La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

3 marzo 2011

Capitolo 13 - Le gioie e le speranze...

Diario di una missione 13: Le gioie e le speranze…


Cari amici, riprendo il mio diario dalla missione di Bigene. Lo riprendo in una forma un po’ nuova. Molti di voi seguono i miei interventi su facebook, dove si possono ricevere mie brevi notizie aggiornate. Alcuni commentano queste notizie con simpatiche affermazioni o con serie condivisioni. Penso che alcune di queste condivisioni sia bene tenerle ancora vive e trascriverle nel mio diario. Non sono considerazioni private, perché su facebook tutti i miei amici (oltre seicento) possono leggere tutte le cose scritte nel mio profilo da ognuno di loro. Vediamo se questa impostazione funziona: sarete voi stessi a dirmi se vi piace questo nuovo modo di comunicare e condividere. Chiamiamolo un “diario aperto”: tutti possono partecipare con utili interventi da aggiungere alle mie piccole note su facebook. Inserisco nel diario anche alcune storie, scritte da me o trasmesse da qualche amico, sempre su facebook, e anche una mia lettera importante. Vedrete leggendo…

11 settembre
Ritorno a Bigene da Bissau, dove ho accompagnato i giovani amici foggiani ripartiti per l’Italia, con una vena di tristezza. Con Marco, Sergio, Giuseppe, Gaetano e Antonio questa casa era piena di movimento! Grazie ancora, cari amici. Avete fatto un gran dono a tutta Bigene ed anche a me. Arrivederci...
Gaetano (Foggia): “Grazie a te, per essere riuscito a farci conoscere tanto di questa terra. La casa è bella e abitata da una persona troppo ospitale per non riempirsi nuovamente in poco tempo! Sono certo che non ci vorrà molto per trovare altra compagnia”.

13 settembre
Non potete immaginare la soddisfazione che provo quando vengono le persone dei villaggi per chiedermi di aiutare a progettare la scuola con l'acquisto di banchi e lavagne, ed io posso dire: “Non ti preoccupare, lo posso fare, io ho tanti amici! L’importante è organizzare la scuola, gli aiuti ci sono!”.
Francesca (Firenze): “E noi che a scuola i banchi li scrivevamo e li graffiavamo! Spesso avere tutto (e troppo) è un male! Se ce li avessero fatti costruire da noi, di certo li avremmo apprezzati di più! Deve essere davvero emozionante gioire delle piccole cose, soprattutto quando non si hanno!”.
Don Ivo: “Vi ringrazio tutti (molti amici mi hanno chiesto come poter aiutare nella realizzazione delle scuole nei villaggi). Non si tratta di fare qualcosa, o di raccogliere. Penso di far costruire sul posto i banchi di legno, nella falegnameria dei giovani guidati dai padri Giuseppini di Bula. I soldi per comprare i banchi li ho già (ho ricevuto varie offerte durante la mia permanenza estiva in Italia). Vi volevo solo aggiornare! Nel villaggio di Bambea e in quello di Bucaur potremo fare i banchi, e dico potremo, io e voi, perché se gli amici mi hanno già dato un’offerta per la missione, significa che siamo noi, e non io, a realizzare tutto questo. Già sono arrivate le lavagne da Foggia, devo solo verificare in quali scuole collocarle. Grazie a tutti per il vostro interesse: quando avrò qualcosa di preciso da chiedere a tutti, sarete informati con precisione!”.

24 settembre
Ciao Bernardo. Mi lasci la gioia di averti incontrato, anche se per poco tempo. Avevi tanta fede in Dio: sarà il Padre a consolarti. Avevi anche tanta fiducia in me: non ho fatto niente, solo ti ho accompagnato a Cumura. Ti volevo riportare a casa oggi ma … niente, non ho fatto in tempo. Mi rimane tanta tristezza: morire a 37 anni perché in tutta la Guinea-Bissau non esiste un solo farmaco per la cura dei tumori, e un solo dottore pneumologo che ne sappia usare! Bernardo era un insegnante al villaggio di Bambea. Voleva vivere.
Patrizia (Limena, Padova): “In una società cosiddetta evoluta, dove è in atto anche l'umanizzazione degli animali, spesso dimentichiamo l'uomo. Siamo diventati miopi e non riusciamo a vedere al di là dei confini del nostro piccolo mondo quotidiano, e crediamo di amare amando quello che già ci appartiene. Dovremmo avere il coraggio di aprire cuore e occhi e amare in grande, anche se questo può voler dire soffrire. Attraverso le parole di don Ivo di nuovo ho provato una stretta al cuore. La morte pareggia i conti… ma che ingiustizia, quando si pensa che ancora non tutti possono essere curati. Che privilegio essere nati in questa parte del mondo, dove i diritti fondamentali dell’uomo sono rispettati. Possiamo discutere sulle inefficienze sanitarie, ma possiamo accedere agli ospedali; possiamo discutere sui problemi della scuola, ma tutti possono accedervi, e così via… Non dimentichiamo chi non possiede nulla, e ringraziamo quelle persone che, con grande cuore, cercano di condividere la propria vita con loro. Grazie don Ivo”.

