La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

10 aprile 2009

Capitolo 2 - Il battesimo d'Africa

Diario di una missione 2: il battesimo d’Africa

SUFRIDUR TA PADI FIDALGU
(proverbio locale: chi soffre, un giorno avrà la ricompensa)

2 agosto 2008
Prima spedizione del diario. Lavoro diverso tempo per rivedere gli indirizzi email di amici e familiari, e poi per chiedere di passare il diario a chi non usa il computer. Mi rendo conto che devo raggiungere tante persone, e non voglio dimenticare nessuno. A qualcuno dovrò far spedire il diario per posta ordinaria dall’Italia: da qui ci metterebbe molto tempo ad arrivare. Se vi arriva per posta, ringraziate mia “cugina” Felicia di Barlassina (Mi).

3 agosto 2008, domenica del Signore, XVIII domenica ordinaria
Giusi ed io accompagniamo il Vescovo per la celebrazione domenicale. Andiamo alla “Paróquia Nª Sª de Fátima” in Bissau, affidata ai missionari del PIME. È appena terminata una celebrazione domenicale e subito ne inizia un’altra. Eppure la chiesa è spaziosa. Ma la cosa che ancor più mi colpisce, è che sono tutti giovani! Iniziamo la S. Messa con un coro ben preparato e una assemblea attenta. In tanti momenti della celebrazione, guardando i fedeli africani, vedo nel mio cuore i “miei” fedeli di Segezia. Questa parrocchia è dedicata alla Madonna di Fatima, ed anche quella di Segezia è dedicata alla Madre di Cristo apparsa a Fatima. Io sono ancora il parroco di Segezia, pur restando in Africa per questi due mesi abbondanti. Se il Signore vuole, a ottobre ci sarà il mio mandato ufficiale come missionario, e quindi lascerò il ministero di parroco a Segezia. Celebro l’Eucaristia offrendola per i parrocchiani vivi e defunti della mia parrocchia, e mi sembra proprio di vederli…
A pranzo andiamo a N’Dame, dalle suore Oblate, e finalmente ci incontriamo con suor Rosa Bonuomo, nativa di Deliceto (Foggia), che vive da diversi anni nella casa di Bigene. Diventa un incontro “foggiano” in terra africana: suor Rosa, suor Irene Motta, nativa di Faeto, Giusi ed io! Purtroppo il clima di festa è limitato dalla malattia di suor Mires (brasiliana, anche lei a Bigene). La malattia, che qui si chiama “paludismo”, in Italia è conosciuta come malaria. Durante la notte, è stata accompagnata alla clinica di Cumura, la febbre era troppo alta. Decidiamo di andarla a trovare, per un breve saluto ed una preghiera.
Cumura: per chi verrà a trovarmi, nei prossimi anni, questa sarà una tappa obbligata. Cumura è un luogo pieno di vita, immerso nel verde, con tanti bambini e ragazzi che giocano a pallone sul campetto davanti alla chiesa dei Francescani. Di lato al campetto, con un viale alberato, si accede a questa clinica che tutti dovrebbero vedere, soprattutto quelli che parlano male della Chiesa e delle persone della Chiesa. Certo, gli scandali ci sono. Sono i nostri peccati. Sono i peccati dei nostri padri. E, a volte, il male fa tanto rumore. E succede anche che il rumore può diventare più grave della stessa causa che l’ha provocato! L’amore, invece, non fa rumore. Venite a vedere cosa fa la Chiesa in questo luogo, tra queste casette accoglienti, dove sono ricoverati i lebbrosi.
Una parola che fa assai più paura della malaria! Ci sono ancora i lebbrosi nel mondo. Qualche volta ne abbiamo sentito parlare. Ma quando vedi cosa produce la lebbra sul corpo umano, ti chiedi perché tutto il mondo pensa alle olimpiadi, e permette che questa malattia continui a divorare le dita, le orecchie, le mani e i piedi di questi fratelli e sorelle. Vicino alle abitazioni dei ricoverati per lebbra (ci sono anche le casette per i lebbrosi che non possono ritornare nei loro villaggi, e che rimangono stabilmente “accolti” in questa comunità), ci sono i piccoli reparti ospedalieri per le mamme sieropositive che sono prossime al parto. E ci sono, ovvio, anche i bambini nati da queste mamme. Alcuni belli, come sono belli tutti i bambini africani, con quegli occhi che risaltano di luce sulla pelle nera. Altri, purtroppo, è come se fossero senza forza nel loro piccolo corpo. Vivi senza vita. Non riesco a descrivere meglio.
E poi ci sono altri piccoli reparti ospedalieri per altre necessità di ricovero. Qui troviamo suor Mires, assistita dalle suore Francescane Missionarie, che hanno la cura e l’assistenza di tutti i reparti appena descritti. Venite a vedere, e impariamo cosa è la Chiesa, cosa fa la Chiesa. In silenzio. Tutta questa clinica, tutto questo, è frutto della sola carità che viviamo all’interno della Chiesa Cattolica. Cumura è conosciuta solo dai lebbrosi di questa nazione, e dai missionari della Guinea-Bissau. E da chi ama.
Suor Mires ha superato la crisi della notte, e ci accoglie con grande gioia. Una breve preghiera accanto al suo letto, pensando a tutti i ricoverati e alle loro famiglie. La malaria è già stata bloccata dalla giusta medicina che qui ha trovato. Non è poi così difficile come potrebbe sembrare. A volte ci sono delle complicazioni, a volte la medicina che si usa non è adeguata al tipo di malaria; ma qui si trova quello che è necessario. Alcuni giorni di riposo, il tempo necessario per riprendersi, e poi continuerà la sua missione a Bigene, la mia futura comunità.
Quando usciamo incontriamo suor Valeria: una siciliana che vive da tanti anni in questa comunità. Credo che sia una infermiera specializzata, ma soprattutto è una persona che ama, e con un sorriso sempre accogliente. Salutandomi, mi dice che tutti i missionari passano per Cumura, e anch’io farò l’esperienza di provare le sue cure in questa clinica… Non ho il tempo di reagire a questo “simpatico augurio” perché il suo sorriso è troppo coinvolgente. Per questi mesi, sono protetto dalla malaria con una medicina che si chiama Lariam. Poi dovrò fermarmi dall’assunzione di questo farmaco, che provoca alterazioni al fegato. Insomma: quando arriverà quella benedetta zanzara, so da chi mi farò riempire di cure amorose!!! E invece…

