La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

11 aprile 2009

Capitolo 6 - Prime evangelizzazioni

N’FIA NA SINHOR, N’FIA NA JESUS. TUDU NHA BIDA STA NA SI MON.

31 dicembre 2008: Bissau-Bigene
Terminate le operazioni per la spedizione del diario 5, salutati il Vescovo, Giusi e gli amici della Curia di Bissau, riparto per Bigene. Il clima è sempre ottimo, ma oggi fa più caldo del solito, e nel pomeriggio inizio a sudare. Mi dispiace per chi, in questi giorni, deve combattere con il freddo, ma qui è così: si suda all’ultimo dell’anno!
Sto prendendo confidenza con segezia: la velocità aumenta e anche le buche degli ultimi trenta chilometri mi sembrano più abbordabili. Arrivo a Bigene stanco: sarà il caldo? Come, come??? Vuoi vedere che inizia già il caldo? Mio Signore, aspetta un momento: siamo in pieno inverno!!! Non pretendo la neve, però lasciami un pochino pochino di “non caldo” (oserei chiedere anche il fresco, ma mi accorgo di chiedere troppo!).
Come sarà la fine dell’anno da queste parti? Una certa curiosità mi prende. Noto anche una strana agitazione nella cucina delle suore, tutte prese per “il cenone”. Alle nove di sera siamo davanti alla chiesa: il fuoco è acceso, siamo tutti in cerchio attorno alle piccole fiamme. Mi viene in mente il grande fuoco che si accende la sera dell’Immacolata, a Segezia, per la recita del rosario. Qui il fuoco è piccolino, proprio un segno. I bambini mi stanno tutti attaccati, tanto che devo stare attento a come mi muovo. E litigano pure, per cercare il posto più vicino a me: assomigliano ai chierichetti di Segezia!
Mi fermo a guardare le stelle, e tutti i bambini con il naso all’insù a guardare anche loro il cielo pieno di luci. Non trovo la luna: deve essere andata a passare l’ultimo dell’anno in qualche altro continente!
Inizia la S. Messa di fine anno fuori della chiesa, attorno al fuoco: l’atto penitenziale è sostituito da una offerta al Signore dei nostri peccati: si bruciano dei cartoncini con le scritte preparate. Scopro che gli Africani fanno gli stessi peccati degli Italiani: gelosie, malvagità, divisioni, maldicenze, falsità… Ops! Scusate: non volevo parlare di voi Italiani che leggete il mio diario. Voi siete miei amici, e i peccati non li fate, sia ben chiaro! Parlo degli altri…! Scopro che i miei nuovi parrocchiani fanno ancora questi peccati: dovrò fare presto a farmeli tutti amici, così poi saranno tutti più bravi! Scopro l’acqua calda: già San Paolo, all’inizio della nostra storia cristiana, aveva scritto ai credenti della Galazia lo stesso elenco di peccati. Insomma, è una storia che si ripete e che ci riguarda tutti: l’uomo è già salvato, ma non ancora salvo!
Poi viene bruciata nel fuoco una piccola figura umana, fatta di paglia: a indicare che, al termine dell’anno, si vuole cambiare vita, rinunciando all’uomo vecchio. L’ingresso in chiesa e l’ascolto della Parola di Dio creano l’uomo nuovo, all’inizio del nuovo anno.
Cari amici: tutto qui! Rientrati nella casa delle suore, facciamo una ottima cenetta. Io sono così stanco che mi sto addormentando sul piatto. Resisto fino alle undici: in questo esatto momento vi penso con la bottiglia di spumante in mano (attualmente c’è un’ora di differenza oraria; quando riprenderete l’ora legale, qui saranno due ore in meno), e vado a letto. Forse deludo le care sorelle, ma non ce la facevo più! Sono svegliato dai bambini dopo mezzanotte: con grida salutano in strada il nuovo anno. Tutto qui! Niente botti e fuochi artificiali, niente di tutte quelle assurde dimostrazioni sonore che accompagnano la fine d’anno in tutta Italia. Niente. Solo il vociare forte dei bambini sulla strada! Una fine d’anno come piace a me, senza rumori e con tanta pace. Vi assicuro che è fantastico iniziare così il nuovo anno! Auguri a tutti, anche se leggerete a fine gennaio il mio diario, auguri di un buon 2009. Per me è iniziato bene, pensando ad un uomo nuovo da realizzare, un missionario nuovo da donare a questa terra. Buon anno a voi e alle vostre famiglie: sia anno di pace e di comunione.