6 ottobre
Ciao Carlo! Nati e cresciuti assieme, vicini di casa. Poi io sono entrato in Seminario e tu hai fatto un grave incidente. Il coma, il risveglio, la dura realtà della paralisi. Il tuo corpo non rispondeva, ma il tuo cuore è sempre rimasto colmo di serenità, distribuita a tutti. In Paradiso puoi finalmente ritornare a correre. Se ti stanchi di correre, fa’ una preghiera per la tua brava mamma, e una piccola anche per me.


7 ottobre: condivisione fatta con Giovanni (Torino)
“Incontro Maio, di 6-7 anni, nella scuola della missione. È tra i primi ad arrivare a scuola: un motivo c’è, ed è la situazione disastrosa che vive in casa. Suor Rosa mi fa vedere che il bambino ha sempre l’occhio sinistro che si chiude e lacrima, probabilmente per un’infezione in atto. Una delle tante infezioni che subiscono i bambini: sulla pelle, negli occhi, nello stomaco. Quando accadono, succedono danni irreparabili. A volte i bambini muoiono per infezione intestinale, altre volte perdono la vista, oppure sulla loro pelle si creano le “piaghe africane”. Di questi drammi siamo partecipi tutti i giorni. Il mio rischio, forse di tutti noi missionari di questa terra poverissima, è quello di abituarci a queste persone che non possono trovare una cura. Quante mamme muoiono nel momento del parto: non esiste il taglio cesareo… e quanti bambini muoiono…. Ed è come se ti fai l’abitudine a questi drammi. Muore un piccolino: tutti i bambini sono allontanati nel momento del seppellimento, e poi riappaiono a giocare immediatamente. Non hanno niente per giocare: usano i sassolini, le lattine vuote, un ferro arrugginito… La vita continua, con tutti i suoi pericoli. Le suore fanno anche l’impossibile per curare gli ammalati (la malaria è normalmente curata da loro) e i bambini denutriti. Ma davanti ad altre situazioni, spesso non sappiamo cosa e come fare. Nel territorio della mia missione ci sono 25-30 mila persone: la maggior parte di loro non ha mai conosciuto un medico e usa le medicine tradizionali (a volte sono utili, ma nella maggior parte dei casi sono dannose). Non è questione di medicine, che possono anche arrivare dall’Italia, ma di dottori che le possano usare”.
Diventerò amico di Maio. Ha rischiato di perdere completamente l’occhio sinistro, ma le cure di suor Rosa si sono dimostrate provvidenziali.

8 ottobre
Ciao Germana. Anche tu te ne sei andata così, senza dirmi nulla. Questi sono i momenti in cui la lontananza è pesante: vorrei tanto essere lì, accanto a te, per darti l'ultima benedizione. Il bene che hai fatto per la mia missione lo sa il Signore. E il Signore ti donerà centuplicato quel bene che tu hai realizzato per i miei bambini di Bigene. Ne sono sicuro. Ciao, con tutto il cuore.

11 ottobre
Cari amici, trasmetto anche a voi la lettera che ho spedito al mio Vescovo di Foggia-Bovino, Mons. Francesco Pio Tamburrino. Il testo vuole essere una lettura veloce dei miei primi due anni di missione a Bigene e una richiesta di "comunione" per futuri missionari. Il Vescovo ha reso pubblica la lettera, spedendola a tutti i parroci: quindi è diventata come una lettera "aperta", che condivido volentieri nel mio diario.

