La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

29 luglio 2013

Diario 21: Il mio "viaggio" (di Maria Antonietta Basta)

Il mio “VIAGGIO”
di Maria Antonietta Basta.
aprile 2013

Ciò che leggerete non è il racconto completo dei giorni trascorsi a Bigene nè il diario del mese vissuto in qualla parte dell’Africa, si tratta solo di “STRALCI del mio VIAGGIO” una delle esperienze più belle della mia vita.

Mi chiamo Maria Antonietta Basta, sono un medico e precisamente un ginecologo, e voglio presentarmi attraverso le risposte date a tutte le domande che mi sono state rivolte.
Perché vai in Africa?
- Per realizzare un progetto che è nel mio cuore e nella mia mente fin da bambina, e rafforzato quando, studentessa in medicina, mi sono avvicinata alle problematiche di salute del cosiddetto “terzo mondo” ed è poi cresciuto ancora di più quando, diventata madre di tre splendidi figli, pensavo ai bambini più sfortunati.
Dove?
- In Guinea-Bissau, nella missione di padre Ivo e delle suore Oblate.
Perché proprio in Guinea-Bissau?
- Le forze trainanti in questa parte dell’Africa sono state due:
1) Padre Ivo Cavraro, che conosco da quando è venuto a Foggia, cioè 22 anni fa, padre spirituale mio e della comunità di cui faccio parte, il suo esempio ha rafforzato il mio desiderio di poter essere utile a chi ha più bisogno.
2) Mia figlia Luisa che mi ha preceduta in questa esperienza, è venuta in Guinea-Bissau 4 anni fa; con il suo racconto dettagliato delle emozioni vissute, la sua testimonianza, l’amore donato e quello ricevuto, ha accresciuto Quando?
-Ora.
Perché ora ?
- Ogni cosa a suo tempo, è arrivato il mio momento. Il Signore ha permesso solo ora che io potessi realizzare questo desiderio sopito, anzi soffocato dalle esigenze della vita e del lavoro. Finalmente eccomi qua (alin lì) con la gioia di condividere questi giorni con la mia amica Francesca Brotzu, Gaetano Santoro, Padre Ivo e don Marco che abbiamo avuto il piacere di accompagnare a Bigene dove rimarrà a prestare la sua opera di missionario.
Non hai paura?
- No, ovviamente ho preso tutte le precauzioni necessarie, e mi sono sottoposta alle vaccinazioni d’obbligo.
Cosa ti aspetti ?
- Nulla, sono venuta per donare a questi figli di Dio più poveri quello che posso, cioè il mio amore attraverso la pratica della mia professione. Oltre a tutto ciò comporta il mio lavoro, terrò in particolare un” Corso di formazione per le Matronas” che sono donne che assistono le mamme al parto. La formazione è in collaborazione con il progetto “Maternità Sicura” della onlus “Solidaunia” di Foggia. Intraprendo con gioia e anche con un po’ di trepidazione in questo impegno ma so già che riceverò tanto, molto di più di ciò che io avrò dato a loro.

Siamo pronti, si parte…….

