La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

12 novembre 2010

Camminare con la Chiesa 7: Esortazione Apostolica VERBUM DOMINI, "La missione della Chiesa: annunciare la Parola di Dio"

ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE
VERBUM DOMINI
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
ALL’EPISCOPATO, AL CLERO, ALLE PERSONE CONSACRATE E AI FEDELI LAICI
SULLA PAROLA DI DIO NELLA VITA E NELLA MISSIONE DELLA CHIESA



TERZA PARTE
VERBUM MUNDO



«Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18)


La missione della Chiesa: annunciare la Parola di Dio al mondo


La Parola dal Padre e verso il Padre

90. San Giovanni sottolinea con forza il paradosso fondamentale della fede cristiana: da una parte, egli afferma che «Dio, nessuno lo ha mai visto» (Gv 1,18; cfr 1Gv 4,12). In nessun modo le nostre immagini, concetti o parole possono definire o misurare la realtà infinita dell’Altissimo. Egli rimane il Deus semper maior. Dall’altra parte, egli afferma che il Verbo realmente «si fece carne» (Gv 1,14). Il Figlio unigenito, che è rivolto verso il seno del Padre, ha rivelato il Dio che «nessuno ha mai visto» (Gv 1,18). Gesù Cristo viene a noi, «pieno di grazia e verità» (Gv 1,14), che per mezzo di Lui sono donate a noi (cfr Gv 1,17); infatti, «dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia» (Gv 1,16). In tal modo l’evangelista Giovanni nel Prologo contempla il Verbo dal suo stare presso Dio al suo farsi carne, fino al suo ritornare nel seno del Padre portando con sé la nostra stessa umanità, che egli ha assunto per sempre. In questo suo uscire dal Padre e tornare a Lui (cfr Gv 13,3; 16,28; 17,8.10) Egli si presenta a noi come il «Narratore» di Dio (cfr Gv 1,18).
Il Figlio, infatti, afferma sant’Ireneo di Lione, «è il Rivelatore del Padre».[310] Gesù di Nazareth è, per così dire, l’«esegeta» di Dio che «nessuno ha mai visto». «Egli è immagine del Dio invisibile» (Col 1,15). Si compie qui la profezia di Isaia riguardo all’efficacia della Parola del Signore: come la pioggia e la neve scendono dal cielo per irrigare e far germogliare la terra, così la Parola di Dio «non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10s). Gesù Cristo è questa Parola definitiva ed efficace che è uscita dal Padre ed è ritornata a Lui, realizzando perfettamente nel mondo la sua volontà.

Annunciare al mondo il «Logos» della Speranza

91. Il Verbo di Dio ci ha comunicato la vita divina che trasfigura la faccia della terra, facendo nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5). La sua Parola ci coinvolge non soltanto come destinatari della Rivelazione divina, ma anche come suoi annunciatori. Egli, l’inviato dal Padre a compiere la sua volontà (cfr Gv 5,36-38; 6,38-40; 7,16-18), ci attira a sé e ci coinvolge nella sua vita e missione. Lo Spirito del Risorto abilita così la nostra vita all’annuncio efficace della Parola in tutto il mondo. È l’esperienza della prima comunità cristiana, che vedeva il diffondersi della Parola mediante la predicazione e la testimonianza (cfr At 6,7). Vorrei qui riferirmi in particolare alla vita dell’apostolo Paolo, un uomo afferrato completamente dal Signore (cfr Fil 3,12) – «non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20) – e dalla sua missione: «guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1Cor 9,16), consapevole che quanto è rivelato in Cristo è realmente la salvezza di tutte le genti, la liberazione dalla schiavitù del peccato per entrare nella libertà dei figli di Dio.
In effetti, ciò che la Chiesa annuncia al mondo è il Logos della Speranza (cfr 1Pt 3,15); l’uomo ha bisogno della «grande Speranza» per poter vivere il proprio presente, la grande speranza che è «quel Dio che possiede un volto umano e che ci “ha amati sino alla fine” (Gv 13,1)».[311] Per questo la Chiesa è missionaria nella sua essenza. Non possiamo tenere per noi le parole di vita eterna che ci sono date nell’incontro con Gesù Cristo: esse sono per tutti, per ogni uomo. Ogni persona del nostro tempo, lo sappia oppure no, ha bisogno di questo annuncio. Il Signore stesso, come ai tempi del profeta Amos, susciti tra gli uomini nuova fame e nuova sete delle parole del Signore (cfr Am 8,11). A noi la responsabilità di trasmettere quello che a nostra volta, per grazia, abbiamo ricevuto.