“La Giornata Missionaria Mondiale che stiamo per celebrare è l’occasione opportuna per esprimere a Lei, e attraverso di Lei alla Chiesa di Foggia-Bovino, alcune riflessioni che sono maturate nel mio animo.
Da due anni sono missionario fidei-donum nella Diocesi di Bissau (Guinea-Bissau), in servizio presso la parrocchia di Bigene. Benedico il Signore e ringrazio Lei che mi ha mandato dalla Diocesi di Foggia-Bovino a svolgere questo servizio missionario in questa terra. Poter annunciare Cristo Signore e Salvatore a centinaia di persone che chiedono di diventare cristiani, è la continua esperienza che sto vivendo e che rallegra la mia vita di sacerdote. A volte le mie giornate sono faticose: le dure condizioni climatiche, le strade impraticabili, le difficoltà quotidiane nell’affrontare situazioni che altrove sono facilmente risolvibili richiedono una continua verifica delle mie deboli virtù umane. Anche la mia salute fisica è stata messa a dura prova: nel primo anno ho superato due malarie, due polmoniti, un’insolazione, un’otite che ha infiammato il nervo trigemino causando dolori fortissimi. Ma tutto questo è ben poca cosa se paragonato al bene che posso compiere, con l’aiuto di Dio, per queste migliaia di persone che risiedono in Bigene e nei suoi quarantatré villaggi. Sento di essere pienamente dentro, con tutta la mia vita, a quel “grande mandato” che Gesù Cristo ha lasciato ai suoi discepoli prima di salire al cielo: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Marco 16,15).
Avverto di doverLa ringraziare anche per la visita alla missione di Bigene che ha potuto compiere nello scorso mese di aprile, in occasione dell’erezione a parrocchia della missione di Bigene, e del mio inizio pastorale come primo parroco di questa piccola comunità cristiana. Questa popolazione, in maggioranza appartenente all’etnia Balanta-Mané, esprime i saluti con una serie di domande tipiche di questa cultura: “Come va la tua salute?”, “Come hai dormito?”, “Come sta la tua famiglia?”. Possono sembrare domande banali, ma non è così: se una persona non ha dormito bene, significa che soffre di una malattia. E ammalarsi, in questa terra, è un fatto assai grave. Dunque: sono domande vere, legate alla vita. Dal mese di aprile, girando nei villaggi, spesso devo rispondere a una nuova e bella domanda: “Come sta il Vescovo della terra dei bianchi?”. Il mio ringraziamento più profondo, per la visita che Lei ha compiuto, è evidenziato da questa domanda che tante persone, non ancora battezzate, mi rivolgono con tanta semplicità e verità. La presenza del Vescovo della “terra dei bianchi” è stata una grande benedizione del Signore, oltre che un motivo di grande onore per queste persone poverissime. Lei ricorda certo bene che gli abitanti dei villaggi vivono in assoluta povertà, in semplici capanne costruite con argilla e paglia, alimentandosi di riso e, qualche volta, aggiungendo del pesce. Le hanno offerto nei vari villaggi che ha visitato, in segno di riconoscenza, delle piccole e magre gallinelle che potrebbero sembrare quasi un’irriverenza di fronte al successore degli Apostoli. Ma è tutto quello che potevano donare, e le assicuro che l’hanno fatto con tutto il cuore, così come Lei ha accolto con gioia e semplicità i loro poveri doni. Grazie, Monsignore, di tutto questo.
Devo inoltre ringraziare le numerose persone della Diocesi di Foggia-Bovino che hanno espresso la loro attenzione e la loro generosità verso la missione di Bigene e anche verso alcune necessità della Diocesi di Bissau. In due anni ho potuto realizzare la nuova casa per i missionari, l’impianto di acqua con il generatore di energia elettrica, l’acquisto di una macchina adeguata per le nostre strade. Tutto questo grazie all’aiuto che mi è pervenuto dalla Chiesa di Foggia-Bovino: con il diretto sostegno del Vescovo e di confratelli sacerdoti, e con tante offerte pervenutemi da amici e conoscenti, a volte anche da persone che non conosco direttamente. Rimango stupito di come questa condivisione, alle necessità di questa missione, sia avvenuta con tanta generosità e con tanta partecipazione.
E ora passo a chiedere “il pane quotidiano”: non è necessario che io Le domandi di pregare per me e per questa missione. Sono sicuro che nelle preghiere del Vescovo ci sia questa chiara intenzione. Desidero solo confermare, a Lei e ai tanti amici che mi seguono, che la carità più grande che potete esprimere, verso la mia persona e verso i fratelli e le sorelle che mi circondano, è proprio quella della preghiera. Invocate lo Spirito del Signore su di noi: che il Signore mandi nuovi doni e nuovi carismi per rafforzare quanto Egli sta compiendo, a gloria del Suo Nome.
Il “secondo pane quotidiano” che mi sento di esprimere è una situazione nuova che sto affrontando: la solitudine. Da quando sono venuto ad abitare, da solo, nella casa dei missionari, mi trovo a offrire al Signore una solitudine che non avevo mai incontrato prima. Un sacerdote che vive da solo, a Foggia, trova mille modi per superare i disagi di una solitudine personale. Io stesso, in passato, non ho avuto alcuna difficoltà nel vivere da solo nella canonica di Segezia. Qui è diverso. Al calar del sole tutte le persone si ritirano nelle loro abitazioni, e le zanzare della malaria sconsigliano ogni tipo di attività esterna. Le ore serali vissute da solo, e anche il riposo notturno, mi pesano più di quanto riuscissi a prevedere. Non è nulla d’insopportabile, ma avverto seriamente questa difficoltà. Normalmente i missionari non vivono da soli, anche per la quotidiana necessità di confrontarsi nelle opere pastorali e di sostenersi reciprocamente nelle necessità spirituali. Le suore Oblate, che vivono a Bigene, sono di grande conforto e sostegno: tutti i giorni celebriamo assieme l’Eucaristia e abbiamo molte occasioni di condivisione sugli aspetti della vita missionaria. Accade anche di sentirmi spesso, al telefono, con la signora Giusi Di Girolamo, missionaria laica fidei-donum di Foggia che vive a Bissau, o con altri missionari locali. Sempre più i fedeli di Bigene e dei suoi villaggi si avvicinano a me per parlare e condividere le loro situazioni. Ma la maggior parte delle ventiquattro ore del giorno le vivo da solo, ed essere soli, in questo luogo, non è facile. Ci sarà il giorno in cui, dalla Diocesi di Foggia-Bovino, potrà arrivare un altro sacerdote missionario a condividere questa meravigliosa missione di Bigene: sarà un giorno di grande benedizione! Non solo per me, ma per tutta la popolazione che vive in questa terra! In attesa di quel giorno, ho pensato che si potrebbe unire la mia difficoltà alla possibilità di donare un’esperienza missionaria ad alcuni fedeli laici della Chiesa di Foggia-Bovino. Ho potuto verificare che le persone che sono venute a Bigene sono rientrate a Foggia con una grande gioia e con una rinnovata passione per la missione. La casa dei sacerdoti è comoda e ampia, adatta ad accogliere per periodi più prolungati quanti volessero venire a condividere la mia vita di missionario. Ho in mente questa possibilità, da offrire alla Chiesa di Foggia-Bovino: alcune coppie di sposi che vengano ad abitare con me per due-tre mesi. Per condividere la vita del missionario: la Santa Messa e le preghiere quotidiane, l’evangelizzazione nei villaggi, l’aiuto alle persone che hanno bisogno di assistenza. Se venisse una coppia di sposi nel prossimo periodo invernale (è il tempo meno impegnativo per le condizioni climatiche), e un’altra coppia tra un anno, ad esempio, sarebbe per me un grandissimo conforto, e una possibilità per loro di vivere una vera missione, pur limitata nel tempo. Non per fare delle cose di cui c’è bisogno (potrebbe accadere anche questo), ma per accompagnare la vita del sacerdote missionario nelle sue normali attività che la missione richiede. Una coppia di sposi, che potesse vivere questo, dovrà essere chiaramente motivata da una fede forte e generosa. Non è semplice la vita del missionario o di chi vive con il missionario. Ma so che a Foggia vi sono persone con fede forte e generosa, ne ho avuta testimonianza diretta. Durante l’estate potrò accogliere, per periodi brevi, piccoli gruppi di giovani che desiderano conoscere cosa è la missione, e così permettere a loro di aprire gli occhi e il cuore verso l’Africa e la sua gente. Vivere con dei giovani d’estate, e con una coppia sposata di fedeli maturi d’inverno, già sarebbe una grande “compagnia” nella mia vita di missionario a Bigene.
Lascio tutto questo nelle Vostre mani e nel sapiente discernimento che Lei sempre sa compiere, e sono certo che la Sua benedizione continuerà a operare il bene per la missione che la nostra Diocesi di Foggia-Bovino compie in questa Chiesa di Bissau”.