1 gennaio 2009, Maria SS. Madre di Dio: Bigene
Dopo una bella dormita, riprendiamo da dove eravamo rimasti l’anno prima: in chiesa, per la festa di Maria Madre di Dio. Oggi è anche la giornata mondiale per la pace. Pregare per la pace in tutto il mondo, dentro questa piccola chiesa, ci fa sentire importanti. La Guinea-Bissau sta vivendo una situazione che mi sembra tranquilla, ma nella confinante Guinea-Conakry, dopo la morte dell’anziano dittatore, i soldati hanno fatto un colpo di stato, che definirei “pacifico”. Vogliono organizzare le elezioni libere da parte della popolazione. Speriamo che sia veramente così.
Benedetto XVI, nel suo Messaggio per oggi, afferma che “la povertà risulta sovente tra i fattori che favoriscono o aggravano i conflitti, anche armati. A loro volta, questi ultimi alimentano tragiche situazioni di povertà”. Preghiamo per la pace anche dove i cristiani sono perseguitati, come in India, in Iraq, e in tanti altri luoghi del mondo.
2 gennaio 2009: Farim
Rientrato a Farim, passo il pomeriggio a rileggere i biglietti di saluti che mi avete consegnato prima della partenza dall’Italia. Li ho portati con me, e li custodisco con tanta attenzione. Li rileggo con calma, ad uno ad uno, pensando ai vostri volti, alle vostre storie, alle gioie e ai dolori vissuti assieme. Grazie amici. Grazie anche a quanti pregano per me, pur senza avermi scritto nulla.
Naturalmente, conservo nel mio computer anche tutte le email che mi scrivete. Ma queste, le posso leggere solo quando funziona il generatore. Devono ancora inventare delle batterie, per il computer, che durino 24 ore!

4 Gennaio 2009, Epifania del Signore: Bigene
Qui è così! La festa dell’Epifania si fa oggi! Il calendario civile non prevede le feste cristiane, a eccezione del Natale. Mi adatto, anche se non mi sento del tutto a mio agio nel celebrare, oggi, una festa che ho sempre celebrato, fin da bambino, il 6 di gennaio.

5 gennaio 2009: Farim
Riprendo lo studio della lingua locale, il crioulo. Per capire e per farmi capire, la lingua è strumento indispensabile. A Farim, nella tranquillità di questa casa dei missionari, trovo il tempo e il luogo adatti per lo studio. Mi chiedo quando finirò di studiare! Mi rispondo che la vita offre sempre pagine nuove da leggere ed assimilare!

6 gennaio 2009: Farim
“Tanti, tanti, tanti …”. Così iniziavano i miei saluti, in questo giorno, alle signore che entravano in chiesa negli anni passati. Non vorrei che qualche brava signora di Segezia si sentisse privata di questi famosi auguri! Allora: tanti auguri a tutte, befane finte e simpatiche, abituate a sorridere ad un parroco che vi prendeva in giro… Qui, in G-B, le befane non le conoscono: e così devo, per forza, pensare ancora a voi!
Dopo la S. Messa, mi fermo a guardare i bambini che vanno a scuola: stanno tremando dal freddo! Forse è la neve che è caduta in Italia: sta raffreddando anche l’Africa! Il termometro segna 21 gradi: è proprio freddo per gli Africani… (suggerimento: quando nevica nella tua città, regala quella sciarpa, che non usi mai, ad un Africano. Pensa a me e riscalda lui!).