6 agosto 2008
Le “vacanze” sono proprio finite! La scuola di crioulo riempie le giornate, così organizzate: ore 6.00 parte il generatore di corrente e tutti si svegliano; 6.30 lodi e S. Messa nella chiesetta della Curia con gli altri sacerdoti; 9.00 – 12.00 scuola; 12.30 pranzo con tutti i presenti in Curia, compreso il Vescovo; tempo di riposo/studio/pulizie; 16.00 – 18.00 “corso di integrazione missionaria”; studio; 19.30 vespri e cena. Dopo cena sono al computer, per rispondere alle email e guardare cosa succede nel mondo. Alle 23.00 il generatore di energia elettrica si ferma: se non sei già a letto, attento a dove metti i piedi!
Il generatore è spento anche nel primo pomeriggio. Voi direte: che c’entra il generatore? Semplice: in tutta la nazione non esiste l’energia elettrica, tutto qui. I ritmi della vita sono dettati dalla luce del sole. Nelle case dei missionari è indispensabile il generatore, per far funzionare almeno i frigoriferi e qualche ventilatore. La televisione non serve. Nel refettorio della curia c’è, ma l’unico momento in cui la guardiamo è dopo cena: un breve telegiornale locale organizzato in qualche modo. Per il resto, sono solo telenovele brasiliane: che pena! La tivù in G-B è tutta qui! Puoi farne tranquillamente senza! La cosa veramente importante, è avere sempre la riserva di benzina per far funzionare il generatore, altrimenti addio anche all’acqua fresca, e fuori le candele!!!
Il “corso di integrazione missionaria” che si tiene di pomeriggio è molto interessante. In questa settimana impariamo gli orientamenti pastorali della diocesi di Bissau e la storia della evangelizzazione in G-B. La scuola della lingua locale, al mattino, è difficile. Sarà dura. È necessaria, ma sarà dura.

