La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

29 novembre 2010

Dicono di noi 5: C'era la Dacia, ma non l'audacia

Dicono di noi: se sono missionario, non lo sono da solo. Sono missionario perché tanti amici mi sostengono con la loro preghiera, con la loro solidarietà dai mille aspetti, con la simpatia, forse solo con la curiosità di conoscere cosa è una missione in Africa oggi.
Non mi piace quando scrivono di me, è sempre imbarazzante. E il contenuto di questo scritto, più di altri, mi sembra sproporzionato: grandi personaggi della cultura e il piccolo missionario come possono relazionarsi? Lascio a voi il commento. Una cosa mi rallegra, e questa la devo evidenziare. Il giornalista (che non conosco, e che quindi scrive in piena libertà nei miei confronti) con queste sue affermazioni conferma la bontà della raccolta di materiale scolastico per i bambini delle scuole delle missioni della mia zona (nord della Guinea-Bissau). Questo mi è di conforto. Lo è anche per i tanti amici che in tutta Italia (non solo a Foggia) si stanno adoperando per la raccolta di questo materiale. A tutti va il ringraziamento da parte dei miei bambini che possono imparare a leggere e scrivere.





C'era la Dacia, ma non l'audacia

di Enrico Ciccarelli
29 novembre 2010


Ho atteso un po', prima di parlare della laurea honoris causa in Scienze della Formazione conferita a Dacia Maraini lo scorso 18 novembre. Dirò subito che la cosa migliore mi è sembrata proprio la protagonista, che ha svolto un intervento coinvolgente, civile ed appassionato. Una voce limpida quale ci si attendeva, venuta dal tempo in cui c'era, o almeno si ricercava, un rapporto necessario tra professione intellettuale e amor di verità e di giustizia. Un intervento il cui valore fa premio sul triste spettacolo di un pubblico in buona parte "adescato", che ha fornito il colpo d'occhio a fotografi e cameramen per poi lasciare la sala con larghi vuoti proprio quando veniva il meglio; e che permette di dimenticare la comica piaggeria (che è di norma l'altra faccia del livore) di un cronista che ha trasformato una banale trafila burocratica in una specie di epopea risorgimentale, con tanto di mazziniana "tempesta del dubbio" per la povera Franca Pinto Minerva, la preside di Scienze della Formazione raffigurata come intenta a struggersi nell'attesa del fatidico bollo ministeriale.

Un paio di giorni prima che la Maraini fosse a Foggia, il professor Giuseppe Ricciardi, studioso di comunicazione fra i più insigni d'Italia, ha parlato alla libreria "Ubik" su invito della stessa Facoltà che ha laureato la Maraini. Un appuntamento che non ha avuto la cornice di pubblico che avrebbe meritato, ma è stato tuttavia molto interessante. Il professor Ricciardi, a margine della conferenza, ha raccontato dei sapidi aneddoti legati al suo lavoro di redattore della casa editrice Bompiani. Fra questi il divertente episodio di quando Maria Corti (un monumento dell'editoria e della critica letteraria italiana) giunse in ufficio e comunicò tutta fiera di essere stata insignita di una laurea honoris causa da non so più quale Ateneo; proprio mentre la Corti si pavoneggiava giunse Umberto Eco, che smadonnava dicendo "Ma che palle! Mi hanno dato altre tre lauree honoris causa! Non se ne può più!" Un aneddoto che spiega quanto dubbio e controverso sia il destino di tali riconoscimenti. La mia personale opinione è che andrebbero meglio spesi, e che soprattutto non dovrebbero rincorrere l'ovvio, benché sia sicuramente la via più facile per ottenere l'imprimatur ministeriale.

Direi che due cose, nella laurea conferita a Dacia Maraini, sono di tutta evidenza: la prima è che il legame disciplinare è pretestuoso. Non pretendo di sapere con precisione quale sia lo specifico ambito disciplinare di Scienze della Formazione; ma non mi pare che il cursus honorum della Maraini vi abbia qualcosa a che fare. La seconda è che, astraendo dallo specifico titolo, un riconoscimento accademico a questa grande scrittrice italiana è più che meritato. Fin troppo, direi. Perché non credo che questa laurea sia tale da aggiungere qualcosa al prestigio italiano ed internazionale dell'autrice della lunga vita di Marianna Ucria. Laddove le lauree honoris causa dovrebbero in qualche modo segnare un progresso dell'accademia, la sua capacità di inchinarsi agli eretici, di riconoscere il valore di ciò che non è allineato alla sua tradizione, di portare all'onore del mondo e al centro della scena ciò che è abitualmente relegato ai margini o ai fondali.

Il titolo di questa nota parla proprio di questo: c'era la Dacia, ma non l'audacia. È mancata la capacità, forse anche la voglia, di osare, di proporre terreni inconsueti, di marcare una specificità. E siccome è sempre facile criticare ciò che fanno gli altri senza proporre alternative, io un nome da laureare honoris causa in Scienze della Formazione ce l'avrei. Pergamena e tocco li affiderei a don Ivone Cavraro (spero di ricordare correttamente il nome). Chi è mai don Ivone? Un sacerdote foggiano che da qualche anno si occupa di una missione a Bigene, in Guinea Bissau. Don Ivone fa scuola ai poverissimi bambini di quel poverissimo borgo; sia chiaro, io non penso che vada premiato come individuo caritatevole, come angelo che provvede ai bisogni di chi non ha nulla; questo è commendevole e degno, ma merita sostegno ed aiuto, non lauree. Il titolo accademico dovrebbe premiare chi come don Ivone, in quel remoto angolo di mondo, suscita eserciti e alleva soldati vocati alla guerra contro l'ingiustizia: l'istruzione ai poveri, da Barbiana in poi, non è un linimento, ma un incendio. La cultura è una semina di consapevolezza, è l'arma e l'arsenale con cui ci si ribella alla fortuna e ai capricci del caso come alle catene dell'oppressione. La cultura e l'istruzione portano gli esseri umani a una seconda nascita; ed è tanto più vero, è tanto più utile in luoghi dove è frequente la morte per fame o per guerra, la catastrofe annunciata, la sconfitta predestinata. Nella sua missione (per saperne di più cercate il sito dell'associazione Amici di Bissau a Foggia) don Ivone perpetua il gesto di libertà e di resurrezione che appartiene a tutti i Maestri. Se non la merita lui, la laurea in Scienze della Formazione, faccio fatica a immaginare chi potrebbe esserne più degno.





Il giornalista Enrico Ciccarelli, nella foto a sinistra (accanto a Valerio Quirino, durante la presentazione del romanzo “Il più grande sognatore di tutti i tempi”), è direttore di Foggia&Foggia (www.foggiaefoggia.com), vivace e attento strumento di comunicazione in web e “free press” distribuito in 12.000 copie nella città di Foggia.

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