7 gennaio 2009: Farim-Bigene
La mia missione in questa terra entra nel vivo. Parto al mattino presto da Farim per Bigene, e con suor Teresa ci rechiamo al villaggio di Tabajan. Dopo la pausa natalizia, riprende l’evangelizzazione nei villaggi. Per me si apre una nuova dimensione di apostolato, tutta da scoprire. Arriviamo al villaggio e le persone escono dalle loro piccole case per recarsi alla catechesi nella cappellina. La chiamano così, cappellina, ma non potete immaginare il mio stupore e la bellezza tutta naturale di questo “edificio”. Il tetto è un albero. Proprio così! E le pareti sono fatte di foglie di palma intrecciate. All’ingresso una croce, costruita manualmente con due legni intrecciati, e all’interno le panche sono già state portate dalle case dei cristiani. Il “pavimento” della cappellina è la semplice terra sabbiosa di questo luogo, ma si vede che qualcuno ha ripulito dalle foglie, spazzando il terreno. Questa è la cappellina. E gli abitanti del villaggio, quando vi entrano, si fanno il segno di croce con devozione. È il loro luogo sacro.
Arrivano circa trenta giovani e adulti, più i bambini. Nessuno di loro è battezzato: frequentano la catechesi settimanale organizzata dal catechista Uié nella loro lingua nativa, il balanta-mané. Rimango colmo di stupore per quanto vedo e ascolto. Pregano e cantano con partecipazione. Dopo l’introduzione e i saluti iniziali, suor Teresa si reca con alcuni catecumeni in un luogo a parte e Uié fa la catechesi di base. Tutto è ben collaudato. Chi partecipa con attenzione alla catechesi di base, può chiedere di diventare cristiano. Inizia quindi una catechesi specifica, chiamata catecumenato, e che dura normalmente tre anni. Poi potrà ricevere il battesimo.
Rimango ammirato da Uié: non comprendo quello che dice, ovviamente, ma intuisco che è ben preparato, si esprime con scioltezza e l’assemblea lo segue con ottima partecipazione. Usa il testo, scritto in crioulo, preparato dal servizio della catechesi diocesano. L’argomento che sta trattando è sulla felicità piena che ci è data dall’incontro con Gesù Cristo. Ogni tanto si gira verso di me, quasi per chiedere conferma di quello che sta dicendo a tutti, dimenticandosi che io sono l’unico a non comprendere le sue parole. Io gli dico sempre di sì, gli faccio cenno che va bene quello che dice, e lui è tutto contento!
Io sono più contento di lui: un catechista così bravo è un grande dono per la missione che il Signore mi chiede. Se non ci fosse, la comunicazione con le persone dei villaggi, molte delle quali non parlano nemmeno in crioulo, ma usano solo la lingua della propria etnia, sarebbe molto difficile, se non impossibile.
Al ritorno in Bigene, una grande sorpresa: sono iniziati i lavori per piantare una grande antenna per il collegamento telefonico! Le suore non si lasciano emozionare più di tanto: è la terza volta che inizia un’opera simile. Dicono di crederci solo quando vedranno sul cellulare le “tacche” della linea. Io, invece, ci credo: sono troppo ingenuo? Vedremo. Ma spero tanto che l’opera vada a buon fine: poter usare il telefono a Bigene, sarebbe una grande cosa per questa popolazione, e anche per me, che ho sempre piacere nel ricevere qualche telefonata.
Nel pomeriggio evangelizzazione a Bambea. Il gruppo è piccolo, ma attento. Qui non c’è la cappellina, ma è l’albero al centro del villaggio a fare da luogo di riunione. Rimango meravigliato da due anziani: un uomo e una donna, vestiti a festa (la suora che arriva nel villaggio è sempre un fatto importante!). Parlano solo in balanta-mané, e quindi sia gli interventi in portoghese che in crioulo non li comprendono. Ma stanno ugualmente attenti. Non capiscono, ma vogliono diventare cristiani. Che cosa starà dicendo il Signore dentro il loro cuore?