7 agosto 2008
Tira una brutta aria: in Mauritania, uno stato in regime islamico che si trova al nord del Senegal, c’è stato un colpo di stato. E anche qui qualcuno comincia ad agitarsi. È il capo della marina militare che cerca di allearsi con altri capi delle forze militari per tentare un colpo di stato. L’operazione non riesce, e tutta questa agitazione si conclude con il rimpasto del governo, a pochi mesi dalle nuove elezioni, che saranno a novembre (se si riuscirà ad organizzarle). Può sembrare tutto assurdo. Io penso solo che questi sono i segni di una democrazia che è appena nata, e stenta a crescere, dopo secoli e secoli di colonialismo. È come un bambino che per camminare con le sue gambe deve prima fare tante cadute.

8 agosto 2008
Giorno triste. Un anno fa, il piccolo Ciro Palmieri entrava in Paradiso. Solo tre anni su questa terra, con la sorellina, papà e mamma. Dal Regno eterno di Dio, piccolo grande Ciro, intercedi presso Dio Padre per la tua famiglia, per la parrocchia Immacolata di Fatima a Segezia, per me e la mia missione. Amen.

9 agosto 2008
Arrivano gli amici da Foggia. Sono una decina di giovani che faranno la loro esperienza missionaria nella animazione dei giochi per bambini in due parrocchie. Sono ospitati dalle suore Oblate a N’Dame. Altri andranno a Bigene per il servizio medico. Giusi ed io non potevamo non esserci all’aeroporto, anche se perdiamo il riposo di metà notte. Tra questi giovani, ci sono anche Flaviana e Luisa, che ho conosciuto nei primi anni della mia presenza a Foggia, nel gruppo Maria del Rinnovamento nello Spirito. Eravamo molto uniti nella preghiera e nella condivisione della fede. Poi, i responsabili del gruppo hanno voluto diventare comunità, con il risultato di continue divisioni nel gruppo. Divisioni non guidate dallo Spirito, ne sono sicuro.
Sono molto felice della loro presenza in questa terra, e sono certo che l’incontro con questa realtà africana sarà un dono del Signore per la loro vita.
Nel pomeriggio facciamo con Giusi la “cellula” con una bella novità: siamo in tre, per la presenza di suor Augustine, che sta facendo con noi il corso di crioulo. Suor Augustine vive in una comunità del Senegal, ma vicino a Bigene, e avremo occasioni varie per condividere il lavoro pastorale. Sembra che il confine tra i due stati sia segnato solo sulla carta.
La cellula si sviluppa bene, con buona condivisione da parte di tutti. Tra le altre cose, emerge la difficoltà per questo corso intensivo della nuova lingua: fare tutto in un solo mese è troppo. Che il Signore ci aiuti!