Nel caso qualcuno pensasse che abbiamo visto elefanti, leoni, giraffe ecc., o che abbiamo fatto un safari fotografico, si sbaglia, quegli animali sono nella savana. Qui ci sono risaie, foreste pluviali bellissime, boschetti di palme, mangrovie, alberi di mango ,cadjù, papaia e per la fauna: molti tipi di uccelli ( ogni mattina alle 6 precise mi faceva da sveglia il canto particolare e ritmico di un uccellino che veniva sul davanzale della mia finestra, avrei voluto portarlo con me, ma ho solo registrato il suo canto e spesso lo riascolto) qualche raro coccodrillo, serpenti e scimmie (si vedono soprattutto nel periodo delle piogge) noi non ne abbiamo visto nemmeno una. Abbiamo solo visto un bellissimo cerbiatto nel giardino delle suore.
La vegetazione è lussureggiante, i suoi colori sono brillanti e tanti sono gli aspetti bellissimi di questa terra ma purtroppo molti sono gli aspetti tristissimi. Facciamo alcuni numeri, è indispensabile per comprendere questa realtà:
- Aspettativa di vita: 43-44 anni
- Prima gravidanza a circa 14 anni
- Ogni donna ha da 10 a 15 gravidanze
- 1 donna su 10, durante la gravidanza o al parto, muore per malaria, denutrizione, AIDS, colera, infezioni varie; le condizioni igieniche sono terribili anche per la scarsa disponibilità di acqua.
- Su 100 bambini nati vivi, 50 ne muoiono; nei primi 5 anni di vita muore un bambino su 5
Sono numeri assurdi, ma purtroppo veri ,ed io lo posso testimoniare. A Bigene non c’è nulla e sottolineo NULLA, ma c’è tutto ciò che occorre per una vita vera, senza il superfluo a cui noi occidentali diamo tanta importanza. Cosa vuol dire non c’è nulla? Non c’è l’elettricità, non c’è la rete idrica e fognaria, le case o meglio le capanne sono costruite con argilla e tetti di paglia. I trasporti sono difficili perché le strade tra un villaggio (tabanka) e l’altro sono sentieri tracciati nella vegetazione e se volessimo fare un paragone con un nostro tratturo di campagna, sembrerebbe che ci sia appena stato un terremoto, ci sono infatti crepe profondissime, fossi e buche percorribili solo con un fuoristrada e durante il periodo delle piogge nemmeno con questi mezzi. Si, è proprio così, NON C’è NULLA ………………….. ma c’è la VITA !
Persone povere con una grande dignità, gente splendida che né la fame ,né le malattie, né le guerre, sono riuscite a sottomettere; bambini meravigliosi che non fanno capricci, sorridono e sono felici con poco,e che pur essendo già cresciuti per la vita che fanno, sono allegri e giocano senza bisogno di giocattoli.
In questa realtà operano i “Missionari di Bigene”.
La loro opera è impagabile, portano aiuto a tutti, senza nessuna distinzione.
A tal proposito riporto le parole del capo villaggio di Bigene, un musulmano con 10 mogli e circa una ottantina di figli: (l’uomo con il velo bianco): “Ringrazio Dio per aver donato a Bigene don Ivo 5 anni fa e per l’arrivo di don Marco, con la vostra presenza e la vostra opera, dormiamo più tranquilli“.
Questo dimostra che l’amore senza confini che i nostri missionari donano, senza distinzione di religione o di etnie, è in piena comunione con la parola di Dio “……ama il prossimo tuo…”.
In questa missione esistono già una scuola mattutina, pomeridiana e serale.
Il” Centro nutrizionale” dove sono stati avviati programmi alimentari rivolti in particolare a neonati, bimbi e mamme (perché la denutrizione inizia già nel grembo materno), per ridurre la mortalità materno-infantile contrastando il grave stato di malnutrizione.
Al centro vengono distribuiti farmaci e alimenti specifici, e vengono controllate i bimbi e le donne in gravidanza ed è in atto un progetto per la costruzione di un “Punto Nascita“ che consiste in una sala parto attrezzata e un ambulatorio attiguo, nell’ambito del progetto “MATERNITA’ SICURA”, in collaborazione con la onlus Solidaunia e il Rotary International, Club” Umberto Giordano “ di Foggia.
La necessità di questo punto nascita è primaria, a Bigene c’è un cosiddetto ospedale con una fatiscente sala parto, un letto da parto logoro, con un rivestimento lacerato in più parti, da cui fuoriesce la spugna sottostante imbrattata (immaginate le condizioni igieniche), una rete di un vecchio letto su cui si poggiano i teli che portano le donne stesse e alcuni elementari strumenti per l’assistenza, infine una bacinella d’acqua.
Non ci sono teli sterili, non ci sono guanti sterili, non ci sono camici, non ci sono cord-clamp, non ci sono medici, non ci sono infermieri……….
Insomma non c’è nulla, solo un tecnico di laboratorio che ha a sua disposizione pochi strumenti da museo della medicina.
Sono stata chiamata in questo “ospedale” la prima volta per una emergenza: una emorragia post-partum, se non avessi avuto con me il necessario, cioè oxitocina e antiemorragici, non so come sarebbe finita.
Successivamente mi hanno chiamata per un parto complicato, tralascio i dettagli sanitari, è stata una impresa ardua per la condizioni in cui si lavora, indispensabile è stato l’aiuto della bravissima irma Nella, utilissimo quello di Feliciano, il tecnico di laboratorio , quello di Joaquim l’addetto al centro nutrizionale, quello di una donna del luogo che sta seguendo il ”corso di formazione per le matronas” che sto tenendo a Bigene, e quello di Mustafà l’addetto al Pronto Soccorso. Il pronto soccorso è una sala per la prima accoglienza, medicazione e smistamento verso gli ospedali veri della capitale Bissau e qualche altra città, comunque abbastanza lontane; anche Mustafà non ha alcuna competenza né strumenti sanitari ,se non esperienza e buona volontà.