19 ottobre
Non potete immaginare come si sente un missionario quando riceve una delegazione di un villaggio che chiede la catechesi di evangelizzazione, e scopre che le persone che chiedono di conoscere Gesù il Cristo sono duecento!!! Sono venuti dal villaggio di Barro, il villaggio più popolato del settore di Bigene. Amici: oggi sono in PARADISO.... non disturbatemi.... oggi sono in PARADISO!


22 ottobre
A Foggia, presso la parrocchia di Gesù e Maria, si svolge la veglia di preghiera per la Giornata Missionaria Mondiale. “Spezzare pane per tutti i popoli” è l’invito che riunisce molti amici nella preghiera. Passo la serata in condivisione spirituale: la preghiera è veramente l’aiuto più grande che ricevo da tanti di voi!

ottobre-novembre
A inizio ottobre riapre la scuola della missione, a pochi metri dalla casa dei missionari. Gli oltre duecento alunni sono guidati da suor Rosa e da un bel gruppo d’insegnanti. È un servizio molto importante che le suore Oblate curano con passione da molti anni.
Oltre alla scuola della missione di Bigene, la nostra attenzione si dirige anche verso le scuole dei villaggi, che cerchiamo di sostenere in tanti modi. Sono giorni di incontri, di organizzazione, di verifiche nei villaggi. Non è sempre facile: lo Stato arriva in pochissimi villaggi, ed è la missione a farsi carico delle spese necessarie per pagare mensilmente gli insegnanti. Inoltre, cerchiamo di procurare il minimo del materiale necessario per le lezioni ai bambini: lavagne, gessi, quaderni, matite, gomme e temperini. La gran parte di questo materiale è arrivata in container da Foggia. Non potete immaginare quanto sia importante consegnare anche un solo quaderno ad un bambino: molti di questi bambini non riuscirebbero ad usare nemmeno un quaderno, se non fosse stato donato dalla generosità degli amici italiani!

Le suore Oblate seguono anche i corsi di alfabetizzazione a Bigene e in alcuni villaggi: molte sono le persone analfabete in questa terra di Guinea-Bissau. E sono ancora pochi gli adulti analfabeti che si lasciano coinvolgere in questi corsi serali: c’è forse vergogna da parte loro, di sicuro vi è la stanchezza che si accumula alla sera dopo una giornata di lavoro. Penso anche che queste scuole di alfabetizzazione siano ancora una novità per la cultura africana occidentale, una novità che entra con fatica nel modo di vivere di queste persone, soprattutto nei villaggi. I corsi si svolgono normalmente di sera, con la mancanza di luce: dopo la fatica di un lavoro quotidiano che produce ben poco, riunirsi nella scuola dei bambini con la sola luce di una candela…. Bisogna dire che sono bravi! Speriamo che aumentino: anche questo è un servizio prezioso che la missione offre alla popolazione di Bigene.