10 agosto 2008, domenica del Signore, XIX domenica ordinaria
La notte non si dorme: i temporali violenti non ti permettono di riposare. Il rumore è forte e avvolgente. Questa acqua è un dono del Signore per la coltivazione del riso, primo alimento in tutta la G-B. E allora non puoi chiedere al Signore che faccia smettere, anzi, chiedi che il temporale continui…. E ti alzi con due occhi così!!!
Al mattino, con il Vescovo, andiamo a celebrare alla parrocchia “S. Francisco de Assis" ad Antula (sulla strada per N’Dame). La parrocchia è guidata da due sacerdoti “fidei donum” dell’Angola, Pe. Lino e Pe. Alberto, anche loro ospiti in curia, perché la parrocchia non ha la casa per i sacerdoti. Anche la piccola chiesa non è sufficiente a contenere le centinaia di fedeli che partecipano alle celebrazioni. Come arriviamo termina la S. Messa dei bambini, che si riuniscono sotto una tettoia di canne per continuare con giochi e canti la loro domenica. Sono tantissimi: guidati a piccoli gruppi da giovani animatori, rispondono con ampi gesti ai canti ritmati da una guida. È uno spettacolo! E come stanno attenti al ritmo!
Ci prepariamo alla S. Messa degli adulti. E anche qui mi imbatto in una realtà incredibile, già verificata nelle due domeniche precedenti: è vero che la popolazione della G-B è molto giovane, e la prospettiva di vita è sui 41-42 anni di età (quasi la metà dell’Italia), ma coloro che sono in chiesa sono tutti giovani, tutti!!! Arrivano anche gli amici di Foggia. La celebrazione è ben partecipata. All’Offertorio si pone davanti all’altare un cesto grandissimo, non capisco perché così grande. Poi, pian piano, dall’assemblea si alzano le persone che depositano piccoli sacchetti con del cibo per i poveri. Il cesto si riempie. Poveri che aiutano i più poveri. Un’altra lezione per me! Dopo la Comunione il Vescovo presenta i giovani di Foggia, Giusi e me alla assemblea, e mi cede il microfono. Io ringrazio tutti e chiedo una preghiera particolare per la mia prossima missione a Bigene. Mi esprimo in portoghese (spero che abbiano capito almeno qualcosina… e che non parlavo in italiano) e dal loro applauso mi tolgo ogni dubbio: hanno capito il mio portoghese, alleluia! (Oppure sono così educati da far finta di avere capito!?!). La loro risposta è commovente; il coro parte con un canto che dice così: “Grandi cose ha fatto, il Signore per noi…” e lo cantano in italiano!
Per il pranzo siamo ospiti dalle suore “Franciscanas Hospitaleiras da Imaculada Conceição” che hanno la loro casa vicino alla parrocchia, in mezzo alle altre abitazioni fatte con mattoni di argilla e tetto di lamiera. Per arrivare all’ingresso della casa si attraversa un bel giardino, pieno di piante, fiori, ortaggi: profumi e colori dell’Africa. Dopo l’ottimo pranzo “europeo” (la superiora è del Portogallo), riattraversiamo il giardino e, nel saluto finale che ci facciamo sul portone d’ingresso, la superiora si lamenta un poco con il Vescovo: “Abbiamo un piccolo problema: il signor “cobra nigru”, con la signora “cobra nigra”, hanno fatto i “cobrini”! E tutta la famiglia va a passeggiare nel nostro giardino…..”. Mi viene un colpo, e faccio un salto sulla strada! Se lo sapevo prima, non so se avrei pranzato… Il Vescovo tranquillizza tutti, e manderà le radici per allontanare i cobra. Sono delle radici di una pianta africana che emanano un odore particolare, che il cobra non sopporta. Ho deciso che a Bigene farò una palizzata con le radici di questa pianta, attorno alla mia casa!!!
Alla sera, durante la cena, i missionari presenti si divertono a prendermi in giro: hanno capito che i cobra non sono proprio gli animali che preferisco. E mi raccontano di averli visti di qua e di là, attorno alla curia, e di come si deve fare quando si viene morsi: bloccare la circolazione del sangue con una fasciatura stretta, e passare la pietra nera sulla ferita. È una pietra che assorbe il veleno del cobra. E poi i cobra hanno paura dell’uomo: di solito scappano. L’unica cosa da non fare è calpestarli, perché allora reagiscono. Tutto qui, è molto semplice!
Sarà così, ma mentre loro parlano, io mi sento, come dire... come vi sentireste voi???? Avete capito.