Mi è stato chiesto di tenere un “Corso di Formazione per le Matronas“ presso la missione di Bigene.
Vi chiederete, chi sono le matronas? Sono donne che senza alcuna preparazione, solo con l’esperienza, aiutano le altre donne al momento del parto, come da noi avveniva almeno un secolo fa. Ho accettato, pur sapendo che non sarebbe stato semplice entrare in contatto con la loro realtà, cercando di immergersi in essa, nella loro storia, nelle loro tradizioni e convinzioni, affrontare le patologie più frequenti delle loro etnie, senza contare le difficoltà di comunicazione; infatti, pur essendo il portoghese la lingua ufficiale, quasi nessuno la conosce, parlano il criolo, lingua parlata non scritta, che è derivata dalla fusione del portoghese con la loro lingua originaria. Mi sono armata di buona volontà, nei mesi precedenti alla partenza mi sono documentata e con l’aiuto di un testo in portoghese, ho preparato, seguendo il programma fornitomi dal dott. Scopelliti, le lezioni e filmati pensando che le immagini sarebbero state più incisive di tante parole. Sapevo inoltre di poter contare sul valido sostegno di suor Nella, missionaria in quella terra da 20 anni, sia per la sua opera di traduttrice simultanea sia per la organizzazione e su quello di Francesca Brotzu, che mi ha assistito in questo impegno. L’esperienza di questo corso è stata meravigliosa, pensavamo di svolgerlo in 15 giorni dalle 8,30 alle 12,30, ma abbiamo deciso di condensarlo in una settimana di “full immersion”, dalle 9 alle 13 e dalle 15,30 alle 18, perché le matronas si spostano a piedi dai loro villaggi e sarebbe stato più agevole per loro fare questo sacrificio per una sola settimana piuttosto che per due, pensate che la tabanka più vicina è a circa 5 km.
Ognuna di loro, per venire alla missione, doveva percorrere a piedi molti chilometri, e la sera tornare sempre a piedi a casa, con tutto il caldo africano (dai 38 a 41 gradi ).
Ma loro, incuranti delle difficoltà e sostenute da un grande desiderio di apprendere cose nuove,alle 8,30 del mattino erano già nel patio antistante l’aula della scuola della missione in cui si teneva il corso, sempre tutti presenti, 40 persone!
Una signora veniva con il marito e portava con sé il bimbo che aveva un problema di salute e che visitavo e medicavo ogni mattina.
Frequentava anche un infermiere (unico diplomato) della etnia mandinga che desiderava rendersi utile nei villaggi; la sua presenza è stata importante anche perché traduceva dal criolo al mandingo, così che potevano capire anche alcune matronas che parlavano quel dialetto; inoltre mi hanno chiesto di partecipare al corso il tecnico di laboratorio Feliciano e il fatidico Joaquim, tutto fare al centro nutrizionale e, dopo essermi consultata con suor Nella, abbiamo accettato, trattandosi di persone veramente motivate.
Dopo il saluto e gli auguri di don Ivo per l’inizio del corso, alle 9 iniziavamo l’incontro con la preghiera cattolica e subito dopo quella musulmana! Qui, infatti, c’è un grande rispetto reciproco e una tolleranza tra la diverse religioni compresa quella originaria, la animista, che chiamerei fratellanza, anche se nei loro comportamenti e nel modo di pensare sono radicate idee di matrice religiosa che si ripercuotono poi su alcuni aspetti etici e sulla salute. Si proseguiva fino alle 11 quando suor Nella offriva loro un panino con quello che loro chiamano burro, ma che in realtà è margarina ed una bevanda a base di frutta, insomma una specie di “coffe break” e dopo un breve intervallo ristoratore si riprendeva fino alle 13 circa, e le allieve seguivano tutto sempre con grande attenzione e interesse.