Oltre alla scuola vi è l’evangelizzazione: è il motivo per cui sono qui! Per annunciare Cristo Signore a chi non lo conosce! Alcuni villaggi sono raggiungibili con la macchina solo quando la stagione delle piogge è terminata. Per questo motivo tutta la evangelizzazione riprende nel mese di novembre. Con le suore e i catechisti arriviamo nei villaggi di Tambajan, Talicò, Mambuloto, Facam, Farea, Udas, Semker Ba, Bambea, Jambam, Bucaur, Suar e Liman. In tutti questi villaggi, oltre a Bigene, cerchiamo di incontrare settimanalmente le persone che ricevono la catechesi e percorrere con loro un cammino che è già iniziato da molti anni, e che continuerà ancora a lungo, per arrivare al battesimo. Non è facile: la poligamia diffusa, la novità di una religione rivelata, la presenza dei fedeli musulmani, la religiosità tradizionale africana che permane in fondo all’animo nel modo di percepire il mistero della vita sono tutti elementi di grande impatto in queste popolazioni.
Con i musulmani, lo devo dire con chiarezza, non ci sono difficoltà, di alcun genere. La convivenza con loro è veramente serena e pacifica. Da quando, poi, ho consegnato ai capi della moschea di Bigene un mio cospicuo contributo per riparare il tetto della loro moschea, mi guardano con un’espressione di simpatia che quasi m’imbarazza! Ma avranno capito che, se ho dato loro un aiutino, è proprio perché sono cattolico??? Sono comprensibili le difficoltà dei figli dei musulmani che vengono alla mia catechesi: quando ritornano nelle loro case, il confronto con l’altra religione causa normali incomprensioni.
Devo anche affermare, con eguale chiarezza, che le persone che chiedono la catechesi dimostrano una grande accoglienza e disponibilità verso una novità che sconvolge l’esistenza. Diventare cristiani non è una scelta né semplice né facile, in nessuna parte del mondo. Spesso rimango sorpreso, vorrei dire con stupore, dalla loro scelta: desiderano diventare cristiani senza conoscere Cristo.
Qui il discorso potrebbe allargarsi a tante considerazioni, ma un aspetto della loro disponibilità mi commuove: è come se si fidassero senza conoscere. È come se si fidassero di Cristo, della Chiesa, dei missionari, prima ancora di conoscere quale possa essere il contenuto della fede. Penso che qualcosa di simile debba essere accaduto ai primi discepoli di Gesù. Lo hanno seguito, e basta! Penso che qualcosa di simile, fatte le giuste proporzioni, sia accaduto anche a me, da giovane, quando mi sono fidato di due grandi maestri come don Giovanni Busato, o don Giovanni Fedrigotti (due bravissimi salesiani del “Don Bosco” di Verona). Mi sento pieno di responsabilità: sempre più la gente di Bigene si fida di me. Mi sento anche pieno di tanta riconoscenza: nella mia vita ho avuto tanti bravi maestri da seguire.

14 novembre
Esco di casa la sera tardi per spegnere il generatore. Lo incontro davanti a me: subito grido alle guardie di venire in mio soccorso. Non c’è tempo da perdere: impugno un grosso bastone e gliene do tante, ma tante, da ammazzarlo di botte. Mi fermo solo quando gli ho staccato la testa! Non so come vi sareste comportati voi, ma io faccio così quando incontro un cobra!

15 novembre
Tantissimi amici mi rispondono, su facebook, che ho avuto un grande coraggio… Ma quale coraggio e coraggio! Gli operai che lavorano per la costruzione della casa dei volontari mi dicono che mamma cobra è qui attorno alla casa, nella ricerca disperata del figlio che non trova.... Ho deciso di uscire di casa solo a Natale! (non la notte: il giorno di Natale!).
Per mia fortuna, mentre tutti pensano che io sia un grande coraggioso, nessuno mi ha chiesto quanto era grande il cobra che ho ammazzato di bastonate… Insomma: non sono mai stato bravo a raccontare bugie (sono convinto che le mie bugie non siano bugie, perché quando le dico tutti capiscono che sono bugie… e se non capite, non preoccupatevi, non è importante!). E poi, la verità bisogna sempre dirla, vero amici??? (L’esperienza di confessore mi ha insegnato a classificare le bugie per tipologie: ci sono le bugie dei genitori verso i figli, e quelle dei figli verso i genitori, le bugie del marito verso la moglie e quelle della moglie verso il marito…. e potremmo continuare a lungo, poveri noi.) Per farla breve: il cobra non era proprio un signor cobra. Era un cobretto… Meglio: un cobrino, di dieci-dodici centimetri! Sempre cobra era, ma non un bestione di due metri con la bocca spalancata. Ecco, l’ho detto. Adesso ditela anche voi tutta la verità: il mio amico Giovanni desidera sempre conoscere “la vera verità!”.

18 novembre
Riprendo la celebrazione della S. Messa nei villaggi, al termine della stagione delle piogge. Un’ora di macchina per fare solo i 13 km fino al villaggio di Farea. Assurdo. Le piogge dell'estate hanno lasciato una strada che non esiste. E poi un'altra ora per tornare. Mi gira ancora la testa. Però: ritrovarli tutti lì, che mi aspettano per la celebrazione, tutti felici che finalmente ritorno in mezzo a loro... non ha prezzo!!!