11 agosto 2008
La notte non dormo: mi sembra che tutti i cobra della G-B siano dentro la mia camera… In realtà, quando non dormo, è un segno che qualcosa sta accadendo dentro il mio organismo. E lo capirò fra non molto…
A scuola una suora africana dice di non vedermi bene. Le spiego che non ho dormito bene per tre notti: venerdì sono arrivati gli amici di Foggia, sabato il temporale, domenica i cobra! Nel pomeriggio, durante il corso di integrazione, la stessa suora mi mette la mano sulla fronte: “Padre, tu hai la febbre!”. Vado in curia per controllare: 37,7. Giusi mi passa una tachipirina e la febbre si abbassa. Pensiamo che sia colpa delle continue variazioni climatiche di pioggia, umidità, caldo, e poi i ventilatori presenti in tante stanze. La serata è tranquilla. Prendo un’altra tachipirina prima di andare a letto.

12 agosto 2008
La notte è stata agitata, non ho dormito ancora. Mi preoccupo, e scopro che la gola è infiammata. Ancora una volta! Era già successo nei mesi scorsi, e penso che questa sia la causa della febbre del mattino: 37,8. Ho con me le medicine che servono per l’infiammazione. Ma il Vescovo organizza diversamente: devo andare alla clinica per l’analisi del sangue. Io sono convinto che il Vescovo si sbagli, ma al Vescovo si deve sempre obbedire, e mi accompagnano alla clinica di Bor, quella guidata da Pe. Battisti del PIME.
La Clinica Bor è una struttura sanitaria pediatrica a servizio dei bambini ammalati poveri: mi sembra di togliere spazio a questi bambini e alle loro mamme in attesa di un controllo medico. Mi accomodo nell’ufficio di una dottoressa, laureata a Cuba. Le parlo della gola, e lei verifica che è infiammata. Vuole sapere tutte le medicine che ho preso in passato, per quanto tempo, dove e come… un interrogatorio che non finisce mai! Lei dice che se la gola si infiamma ancora, il problema è più a fondo, bisogna scoprirlo. Mentre lei incalza con le domande, la “bestia” viene smascherata: comincio a sudare come non mi è mai accaduto, la febbre si alza alta all’improvviso e mi vengono i conati di vomito. Dura solo tre minuti, ma tanto basta: la dottoressa mi fa accompagnare a letto e ordina subito l’esame del sangue.
Ragazzi che scena!!! Mi accompagnano su di un letto per bambini, con le sbarre da un lato e l’orsacchiotto di peluche vicino alla testa! Subito una iniezione per bloccare il vomito. Poi il prelievo del sangue. Ho la necessità di recarmi in bagno, e mi faccio accompagnare da un infermiere: sembra tutto tranquillo, cammino da solo… ma in tre secondi perdo le forze e cado a terra. Non so per quanto tempo e come, ma riprendo i sensi quando in quattro mi rimettono in piedi. Poverini: questi bravi Africani sono tutti più piccoli di me (mi arrivano al di sotto delle spalle), chissà che fatica a rialzare l’ippopotamo venuto dall’Italia! Mi riportano a letto con una sedia a rotelle e arriva l’esito dell’esame: è malaria!
Mi sento confuso: come è possibile, se ho preso regolarmente il Lariam? E così in fretta? Non ho tempo per farmi altre domande perché mi portano in un’altra stanza più attrezzata, e sono i dottori a farmi un altro interrogatorio serrato. Diabete, malattie, cuore, polmoni, problemi circolatori, allergie… vogliono sapere tutto. Poi inizia la battaglia: da una parte la malaria, nascosta dentro il mio sangue per colpa di una puntura di una fetente zanzara, che non aveva niente di meglio da fare; dall’altra parte i dottori, muniti degli strumenti per controllare la pressione, il cuore, di sacche di chinino e derivati da iniettare nel sangue con continue flebo. Il campo di battaglia è il mio corpo!!!
“Fermi tutti! Devo andare ancora al bagno…” Questa volta non mi lasciano un attimo da solo, ma svengo lo stesso sulla sedia a rotelle. “Non c’è tempo da perdere, iniziamo!” L’ago della flebo sul polso destro, e via… iniziano le “Cronache di Narnia” con le varie lotte tra il bene e il male. Perdo il calcolo del tempo e delle flebo. Le sudorazioni sono continue, la febbre sale e scende come un ascensore impazzito. I medici e gli infermieri sono continuamente attorno al mio letto. Io non avverto grosse difficoltà: non ho dolori alla testa o all’intestino, ma solo alle ossa. E un forte rumore nelle orecchie. Non ho nausea e vomito, come di solito avviene. La malaria colpisce in modi assai diversi le persone che subiscono questa infezione. L’unico grosso problema è che non riesco a stare in piedi. E quando mi devo per forza alzare, si ferma tutta la clinica: “Il Padre è fuori dal letto, venite tutti qui….” La fetente mi vuole colpire proprio in quel momento: chi mi tiene la flebo, chi cambia le lenzuola al letto, chi mi sorregge sulla sedia, chi mi asciuga il sudore. Sarebbe stato molto più semplice usare un catetere (ahiàà!!!), ma in una clinica per bambini cosa vuoi pretendere???
Passa così tutto il pomeriggio e anche la sera. La notte anche la fetente “sembra” voler riposare… Max, il seminarista, rimane a dormire nella mia stanza.

