La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

1 giugno 2010

Conoscere l'Africa 6: Sudafrica, calcio di rigore contro l'odio

Sono felice che un Paese come il Sudafrica, che per tanti anni è stato la «pecora nera» del mondo, possa oggi avere l’onore di ricevere le nazionali di calcio di tutto il globo: credo che meriti quest’onore. Non solo: è la prima volta che l’Africa accoglie il Campionato mondiale di calcio ed è dunque tutto il continente che può rivendicare l’onore e la felicità di organizzarlo. Il Sudafrica, grazie a giganti dell’umanità della stessa dimensione del Mahatma Gandhi, uomini come Nelson Mandela, ha impartito un’indimenticabile lezione di tolleranza e di compassione al resto del mondo, nel momento in cui è terminata la tragedia dell’apartheid. Una tragedia che di norma avrebbe dovuto concludersi in un bagno di sangue: dopo i crimini perpetrati per 55 anni contro i neri, costoro avrebbero dovuto infatti scatenare una vendetta apocalittica. Ma quei neri erano diretti da un uomo che ha detto loro: «Stiamo creando una "nazione arcobaleno", dove i bianchi, i neri, i meticci, gli indiani, tutti insieme costituiranno un Paese di tolleranza».

Ebbene, un atto di tale generosità, ma anche di così grande intelligenza politica, è davvero diventato una lezione per il resto del pianeta. E i Mondiali sono un’occasione internazionale per dire al Sudafrica che è definitivamente tornato nel concerto delle nazioni. Spesso mi dico che è una sfortuna per il mondo che non ci sia in Israele e in Palestina un altro Nelson Mandela, un uomo cioè con una visione avanzata nel futuro, capace di imporre la riconciliazione tra i nemici... Il giorno in cui divenne primo presidente della Repubblica sudafricana indipendente, col mondo intero venuto a presenziare, Mandela invitò due uomini ai primi posti della sala dove si svolgeva la cerimonia: il procuratore che aveva chiesto contro di lui l’ergastolo e il giudice bianco che l’aveva decretato. Mandela è stato un grande ammiratore di Gandhi: il profeta dell’India, altro Paese che amo moltissimo. E forse non a caso Gandhi ha cominciato la sua crociata proprio in Sudafrica: partendo da lì è riuscito a liberare centinaia di milioni di uomini senza un colpo di fucile, è stato un messaggero dell’amore, dell’indipendenza, della liberazione ovunque sia passato. Ancora oggi ci sono molti giovani sudafricani che si richiamano al suo messaggio e io credo che Mandela esprima le medesime virtù, le stesse qualità del Mahatma: anche lui è una «grande anima». Nel film "Invictus" Mandela convince il capitano (bianco) della nazionale sudafricana di rugby a svolgere un’importante missione di unità nazionale dopo la fine dell’apartheid: che lo sport sia usato per arrivare a questa riconciliazione è una cosa magnifica.

Spero che anche il calcio, che è stato il gioco di tutti i neri anche al tempo dell’apartheid, possa oggi unire le nazioni del mondo per una grande festa dello sport. È un’opportunità stupenda e tutti i giorni benedico Dio per questo miracolo. Del resto credo che l’evento sia stato organizzato benissimo, che bianchi e neri insieme abbiano investito tutto il loro orgoglio per fare di questa festa dello sport un successo. Ho trascorso tre anni a ricostruire la vicenda tumultuosa di questo Paese, a ripercorrere dei destini eccezionali come quello di Nelson Mandela, e sono entusiasta che finalmente il pianeta si interessi più a fondo di questo Paese, che ospita persone eccezionali. Chi non ha letto i 7 volumi di testimonianze della Commissione di Verità e Riconciliazione, creata dall’arcivescovo anglicano nero Desmond Tutu, non può immaginare gli orrori commessi in Sudafrica. Ebbene, che invece di condannare i colpevoli di tali orrori si sia potuto proporre loro di andare a testimoniare davanti a una Commissione, davanti alle famiglie delle vittime sulle atrocità commesse e domandare un’amnistia piuttosto che una condanna, è una possibilità verificatasi molto raramente nella storia.

Il Sudafrica ovviamente ha ancora gravissimi problemi: la disoccupazione, la criminalità, soprattutto quella terribile malattia che si chiama Aids; oggi il 20% della popolazione sudafricana è affetta da Hiv, ma per fortuna il nuovo presidente ha preso le misure dell’epidemia e ha cominciato a dare ai sudafricani malati i benefici delle terapie che permettono almeno di prolungare la vita. Un altro problema può essere quello del razzismo tra neri e neri: la maggioranza della popolazione vive in condizioni di grande povertà e non accetta facilmente l’immigrazione delle popolazioni nere miserabili che provengono dai Paesi confinanti, come lo Zimbabwe, per cercare lavoro o condizioni di maggiore sicurezza. Se ci saranno azioni di rivendicazione contro gli organizzatori del campionato del mondo, dunque, saranno per ragioni di stato sociale, non di colore; problemi e rischi ci sono sempre, però il razzismo istituzionale – così com’è esistito ai tempi del regime diabolico dell’apartheid – è scomparso per sempre. E questo è il miglior messaggio che l’esperienza del Sudafrica, magari anche attraverso i Mondiali di calcio, può lanciare al mondo. Perciò sono davvero felice che centinaia di migliaia di visitatori vengano da tutto il pianeta per scoprire questo Paese: uno dei più magnifici dell’Africa.

tratto da Avvenire, 30 maggio 2010

di Dominique Lapierre




Lapierre nacque a Châtelaillon-Plage e si diplomò al Lafayette College, in Pennsylvania. È stato corrispondente del Paris Match per quattordici anni. Ha una sorella, Alexandra, anche lei scrittrice. È sposato, dal 1980, con Dominique Conchon-Lapierre con cui condivide l'impegno della fondazione "Action pour les enfants des lépreux de Calcutta" nata dopo l'esperienza vissuta nella città indiana, da cui è nato il romanzo "La città della gioia".

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