Dalla Parola di Dio la missione della Chiesa

92. Il Sinodo dei Vescovi ha ribadito con forza la necessità di rinvigorire nella Chiesa la coscienza missionaria, presente nel Popolo di Dio fin dalla sua origine. I primi cristiani hanno considerato il loro annuncio missionario come una necessità derivante dalla natura stessa della fede: il Dio nel quale credevano era il Dio di tutti, il Dio uno e vero che si era mostrato nella storia d’Israele e infine nel suo Figlio, dando con ciò la risposta che tutti gli uomini, nel loro intimo, attendono. Le prime comunità cristiane hanno sentito che la loro fede non apparteneva ad una consuetudine culturale particolare, che è diversa a seconda dei popoli, ma all’ambito della verità, che riguarda ugualmente tutti gli uomini.

È ancora san Paolo che con la sua vita ci illustra il senso della missione cristiana e la sua originaria universalità. Pensiamo all’episodio narrato dagli Atti degli Apostoli circa l’Areòpago di Atene (cfr 17,16-34). L’Apostolo delle genti entra in dialogo con uomini di culture diverse, nella consapevolezza che il mistero di Dio, Noto-Ignoto, di cui ogni uomo ha una percezione per quanto confusa, si è realmente rivelato nella storia: «Colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio» (At 17,23). Infatti, la novità dell’annuncio cristiano è la possibilità di dire a tutti i popoli: «Egli si è mostrato. Egli personalmente. E adesso è aperta la via verso di Lui. La novità dell’annuncio cristiano non consiste in un pensiero ma in un fatto: Egli si è rivelato».[312]

La Parola e il Regno di Dio

93. Pertanto, la missione della Chiesa non può essere considerata come realtà facoltativa o aggiuntiva della vita ecclesiale. Si tratta di lasciare che lo Spirito Santo ci assimili a Cristo stesso, partecipando così alla sua stessa missione: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21), in modo da comunicare la Parola con tutta la vita. È la Parola stessa che ci spinge verso i fratelli: è la Parola che illumina, purifica, converte; noi non siamo che servitori.

È necessario, dunque, riscoprire sempre più l’urgenza e la bellezza di annunciare la Parola, per l’avvento del Regno di Dio, predicato da Cristo stesso. In questo senso, rinnoviamo la consapevolezza, così familiare ai Padri della Chiesa, che l’annuncio della Parola ha come contenuto il Regno di Dio (cfr Mc 1,14-15), il quale è la stessa persona di Gesù (l’Autobasileia), come ricorda suggestivamente Origene.[313] Il Signore offre la salvezza agli uomini di ogni epoca. Avvertiamo tutti quanto sia necessario che la luce di Cristo illumini ogni ambito dell’umanità: la famiglia, la scuola, la cultura, il lavoro, il tempo libero e gli altri settori della vita sociale.[314] Non si tratta di annunciare una parola consolatoria, ma dirompente, che chiama a conversione, che rende accessibile l’incontro con Lui, attraverso il quale fiorisce un’umanità nuova.

Tutti i battezzati responsabili dell’annuncio

94. Poiché tutto il Popolo di Dio è un popolo «inviato», il Sinodo ha ribadito che «la missione di annunciare la Parola di Dio è compito di tutti i discepoli di Gesù Cristo come conseguenza del loro battesimo».[315] Nessun credente in Cristo può sentirsi estraneo a questa responsabilità che proviene dall’appartenere sacramentalmente al Corpo di Cristo. Questa consapevolezza deve essere ridestata in ogni famiglia, parrocchia, comunità, associazione e movimento ecclesiale. La Chiesa, come mistero di comunione, è dunque tutta missionaria e ciascuno, nel suo proprio stato di vita, è chiamato a dare un contributo incisivo all’annuncio cristiano.

Vescovi e sacerdoti secondo la missione loro propria sono chiamati per primi ad una esistenza afferrata dal servizio della Parola, ad annunciare il Vangelo, a celebrare i Sacramenti e a formare i fedeli alla conoscenza autentica delle Scritture. Anche i diaconi si sentano chiamati a collaborare, secondo la missione loro propria, a questo impegno di evangelizzazione.