13 agosto 2008
Mi ritorna l’appetito. Giusi si preoccupa in mille modi di rendersi utile: mi sembra di vedere in lei tutta Segezia che viene in mio soccorso. Pensate che mi arriva un panino al prosciutto!!! Ieri non ho preso niente di niente, e il panino lo divoro (“buon segno” dicono i medici: lo avrebbe detto anche mio papà, che era un contadino!). Le flebo passano all’altro braccio. Le sudorazioni diminuiscono, ma ancora non riesco a stare in piedi. Una brava infermiera mi prepara un pranzo personalizzato: riso e pollo. Non ne avanzo nemmeno un chicco.Nel pomeriggio mi sento veramente meglio. Riesco ad alzarmi da solo dal letto, e senza problemi vado al bagno.
Sono felice, mi sembra che sia già passata tutta la fase acuta. Dopo cena mi rialzo di nuovo. La fetente mi aspettava! Le altre volte che sono svenuto, mi accorgevo che stavo perdendo i sensi: alcuni secondi sufficienti per chiedere aiuto. Questa volta mi prende di sorpresa, nemmeno un secondo e cado in bagno sbattendo la testa non so dove. Max si accorge, tenta di rialzarmi, ma non ci riesce da solo, e va a chiamare rinforzi. Arrivano tutti. Il ghiaccio sulla fronte, il dottore di turno che telefona agli altri, il controllo di pressione e cuore, e tutte le altre cose. Subito un’altra flebo, ma le vene dei polsi non la ricevono più. Decidono di sospendere con il chinino. Mi iniettano un’altra sostanza in una vena del piede. Ringraziando Dio, la mia testa è dura quanto basta per restare intatta. Poteva andare peggio. Ma ci sono anche gli angeli custodi che fanno la loro parte, non credete???
Sarà per la botta in testa, ma la notte dormo!

14 agosto 2008
Mi trasportano con l’ambulanza ad un’altra clinica, anche questa frutto dell’opera dei missionari, per eseguire una radiografia alla testa e alle costole. Io non avverto niente alle costole, ma loro la vogliono fare lo stesso! La testa invece, se tocco con le dita, mi fa male. Ma tutto è a posto. Ritorno a Bor. Ultima flebo di chinino. Sto riprendendo le forze. Nel pomeriggio esco dalla camera e mi fermo con i bambini ricoverati in clinica. Si avvicinano con grandi sorrisi. Quando Giusi distribuisce qualche biscotto, si avvicinano anche le mamme… Ci mettiamo a giocare: la lingua non è un problema, bastano gli occhi per capirci!
Quando rientro in camera mi accorgo che ho il collo pieno di puntini rossi: allergia! A cosa? Comincia un altro interrogatorio: cosa ho mangiato, quando, come, quanto… questi bravi dottori mi sembrano usciti da un film di Perry Mason! Escludono la allergia da farmaco: si sarebbe manifestata diversamente. Probabilmente l’ha suscitata il conservante contenuto nel prosciutto (arrivato dall’Italia) o nei biscotti al cioccolato (dal Portogallo). Mi tengono sotto osservazione: non si fidano. Ogni mezz’ora vengono a “guardarmi” come se fossi un quadro ad una esposizione! Non se ne parla di ritornare a casa, per colpa di quei puntini rossi.