20 novembre
Evangelizzazione al villaggio di Senker Ba: gli uomini mi dicono che sono stanchi di vivere la catechesi nella sala dei giovani, da tutti chiamata “discoteca”. Vogliono costruire la chiesa, con l’aiuto della missione, e incontrarsi in chiesa per pregare e ascoltare la Parola di Dio! Sono tutti d’accordo. Non mi sembra vero! Ecco le gioie dei missionari….

21 novembre
Ieri i genitori e i nonni mi chiedevano di costruire la chiesa nel loro villaggio di Senker Ba, oggi i loro bambini sono venuti alla Messa a Bigene, da soli. Hanno percorso senza problemi i tre chilometri e mezzo di strada a piedi, hanno seguito con attenzione i canti e anche la predica (ho parlato di loro…). Erano in 26: capite perché un missionario è felice????

Nel pomeriggio ho un incontro importante a Barro, il villaggio più grande del settore di Bigene, sulla strada verso Ingoré. Una giornata di grande luce per tutti quelli che si riuniscono nel villaggio, che ha superato un evento negativo. La comunità cristiana di Barro era assistita da un catechista che proveniva dalla parrocchia di Ingoré. Una comunità vivace e numerosa, che comprende anche alcuni battezzati. Nell’estate del 2008 si è inserito in mezzo a loro un giovane senegalese, che affermava di essere un monaco e di avere tutti i permessi per aiutare la comunità cristiana nel suo procedere. In realtà si è trattato di un “birbante” che ha raccolto denaro promettendo di ottenere dei finanziamenti per costruire la scuola e altre opere, e poi se n’è scappato con il maltolto. L’errore della giovane comunità cristiana è stato quello di porre piena fiducia in questo giovane, che riusciva anche a presentarsi bene, come timorato di Dio e fervente nelle preghiere. Non hanno ascoltato l’invito delle suore di Ingoré ad aprire gli occhi, perché nessuno conosceva questo ragazzo, e nessuno lo aveva mandato in mezzo a loro. Sono sorte incomprensioni e chiusure dei cuori. Adesso i tempi sono maturati per riprendere il cammino della fede, e alcuni membri della comunità hanno chiesto di essere aiutati dalla nuova parrocchia di Bigene.
Dopo aver valutato con il Vescovo il modo migliore di procedere, dopo aver presentato questa situazione sia alle suore di Ingoré sia al Consiglio Pastorale di Bigene, è arrivato il tempo opportuno per procedere a questo passaggio della comunità di Barro dalla parrocchia di Ingoré a quella di Bigene, cui appartiene territorialmente. Sono presenti a Barro una delegazione di Ingoré e una di Bigene, molte persone di Barro (penso più di cento) e altri fratelli dei villaggi vicini. L’incontro è presieduto dal Vicario Generale della diocesi di Bissau, Pe. Domingos Cá. Il passaggio della responsabilità a Bigene avviene in un clima di grande comunione e amicizia, nel quale tutti i presenti si sentono coinvolti. Penso che a questo incontro potranno seguire nuovi passi di evangelizzazione anche nei villaggi vicini: vedo tanta partecipazione e gioia. Unico punto debole della giornata è la mia segezia. Per la precisione, il punto debole è la barra di sospensione di segezia: si rompe per la quarta volta…. I 18 uomini che sono saliti sulla mia macchina per venire a Barro erano davvero troppi, e a volte non riesco a dire di no! Però, che bella giornata, ragazzi!!!