Terminata la sessione mattutina, le matronas si recavano per il pranzo a casa (più corretto chiamarla capanna) di una signora di fronte alla scuola che, sempre a spese della missione e sotto la sorveglianza di suor Nella, preparava l’immancabile riso con un po’ di pesce o un po’ di carne.
Subito dopo aver mangiato, ritornavano alla missione e si riposavano sul pavimento del patio su teli che avevano con sé, con naturalezza, perché per loro è normale dormire a terra, sulle stuoie.
Appena arrivavamo però, suor Nella ed io, si attivavano facendoci prima delle richieste come ad esempio una medicazione per un morso di serpente (non velenoso, in questo caso). Una di loro mi ha chiesto qualcosa per un fastidioso bruciore agli occhi dovuto al caldo, alla stanchezza e alla polvere e le ho somministrato qualche goccia di collirio lenitivo, mentre le altre osservavano con scetticismo ciò che faceva la dottora (mi chiamavano così)!
Visto che la matronas che aveva provato il medicamento, ne aveva tratto beneficio, le trovavo costantemente ogni pomeriggio tutte pronte per la somministrazione del collirio che ovviamente dava loro un po’ di sollievo.
Per fortuna avevo portato un buon quantitativo di gocce in monodosaggio per me ma sono stata felicissima di darla a loro; i loro sguardi mi ripagavano della privazione, sguardi che esprimevano gioia e ringraziamento. Si, con lo sguardo queste persone dicono tutto.
Non è possibile rendere a parole il vissuto di questi giorni ricchissimi di eventi, l’interesse e la meraviglia per ciò che mostravo, dalle nozioni più elementari di igiene come far bollire l’acqua, come tagliare il cordone ombelicale (pensate che lo tagliano con lamette usate già molte volte, causa spesso del tetano neonatale), ad argomenti più complessi come la menopausa. Poche donne raggiungono l’età della menopausa, l’aspettativa di vita è in media di 43 anni, e quindi la menopausa con la sua problematica o non la conoscono proprio oppure non è considerata un problema. Il programma prefissato era vasto ma loro non si stancavano mai e se non avessimo dovuto smettere perché le matronas dovevano tornare a casa, (bisognava evitare il buio della sera, non c’è l’elettricità) avremmo continuato oltre l’orario stabilito. Alla fine della giornata chiedevamo cosa fosse rimasto impresso degli argomenti trattati e se avessero della domande da fare. Quello era il momento più bello perché ci rendevamo conto che avevano seguito tutto con attenzione, per non parlare poi dell’interesse suscitato dai video, in particolare quello che riguarda il “Miracolo della vita” che mostra dal vivo, con tecniche ultramoderne, l’inizio della vita, dalla fecondazione al parto. Lo abbiamo mostrato per la prima volta a pezzi per la necessità della traduzione di Suor Nella, e poi, su loro richiesta, ripetuta più volte. Interesse notevole ha suscitato anche il video della simulazione del parto nelle varie fasi.
Per non parlare poi delle esercitazioni! Imparare ad ascoltare il battito cardiaco fetale con lo stetoscopio è stato per loro una novità che le ha coinvolte, in verità ho deciso di cercare di comprare alcuni stetoscopi, (non so se li troverò, se sono ancora in vendita) per portarli se dovessi tornare o inviarli, come ho già fatto con il centimetro che serve loro per valutare l’epoca gestazionale (misurando la distanza dal pube al fondo dell’utero) che ho comprato in Italia prima di partire e che abbiamo distribuito l’ultimo giorno. Tralascio volutamente il susseguirsi delle esperienze legate allo svolgimento del programma e gli aspetti didattici. Non basterebbero ore ed ore per cercare di rendervi partecipi degli avvenimenti di questi giorni. Ma voglio raccontarvi 1 evento che da solo è sufficiente a spiegare la gioia che abbiamo provato.