15 agosto 2008
È la festa dell’Assunta, ma qui la solennità mariana è spostata alla domenica seguente. Che strano: il 15 di agosto tutti al lavoro! Ma dove sono finito?!? Neanche fossi in Africa! E invece sono proprio in Africa, e in ospedale. Il giorno di Ferragosto! Mi vengono in mente gli anni passati, nel “campo di accoglienza” a Segezia: questo era il giorno più difficile di tutta l’estate. Gli immigrati non lavorano e anche loro fanno festa, con canti e birre. A volte troppe birre, e allora iniziano i problemi. Lo scorso anno ne ho portati tre al pronto soccorso, per ferite con arma da taglio in testa… per non parlare di quell’altro che anni fa, in questo giorno, mi voleva fare a pezzettini! Vi immaginate quanto lavoro doveva fare???
Mi sembra molto strano un Ferragosto così, senza immigrati da controllare. Sono io, invece, “immigrato” ad essere controllato da questi Africani. Il dottore vede due puntini scuri su una gamba, e sta per iniziare un’altra puntata dal romanzo di Agatha Christie, con tutte le domande che già conosco a memoria, ma lo fermo subito: “Quei due puntini, sono lì da 40 anni! Altre domande???” Arriva l’attesa risposta: “Allora, Padre, puoi andare a casa!”. A casa: la curia di Bissau è diventata la mia casa! E vado a casa, felice e contento. Quando il Vescovo viene a salutarmi (era venuto tutti i giorni in ospedale: mi sento una merce preziosa!!!), mi dice che adesso ho fatto il “battesimo d’Africa”!
Io ho sempre detto ai genitori di fare subito il battesimo, senza aspettare tempo. Lo Spirito santifica chi lo riceve! Mio Signore: la malaria non è proprio come lo Spirito Santo, ma spero lo stesso, da questa esperienza dolorosa, di portare buoni frutti per la missione che mi chiedi. Amen.
Però, potevi aspettare un po’, ti pare?!?

19 agosto 2008
I giorni passano con prolungato riposo. Tutti mi dicono che devo mangiare e riposare. Io mangio e riposo! Che problema c’è??? Giusi e suor Augustine fanno la torta tutti i giorni, e gli altri sacerdoti della curia sono tutti ben felici di partecipare, anche loro, alle cure per ristabilire l’ultimo arrivato! Il tiramisù è il piatto più atteso ai pasti…
Però mi sono già stancato di non fare niente. Oggi sono ritornato a scuola, ma non ho resistito fino alla fine delle lezioni. Pazienza, domani andrà meglio.
Ringrazio tanti amici che mi hanno telefonato e mandato messaggi al computer (i messaggini al cellulare non arrivano qui!). Fa bene sentire le persone vicine. So che tanti hanno pregato per me. Non ho ancora ripreso a celebrare la S. Messa quotidiana, ma vi assicuro la mia riconoscenza davanti al Signore.
Tonino Russo (Foggia) mi ha detto che ha “divorato” il mio diario. Vittorio e Vincenza (Massa della Lucania) lo hanno letto tutto di un fiato. I giovani di Foggia han detto che è andato a ruba… Io volevo solo comunicare al mio Vescovo cosa mi succede, ma sono felice di partecipare ad altri quanto sto vivendo. A lode del Signore, che mi ha scelto per la sua missione.
Vi saluto tutti con gioia e pace

Pe. Ivo Cavraro, Curia Diocesana, Av. 14 de Novembro, apartado 20
1001 Bissau Codex, GUINE'-BISSAU
Email: ivocav@yahoo.it spedisco questo diario il giorno 20 agosto 2008 via em

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