27 novembre
Il chirurgo Giovanni Morandi dell’ospedale Poliambulanza di Brescia: baciargli le mani! È arrivato questa notte da Brescia per una settimana di volontariato alla clinica per i bambini di Bor, assistito dalla sua equipe. Gli porto il piccolo Elson, 12 anni: tanta voglia di studiare nella scuola della missione, ma anche tanto dolore a camminare. In un solo minuto emette una diagnosi precisa e terribile: osteomielite. Grave. L’infezione è già passata da un piede all’altro, ed ha infiammato varie ghiandole a livello del bacino. Ordina l’immediato ricovero di Elson, con una massiccia cura di antibiotici e altri medicamenti esterni sulle due gambe. Sperando che non sia necessario un intervento chirurgico di pulizia dell’infezione: c’è il pericolo di una eventuale amputazione degli arti. Sono fiducioso. Nelson è un bambino coraggioso, ma non è mai uscito da Bigene, ha paura. Il papà rimane con lui per assisterlo. Se non veniva questo bravo chirurgo, che fine avrebbe fatto???
Mi ha impressionato questo chirurgo: un mostro di bravura. Senza chiedere niente a nessuno, ha ispezionato l'altro piede, quello che sembrava non avere niente, poi ha controllato il bacino ed ha capito quali sono le ghiandole infiammate. Poi c'è stata una scena disarmante, incredibile: alla sua domanda se si poteva trovare un tipo particolare di antibiotico, il dottore di Bor rispondeva sempre di no. Ha elencato almeno 6-7 medicine, e sentendosi sempre rispondere di no, alla fine gli ha chiesto: “Ma che cosa avete in farmacia?”. La risposta: “Solo la penicillina”. Allora ha misurato le quantità di penicillina adatte al bambino. Gli occorreva inoltre una medicazione esterna..... ma sul posto non esiste niente! Eppure ne arrivano di medicine dall’Italia.
Io adesso non capisco più cosa si dicono, parlano di cose che non conosco, decidono di eseguire degli impacchi sulle due gambe con delle sostanze che non ricordo. Sento discutere di amuchina, da usare per gli impacchi, prima freddi e poi caldi…
Sono presente accanto al lettino dove è sdraiato Elson, che ha preso paura per l’animata discussione tra i dottori, oltre a sentire i dolori così forti da non permettergli di appoggiare il piede destro a terra. Ma Elson è coraggioso, come tutti i bambini della Guinea-Bissau: lo lascio nel letto dell’ospedale. Anche se non riesce a sorridermi, e chissà quante domande vorrebbe farmi prima della mia partenza, gli dico solo che deve avere fiducia, e fare esattamente tutto quello che i miei amici dottori gli diranno di fare. Le mie parole lo tranquillizzano.
La penicillina farà il suo effetto salutare, e dopo alcune settimane Elson ritornerà a Bigene.
Amici: se conoscete il chirurgo Giovanni Morandi di Brescia, baciategli le mani da parte mia. Ha evitato l’amputazione della gamba destra del mio piccolo amico Elson!

9 dicembre: storia di un bambino senza nome
Una tristezza grande. La mamma era presente alla catechesi nel villaggio di Bambea, ieri pomeriggio. Si vedeva che mancava poco. Poi è arrivato il momento, questa notte, per far nascere il suo bambino. Ha dovuto aspettare l’alba per farsi accompagnare fino a Bigene, in quello che è chiamato dalla gente del posto “ospedale”. In realtà vi sono solo un infermiere e un’ostetrica.
Non riesco a dire con precisione che cosa sia accaduto: forse ha aspettato troppo, forse il viaggio fatto su una carretta fino a Bigene, forse la mancanza degli strumenti adatti al parto. Il bambino è nato morto. Mi vengono a chiamare di fretta, per riportare a casa la mamma che ha avuto una grave emorragia e che non riesce a stare in piedi. Insieme alla mamma accompagno anche la nonna, con quel piccolo fagottino che contiene il bambino. Per strada le donne vedono, capiscono, piangono. Arriviamo alla casa della mamma: il suo sposo la aspetta. Serio, senza dire una parola. L’unica cosa che dice è di ringraziamento per la mia presenza.
Poi inizia a scavare la piccola fossa, accanto alla casa, per seppellire il suo bambino. Preparata la fossa, riunisco i cristiani del villaggio e offriamo a Dio Padre il nostro piccolo fratello senza nome. Terminata la preghiera, la donna anziana del villaggio prende il bambino da dentro la piccola casa, lo porta accanto alla fossa per deporlo sul fondo. Quando il bambino è adagiato sul fondo ricoperto di grandi foglie, toglie il telo insanguinato che ricopre il piccolo corpicino. In questo momento, quando vedo il bambino, ho un gesto di reazione. Non riesco a rimanere immobile, e mi allontano. Anche un missionario che annuncia Cristo Risorto e Signore può rimanere sconvolto quando vede il volto di un bambino morto, il sangue sulla pelle, il contatto con la nuda terra. Dal grembo della madre, questo bambino è passato in pochi minuti al grembo della terra.
Ciao bambino caro, senza nome: il Signore ti conosce e ti chiama, anche se noi uomini non siamo riusciti a darti un nome. Sono felice di averti portato in macchina con me, fino alla casa dei tuoi genitori. Non è servito a nulla, ma l’ho fatto volentieri, almeno questo ho potuto farlo. Che le lacrime di questa sera purifichino il mio cuore. Ciao bello. Nessuno ha visto il tuo volto, nessuno te lo può dire. Io ti ho visto e lo posso dire: sei bello!
Sergio (Foggia): “Padre, resta sempre quello che sei e credi in quello che fai... Non riesco a scrivere altro”.
Anna Rita (Foggia): “In silenzio... la dignità di queste persone... continua a essere forte per loro... e non aggiungo altro!”.

10 dicembre
Sono ancora in stato di confusione, ma tra poco incontrerò i bambini di Liman, che mi aspettano. Loro cominciano a cantare quando sentono la mia macchina da lontano.... Mi passerà il triste ricordo di ieri, la lotta per la vita continua. Perché qui è una lotta, per sopravvivere. È una lotta, ogni giorno.
Davide (Cervarese S. Croce, Padova): “La tua emozione è la mia emozione, le tue lacrime sono le mie lacrime, la tua preghiera è la mia preghiera. Un immenso e caloroso abbraccio, e una supplica a Dio, che dona e toglie, perché accolga il NOSTRO figlio e apra i NOSTRI occhi”.