La vita consacrata risplende in tutta la storia della Chiesa per la capacità di assumersi esplicitamente il compito dell’annuncio e della predicazione della Parola di Dio, nella missio ad gentes e nelle situazioni più difficili, con disponibilità anche alle nuove condizioni di evangelizzazione, intraprendendo con coraggio e audacia nuovi percorsi e nuove sfide per l’annuncio efficace della Parola di Dio.[316]

I laici sono chiamati a esercitare il loro compito profetico, che deriva direttamente dal battesimo, e testimoniare il Vangelo nella vita quotidiana dovunque si trovino. A questo proposito i Padri sinodali hanno espresso «la più viva stima e gratitudine nonché l’incoraggiamento per il servizio all’evangelizzazione che tanti laici, e in particolare le donne, offrono con generosità e impegno nelle comunità sparse per il mondo, sull’esempio di Maria di Magdala, prima testimone della gioia pasquale».[317] Il Sinodo riconosce, inoltre, con gratitudine che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità sono, nella Chiesa, una grande forza per l’evangelizzazione in questo tempo, spingendo a sviluppare nuove forme d’annuncio del Vangelo.[318]

La necessità della «missio ad gentes»

95. Nell’esortare tutti i fedeli all’annuncio della divina Parola, i Padri sinodali hanno ribadito la necessità anche per il nostro tempo di un impegno deciso nella missio ad gentes. In nessun modo la Chiesa può limitarsi ad una pastorale di «mantenimento», per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale. Inoltre, i Padri hanno espresso con forza la consapevolezza che la Parola di Dio è la verità salvifica di cui ogni uomo in ogni tempo ha bisogno. Per questo, l’annuncio deve essere esplicito. La Chiesa deve andare verso tutti con la forza dello Spirito (cfr 1 Cor 2,5) e continuare profeticamente a difendere il diritto e la libertà delle persone di ascoltare la Parola di Dio, cercando i mezzi più efficaci per proclamarla, anche a rischio della persecuzione.[319] A tutti la Chiesa si sente debitrice di annunciare la Parola che salva (cfr Rm 1,14).

Annuncio e nuova evangelizzazione

96. Papa Giovanni Paolo II, sulla scia di quanto già espresso dal Papa Paolo VI nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, aveva richiamato in tanti modi i fedeli alla necessità di una nuova stagione missionaria per tutto il Popolo di Dio.[320] All’alba del terzo millennio non solo vi sono ancora tanti popoli che non hanno conosciuto la Buona Novella, ma tanti cristiani hanno bisogno che sia loro riannunciata in modo persuasivo la Parola di Dio, così da poter sperimentare concretamente la forza del Vangelo. Molti fratelli sono «battezzati, ma non sufficientemente evangelizzati».[321] Spesso, Nazioni un tempo ricche di fede e di vocazioni vanno smarrendo la propria identità, sotto l’influenza di una cultura secolarizzata.[322] L’esigenza di una nuova evangelizzazione, così fortemente sentita dal mio venerabile Predecessore, deve essere riaffermata senza timore, nella certezza dell’efficacia della divina Parola. La Chiesa, sicura della fedeltà del suo Signore, non si stanca di annunciare la buona novella del Vangelo ed invita tutti i cristiani a riscoprire il fascino della sequela di Cristo.

Parola di Dio e testimonianza cristiana

97. Gli orizzonti immensi della missione ecclesiale, la complessità della situazione presente chiedono oggi modalità rinnovate per poter comunicare efficacemente la Parola di Dio. Lo Spirito Santo, agente primario di ogni evangelizzazione, non mancherà mai di guidare la Chiesa di Cristo in questa azione. Tuttavia, è importante che ogni modalità di annuncio tenga presente, innanzitutto, la relazione intrinseca tra comunicazione della Parola di Dio e testimonianza cristiana. Da ciò dipende la stessa credibilità dell’annuncio. Da una parte, è necessaria la Parola che comunichi quanto il Signore stesso ci ha detto. Dall’altra, è indispensabile dare, con la testimonianza, credibilità a questa Parola, affinché non appaia come una bella filosofia o utopia, ma piuttosto come una realtà che si può vivere e che fa vivere. Questa reciprocità tra Parola e testimonianza richiama il modo in cui Dio stesso si è comunicato mediante l’incarnazione del suo Verbo. La Parola di Dio raggiunge gli uomini «attraverso l’incontro con testimoni che la rendono presente e viva».[323] In modo particolare le nuove generazioni hanno bisogno di essere introdotte alla Parola di Dio «attraverso l’incontro e la testimonianza autentica dell’adulto, l’influsso positivo degli amici e la grande compagnia della comunità ecclesiale».[324]

C’è uno stretto rapporto tra la testimonianza della Scrittura, come attestazione che la Parola di Dio dà di sé, e la testimonianza di vita dei credenti. L’una implica e conduce all’altra. La testimonianza cristiana comunica la Parola attestata nelle Scritture. Le Scritture, a loro volta, spiegano la testimonianza che i cristiani sono chiamati a dare con la propria vita. Coloro che incontrano testimoni credibili del Vangelo sono portati così a constatare l’efficacia della Parola di Dio in quelli che l’accolgono.