Questa ragazza si chiama Sabato ed ha circa 19 anni, (qui non esiste l’anagrafe) vedendola sempre in disparte, silenziosa e triste, ho chiesto il motivo a suor Nella, che mi ha raccontato la sua storia. Sabato aveva partorito lo scorso anno un bambino malformato morto subito dopo e questo è un evento che segna la vita di una persona perché nelle loro credenze religiose si ritiene che un bambino non sano ha in sé uno spirito maligno, e quindi è impuro per cui, se non dovesse morire, si deve abbandonare.
Avevo preparato una lezione che riguardava le malformazioni fetali, che però avevo deciso di non fare, ma una mattina sono stata spinta da un impulso interiore a parlare dell’argomento e, dopo essermi consultata con Joaquim e irma Nella, ho parlato dell’origine delle malformazioni cercando di sfatare le loro credenze circa gli spiriti maligni, la nascita di creature per metà uomini e metà animali e della gemellarità.
La gemellarità ha una frequenza maggiore in Africa rispetto agli altri continenti, ma questo argomento merita un trattamento a parte, perché carico di credenze popolari e religiose ataviche.
L’interesse è salito alle stelle, molte di loro hanno preso la parola anche contestando. Non vi nascondo che ho creduto di non essere riuscita nel mio intento. E Sabato, vi chiederete, quale è stata la sua reazione? Nessuna reazione, SILENZIO assoluto. Il corso è poi continuato regolarmente nei giorni successivi ma il comportamento di Sabato è stato sempre lo stesso. L’ultimo giorno ho portato in aula l’ecografo, che apparteneva al caro collega dott. D’Errico, scomparso alcuni anni fa, donato alla missione da sua moglie, ho spiegato loro l’uso (ovviamente non ne avevano mai visto uno )e la maggior parte non ne conosceva nemmeno l’esistenza, ho cercato di mostrare loro qualche immagine chiedendo la partecipazione di suor Nella, (della sua mano e del suo polso).
E poi di Joaquim di perché potessi mostrare l’attività del suo cuore, in quanto immagine in movimento.
Visto che vicino c’era il centro nutrizionale con una stanza che funge da ambulatorio, ho chiesto a Francesca di andare a chiamare una donna in stato di gravidanza per eseguire un’ecografia fetale. A questo punto si è fatta avanti Sabato dicendo che non era necessario chiamare nessuno perché lei stessa a spettava un bambino ed era circa al sesto mese di gravidanza e che si sarebbe sottoposta volentieri all’esame.
Non vi dico la meraviglia di tutti, infatti nessuno era a conoscenza della gravidanza che Sabato aveva, per vergogna, tenuto nascosta.
Ad un certo punto Sabato, con una espressione raggiante negli occhi, mi ha chiesto se fosse possibile sapere il sesso del nascituro. Ed io, dopo aver chiesto a lei il permesso di dirlo in pubblico, le comunico che si tratta di una femminuccia.
Terminato l’esame le abbiamo chiesto le sue impressioni e lei ha detto di essere molto contenta che andasse tutto bene e di aspettare una bambina.
Avevamo di fronte a noi un’altra persona, una donna viva e felice, senza più traccia di quella vergogna che la faceva isolare.
A questo punto Suor Nella le ha chiesto come la chiamerà e Sabato guardandomi negli occhi mi dice: la chiamerò Maria Antonietta.
Per concludere il Corso abbiamo consegnato a ciascuno di loro un opuscolo con gli argomenti più rilevanti (soprattutto in immagini) preparato con l’aiuto di Francesca e don Marco, un centimetro da sarta e una busta con una somma, che in verità non conosco, per aiutare le partecipanti. Qui la povertà è severa.
Mi è rimasto impresso la serietà , con la quale hanno seguito il corso, il coinvolgimento, l’attenzione, la partecipazione,
Mi ha commosso la richiesta di quasi tutte le MATRONAS ormai ufficializzate, di poter continuare questo percorso con me, chiedendomi di ritornare periodicamente. Non ho fatto promesse, ma spero nel mio cuore di poter tornare.
L’ultimo giorno abbiamo avuto la presenza di un giornalista della radio “Sol Mansi” che già aveva intervistato suor Nella e me il primo giorno del corso e spesso presente nei giorni successivi, che ci ha chiesto quale fosse l’obiettivo del corso ,cosa mi aspettassi. Si è mostrato molto interessato alla nostra iniziativa che ha dichiarato molto utile ed importante per la popolazione locale, ha poi intervistato due delle matrone chiedendo loro cosa avessero appreso, suor Nella e me chiedendoci considerazioni finali, trasmessa poi dalla radio.

GRAZIE A TUTTI
Un ringraziamento particolare a don Ivo che con la sua opera ha permesso tutto ciò e tanto altro ancora.
Per le tante altre meravigliose esperienze vissute in questo mese trascorso nella missione di Bigene da Gaetano, Francesca e me, insieme a don Ivo, don Marco, suor Nella e suor Merione, vi invito a leggere il “Diario di un mese speciale” di Francesca.

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