17 dicembre
Mi capita spesso, quando mi sveglio al mattino, di pensare più o meno così: “Cosa mi succederà di nuovo oggi?”. A volte accadono cose tristi e faticose, dolorose. Altre volte accadono cose che riempiono l’animo di gioia e di stupore. Nel mio diario cerco di descrivere qualcosa di quello che mi accade. Ma oggi…
Oggi, dopo la catechesi di Barro, parlando con le persone presenti, scopro che ci sono villaggi che non conosco, di cui non ho mai sentito parlare, e che appartengono alla parrocchia di Bigene. Quando sono arrivato, a luglio del 2008, avevo saputo che i villaggi appartenenti a Bigene erano 36. In seguito, cercando di conoscere meglio il territorio, soprattutto quei villaggi che non sono normalmente incontrati dagli agenti della pastorale, ho verificato che i villaggi sono 43.
E oggi, come se niente fosse, scopro che attorno a Barro i villaggi sono assai più di quanti io ne avessi calcolati: in un attimo (dentro i miei calcoli, ovviamente) i villaggi di Bigene diventano 54! Il territorio di Bigene è vasto; dovrebbero essere 350 kilometri quadrati che si estendono al nord della Guinea-Bissau, a ridosso del confine con il Senegal. Ma la cosa ancor più interessante è sentir dire che alcuni di questi “nuovi” villaggi desiderano l’evangelizzazione!
Amici: qui c’è bisogno urgente di altri missionari !!!

19 dicembre
Grande novità nella missione: è arrivata dall’India suor Bina, che si aggiunge a suor Merione (del Brasile) e a suor Rosa (di Deliceto, Foggia). Suor Teresa, anche lei del Brasile, si prepara a ritornare nella sua terra. Proprio una bella comunità a Bigene: pochi, ma variopinti! Africani, Europei, Asiatici, Sudamericani… c’è quasi tutto il mondo a Bigene!

23 dicembre
Carissimi, ancora è Natale!
Non mi sento pronto: mi sembra di non aver disposto nel modo migliore il mio tempo, la mia mente, il mio cuore all’avvento di Colui che mi salva.
Anche la mia gente, queste persone semplici e povere, che circondano la mia vita nella missione di Bigene, forse non sono pronte: sono ancora all’inizio di un’evangelizzazione che non ha ancora posto radici profonde.
Forse anche tu stai aspettando un evento, un sostegno, una grazia: ti accorgi che senza di Lui siamo tutti non finiti, non terminati, incompleti.
Ma per questo, per la mia gente e per me, e se vuoi anche per te, il Signore viene: non perché siamo pronti, ma perché Lui viene a completare in noi la sua opera.
Dio si fa uomo: la nostra povera umanità è amata, liberata, santificata.
Buon Natale, amici cari, da questo villaggio disperso nella foresta subsahariana: anche qui viene Gesù. Nonostante la nostra pochezza e fragilità, ma con l’aiuto della Chiesa che mi ha mandato missionario, anche qui viene Gesù.
Luisa (Perugia): “Lasciamo rendere meno incompleta la nostra umanità... lasciamo aperto e vigile il nostro cuore... Buone feste a te e a tutta la gente d'Africa... a voi che siete più vicini di noi alla verità del Natale!”.

28 dicembre
Ho terminato solo oggi di rispondere alle decine di messaggi privati che mi avete spedito su facebook. Perdonatemi se le mie risposte sono state frettolose: mi aspettano ancora una settantina di email nella posta personale… non riesco a fare di meglio. È vero che mi capite???
Mentore (Pisa): “Certo che ti capiamo. Io ti capisco talmente tanto che nemmeno te ne ho mandato uno, per facilitarti le cose. Son buono, vero?”.

31 dicembre
Gli auguri più sentiti? Con don Janan Shamil, amico sacerdote in Iraq. Non lo sentivo da due anni. Adesso si trova nel nord del paese, in Seminario. È molto addolorato per l’uccisione di due sacerdoti amici, nel massacro della Cattedrale di Bagdad, accaduto ad ottobre. Un eroe. Un vero eroe!!! Tanti auguri, caro don Janan, e che il prossimo anno possa trovarti sempre vivo a testimoniare Cristo.
Gli auguri più simpatici? Nina (Foggia): “Signore, fa’ che questo nuovo amico prete non dimagrisca mai, poiché i bambini si trovano molto comodi in braccio a lui”.

Cari amici, mi fermo qui. Vi sembrerà fuori tempo leggere questo diario con gli auguri di Natale quando siamo ormai prossimi all’inizio della Quaresima. Ma tra le cose che sto imparando sulla mia pelle, in questa missione africana, è che devo avere pazienza. Tanta. Avrete anche voi un poco di pazienza nel leggere solo ora il mio diario? Lo spero, e vi lascio i miei più cari saluti.

Bigene, 3 marzo 2011.

Pe. Ivo Cavraro, Curia Diocesana – Missão de Begene, Av. 14 de Novembro, apartado 20 1001 Bissau Codex, GUINÉ-BISSAU
email: ivocav@yahoo.it tel: 00245.6544756 ;

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