98. In questa circolarità fra testimonianza e Parola comprendiamo le affermazioni del Papa Paolo VI nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi. La nostra responsabilità non si limita a suggerire al mondo valori condivisi; occorre che si arrivi all’annuncio esplicito della Parola di Dio. Solo così saremo fedeli al mandato di Cristo: «La Buona Novella, proclamata dalla testimonianza di vita, dovrà dunque essere presto o tardi annunziata dalla parola di vita. Non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati».[325]

Il fatto che l’annuncio della Parola di Dio richieda la testimonianza della propria vita è un dato ben presente nella coscienza cristiana fin dalle sue origini. Cristo stesso è il testimone fedele e verace (cfr Ap 1,5; 3,14), testimone della Verità (cfr Gv 18,37). A questo proposito vorrei farmi eco delle innumerevoli testimonianze che abbiamo avuto la grazia di ascoltare durante l’Assemblea sinodale. Siamo stati profondamente commossi davanti al racconto di coloro che hanno saputo vivere la fede e dare testimonianza fulgida del Vangelo anche sotto regimi avversi al Cristianesimo o in situazioni di persecuzione.

Tutto questo non ci deve fare paura. Gesù stesso ha detto ai suoi discepoli: «Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Desidero, pertanto, innalzare a Dio con tutta la Chiesa un inno di lode per la testimonianza di tanti fratelli e sorelle che anche in questo nostro tempo hanno dato la vita per comunicare la verità dell’amore di Dio rivelatoci in Cristo crocifisso e risorto. Inoltre, esprimo la gratitudine di tutta la Chiesa per i cristiani che non si arrendono davanti agli ostacoli e alle persecuzioni a causa del Vangelo. Allo stesso tempo ci stringiamo con profondo e solidale affetto ai fedeli di tutte quelle comunità cristiane, in Asia e in Africa in particolare, che in questo tempo rischiano la vita o l’emarginazione sociale a causa della fede. Vediamo qui realizzarsi lo spirito delle beatitudini del Vangelo per coloro che sono perseguitati a causa del Signore Gesù (cfr Mt 5,11). Nel contempo non cessiamo di alzare la nostra voce perché i governi delle Nazioni garantiscano a tutti libertà di coscienza e di religione, anche di poter testimoniare la propria fede pubblicamente.[326]

Dato a Roma, presso San Pietro, il 30 settembre, memoria di San Girolamo, dell’anno 2010, sesto del mio Pontificato.


[310] Adversus haereses, IV, 20, 7: PG 7, 1037.
[311] Benedetto XVI, Lett. enc. Spe salvi (30 novembre 2007), 31: AAS 99 (2007), 1010.
[312] Benedetto XVI, Discorso agli uomini di cultura al «Collège des Bernardins» di Parigi (12 settembre 2008): AAS 100 (2008), 730.
[313] Cfr In Evangelium secundum Matthaeum 17, 7: PG 13, 1197 B; S. Girolamo, Translatio homiliarum Origenis in Lucam, 36: PL 26, 324-325.
[314] Cfr Benedetto XVI, Omelia per l’apertura della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (5 ottobre 2008): AAS 100 (2008), 757.
[315] Propositio 38.
[316] Cfr Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Istruzione Ripartire da Cristo: un rinnovato impegno della Vita consacrata nel terzo millennio (19 maggio 2002), 36: Ench. Vat. 21, n. 488-491.
[317] Propositio 30.
[318] Cfr Propositio 38.
[319] Cfr Propositio 49.
[320] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990): AAS 83 (1991), 294-340; Id., Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 40: AAS 93 (2001), 294-295.
[321] Propositio 38.
[322] Cfr Benedetto XVI, Omelia per l’apertura della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (5 ottobre 2008): AAS 100 (2008), 753-757.
[323] Propositio 38.
[324] Messaggio finale, IV, 12.
[325] Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 22: AAS 68 (1976), 20.
[326] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 2.7.

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