Volentieri condivido l’incontro che abbiamo svolto questa mattina al villaggio di Samudje. Ci siamo recati con don Marco, suor Merione, suor Narliene ed io. Hanno partecipato anche alcuni amici del villaggio vicino di Facam, dove i cristiani sono ben presenti e vivono con impegno la loro fede.
Una rappresentanza del villaggio era venuta nei giorni scorsi a Bigene, per incontrarsi con me e chiedere l’inizio della evangelizzazione. Questo è un villaggio molto grande, di 900 abitanti, a maggioranza musulmana. Hanno costruito lo scorso anno una nuova moschea con un finanziamento proveniente dai paesi arabi. Io sono convinto che proprio la costruzione della moschea sia stata occasione opportuna per la gente del villaggio che non è musulmana. Immagino che si siano chiesti: “E noi, quale percorso vogliamo fare se non siamo musulmani?”. Prendo questa domanda dalla condivisione che uno di loro ha offerto a tutti noi. Forse questa loro domanda parte anche da una convivenza con i musulmani che non è difficile, ma che distingue i due gruppi. Gli abitanti dell’etnia Balanta-Mané sono musulmani; quelli che appartengono alla etnia Mandjako si definiscono cristiani. Ma è una definizione che danno di se stessi solo per non confondersi con la religione dei musulmani. Ci sono due scuole: la scuola comunitaria comprende bambini Mandjako e qualche bambino Balanta-Mané, la scuola coranica ha solo bambini Balanta-Mané. Le due scuole sono molto diverse; quella comunitaria educa i bambini alle materie richieste dallo stato, come in Italia: lingua portoghese, matematica, scienze e altro. La scuola coranica è ben diversa.
Anche territorialmente le due etnie si distinguono: una parte del villaggio è per i Balanta-Mané, l’altra parte è per i Mandjako. Ma a parte queste distinzioni nette ed evidenti, quando siamo arrivati abbiamo incrociato un anziano musulmano con il quale non ho potuto parlare, ma che ha affermato la sua contentezza se i Mndjako iniziano la evangelizzazione della Chiesa Cattolica. Anche durante l’incontro ho potuto verificare che non ci sono difficoltà da parte dei musulmani se noi iniziamo questo nuovo percorso. Un percorso proprio nuovo, perché questi fratelli non hanno mai chiesto a nessuno di essere aiutati a “conoscere Dio”. E nemmeno nessuno è mai andato da loro ad offrire questo aiuto, come è accaduto in altri villaggi per mano della “Chiesa Nuova Apostolica”: una chiesa nata in ambiente protestante del Brasile che ha tentato di fare proseliti attorno a Bigene, con risultati scarsi.
Mi permetto di parlare di proselitismo per un fatto a me molto chiaro: non sono io che vado nel villaggio a proporre la mia fede. È il villaggio che viene da me a chiedermi se vado da loro. E quando vado, come oggi, vado ad ascoltare le loro richieste e a dimostrare la mia disponibilità alla loro domanda di conoscere Dio. Altri vanno per i villaggi con sacchi di riso per tutti, o con soldi per costruire luoghi di culto. Vi è una differenza evidente nel modo di proporre la nostra fede cattolica. Anche noi costruiamo chiese nei villaggi, dopo che per anni gli abitanti di quei villaggi ci chiedono la casa per pregare. Anche noi aiutiamo i villaggi in tanti modi, come le scuole, i pozzi, le strade… ma non è per questo che chiediamo di evangelizzare, e quello che costruiamo è per tutti, senza alcuna distinzione di religione.
L’incontro è stato buono. Non vi era molta gente: è tempo di lavoro intenso nelle risaie e in altre coltivazioni agricole. Ma ci siamo conosciuti, ci siamo ascoltati, e mi è sembrato che l’uomo-grande dei Mandjako, il loro responsabile, sia stato molto preciso nella richiesta: “Noi non possiamo continuare a non conoscere Dio, e vogliamo conoscere Dio con la catechesi della Chiesa di Bigene!”. Poi abbiamo scoperto che ci sono tra loro due donne già battezzate, provenienti dal vicino Senegal: non gli sembrava vero che noi fossimo arrivati nel loro villaggio. La loro fede si è allentata perché non hanno più avuto contatto con la Parola di Dio da molti anni, ma non hanno perso la speranza di continuare a vivere da brave cristiane. La loro gioia sarà un esempio per tutti gli altri, ne sono convinto.
Dopo questo primo incontro sarà necessario parlarne con gli altri catechisti, e nella comunità cristiana: non sono io da solo che decido di iniziare una nuova evangelizzazione. Ci vorrà del tempo per delle altre verifiche necessarie, da compiere nel villaggio. Dovrò incontrare il capovillaggio e gli altri uomini anziani per presentarmi, e sentire la loro parola.
Dopo due ore di buon dialogo, ci siamo scambiati i numeri di telefono e ci siamo dati appuntamento per il sabato 9 novembre. Per quel giorno vorrei recarmi in quel villaggio per un incontro più ampio, con più persone del villaggio stesso, e con più amici di Facam, e con gli ospiti di Foggia che saranno a Bigene per quella data. Ospiti importanti! Vi dirò…
Una cosa, però, la vorrei dire subito: ho intuito che i Mandjako non hanno un pozzo vicino alle loro case. I pozzi ci sono nel villaggio, ma sono tutti dall’altra parte… Mi sa tanto che il prossimo pozzo che potrò costruire sarà proprio qui!
Aspetta. Ho ancora un’ultima cosa da dirti: questi diventeranno bravi cristiani. Me lo sento!
Bigene, 5 ottobre 2013
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