
calma, e ascoltare bene le loro parole e i desideri dei cuori.
Ritorno
oggi pomeriggio al villaggio di Kunaià. La strada la riconosco, e sto ben
attento a non ripercorrere quel pezzo terribile già sperimentato. Con me
vengono anche alcuni amici di Bigene, e le persone che ci aspettavano erano già
pronte all'incontro. Un bel cortile ripulito dalle foglie, gli sgabelli
preparati per tutti.
Ridiamo
tutti felici ricordando l’affossamento di segezia e come l’abbiamo tirata
fuori. Mi sembra quasi di conoscere già da tempo queste persone, tanto intensi
sono stati quei minuti passati assieme per riportare la macchina sulla strada
libera da buche.
Dopo
le parole e i saluti di circostanza, andiamo subito al motivo del nostro
incontro e chiedo direttamente ai presenti di dirmi perché mi chiedono di
diventare cristiani, perché hanno questo desiderio nel loro cuore.
La
situazione non è del tutto semplice. Sintetizzo: hanno deciso di abbandonare la
Chiesa Nuova Apostolica (in realtà, sono loro che si sentono abbandonati da
quella Chiesa) perché sperano in un aiuto più vero da parte della Chiesa
Cattolica. E per aiuto intendono aiuto spirituale, nel senso di un
accompagnamento reale nella conoscenza di Dio. Il pastore di quella chiesa va a
trovarli due-tre volte all’anno, e a loro non basta più.
Ma
c’è una cosa ancor più rilevante che scopro mentre parlano del loro desiderio
di entrare nella Chiesa Cattolica. Queste persone non parlano di una scelta che
desiderano compiere, e che chiedono a me. Parlano di una scelta già compiuta
dentro i loro cuori. Non dicono: “vogliamo diventare cristiani”, ma “noi
cattolici …”. Testimoniano tutti una scelta già compiuta, e parlano come se
fossero già dentro la famiglia della nostra chiesa.
Da
quando me ne hanno parlato lo scorso anno, per loro la scelta è già stata
fatta! E di sicuro, il Signore che legge i cuori meglio di qualsiasi persona,
vede la loro fede così semplice, eppure vera!
Sono
stupito del loro modo di parlare: questi sono già cristiani! Alla fine del suo
intervento, la signora più anziana mi chiede con tanta spontaneità: “Stiamo
aspettando da un anno. Quanto tempo dobbiamo ancora aspettare?”. Me lo dice
così bene, senza alcuna ombra di polemica, quasi con filiale rispetto, che
dentro il mio cuore le rispondo “vengo domani!”.
L’incontro
è vissuto con grande comunione e amicizia. Spiego che dovremo parlarne nel
Consiglio Pastorale della parrocchia e con gli altri catechisti, ma con tutti
questi segni così evidenti, anche questo villaggio avrà il suo catechista tra
poco. Non so come faremo e chi potrà venire qui, ma qualcuno verrà. Non
possiamo non rispondere! Questi sono cristiani che chiedono di diventare
cristiani. Ma che belli che sono!!!!!
Insomma,
avete capito? Spesso capita che le buche delle nostre strade (delle strade
della Guinea-Bissau, ma anche di certe strade italiane) siano causa di
“paroline” poco edificanti da parte nostra. Questa è la storia che ci insegna a
guardare anche le buche stradali come una possibile benedizione del Signore! Se
io non mi incastravo dentro quelle buche, non avrei avuto l’occasione di stare
con quelle persone e di suscitare in loro l’incontro realizzato oggi, e che
porterà ad iniziare una nuova evangelizzazione.
Sante
buche!!!
Ops….
ci siamo dimenticati del parto che non parte!
Finito
l’incontro ci rechiamo alla casa della mamma che ha partorito all’ospedale di
Bigene. La mamma non c’è, è al lavoro nella risaia. La nonna, anziana e quasi
tremante, esce dalla casa con una pargoletta tutta bella, avvolta in un bel
panno colorato e con un ciuffo esagerato di capelli in testa. Ciao piccola, benvenuta!
Perché, a parte le buche, sei tu la causa vera di questa nuova
evangelizzazione. Ti benedico! Amen!
Arriva
anche la mamma che sono andati a chiamare. Arriva di corsa. Quando è vicina le
chiedo se sta bene e se è contenta della sua bella bambina. La sua risposta è
un bel sorriso. Che il Signore benedica anche te, cara mamma. Hai sofferto in
quei minuti di attesa, aspettando che i giovani tirassero fuori la macchina
dalle buche, ma sapessi che benedizione è nata da quei minuti…
Bigene, 21 novembre 2014