8 gennaio 2009: Bigene
Continuo la mia conoscenza delle comunità che ricevono l’evangelizzazione nei villaggi. Al mattino accompagno suor Merione a Talicò, e poi proseguo con suor Teresa per Facam. In questo villaggio si vede con chiarezza che cosa produce l’evangelizzazione. Non solo perché la comunità cristiana è già presente con alcuni battezzati e una decina di catecumeni, e si riunisce in una vera cappellina costruita con mattoni e tetto in lamiera, da cui pende un grosso rosario al centro della sala, ma anche perché vi sono gli orti coltivati. La catechesi è stata accompagnata dalla educazione sanitaria ed agricola, e si vedono i primi frutti. Vi è anche la scuola privata, organizzata dagli stessi abitanti del villaggio. È come se l’incontro con Cristo producesse una vita totalmente nuova, con nuovi interessi reali che gli altri villaggi non manifestano.
Un orto organizzato per la produzione dei pomodori e di altri prodotti, è come una manna dal cielo. Una scuola che educa sul posto i bambini, è la grande possibilità di superare le difficoltà della vita. Certo, non immaginatevi chissà quale scuola: è come la famosa “cappellina” di ieri: sotto un grande albero, con banchi fatti di canne intrecciate a mano. Ma c’è la lavagna, e soprattutto l’insegnante. Vi pare poco per queste parti???
Ritornando a Bigene, mi fermo dal nuovo amministratore civile del paese (sarebbe come il sindaco), che aveva chiesto di incontrarmi. Mi sembra una persona di buone intenzioni. Dopo le votazioni nazionali di novembre, che si sono svolte con tranquillità, ha ricevuto questo incarico. Persona intelligente, si è laureato in ingegneria a Burgos (Spagna). Desidera instaurare una collaborazione con me, con le suore e la comunità cristiana, per il bene e il progresso di Bigene. Potrebbero essere parole di circostanza: vedremo. Ma mi lascia una buona impressione.
Dice di aver parlato di me al Primo Ministro dello Stato (che onore!), affermando che a Bigene, ora che è arrivato il missionario dall’Italia, occorre aumentare le comunicazioni per continuare a sviluppare il paese. Quindi telefono e strade da sistemare: sono le opere primarie da realizzare. E sembra che, a suo dire, il Primo Ministro sia favorevole a queste opere. Incredibile: vuoi vedere che, per mia “colpa”, arriva il telefono e riparano le strade dalle innumerevoli buche??? Forse sto sognando…
Ma le belle novità continuano: nel pomeriggio ci troviamo con Jean Claude nel terreno della missione, per definire esattamente dove collocare la nuova casa. Finalmente si muovono i primi passi, dopo i lavori eseguiti per la progettazione. Assieme alle suore, definiamo il punto esatto. Ora aspetto di vedere l’inizio degli scavi!
Poi con suor Rosa vado al villaggio di Farea. La catechesi, nella cappellina fatta di mattoni, è tenuta dal catechista del posto, di nome Jamba. Suor Rosa si incontra a parte con i catecumeni. Jamba è tutto un sorriso disarmante nei miei confronti, e afferma che devo essere io a tenere la catechesi, sul Vangelo del giorno. Lui non può fare al posto mio… Insomma, detta tra di noi: mi incastra! E così accade che, senza volerlo, mi trovo a fare la prima catechesi. Ma non solo: è la prima volta che parlo in portoghese, senza aver preparato nulla. Jamba non parla italiano, e io sono costretto a mettere in pratica quanto ho imparato fino ad ora.
Mi direte: “Era ora…”. È vero. Però accade che in Curia si parla italiano, a Farim si parla italiano… Solo a Bigene si parla “brasileiro” (che non è il portoghese, ma non ditelo ai brasiliani, altrimenti si offendono…). È arrivato il momento. Costretto, ma con gioia, parlo in portoghese e Jamba traduce in balanta-mané. È fatta! Bastava l’occasione buona. E funziona!
Il Vangelo parla di Gesù che, nella sinagoga di Nazaret, commenta il profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me…”. Un brivido mi attraversa tutto il corpo. “Per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio”. Inizio a parlare dell’opera di Cristo nella nostra vita, e termino invocando lo Spirito Santo su tutta l’assemblea. Non ho il tempo per capire cosa accade nel cuore dei presenti. Vi assicuro, però, che io mi sento molto bene: la mia missione in Africa ha fatto oggi un grande passo.

10 gennaio: Farim
Pe. Carlo mi affianca ad un giovane professore della scuola parrocchiale. Si chiama Zandu. Con lui preparo la predica della domenica. Io leggo il Vangelo e le parti proprie del celebrante in lingua crioulo e lui corregge i miei errori di pronuncia. Sono contento che gli errori siano pochi. Questa è una lingua non ancora ben definita. Esiste un vocabolario, ed anche una grammatica, ma è una lingua in continua verifica, perché solo da pochi anni è scritta (pregevole il lavoro dei missionari in questo campo). È la lingua parlata dal popolo guineense, ma solo alcuni giovani la sanno leggere.
Poi passiamo alla predica: e qui sembra un giochetto. Io penso (ancora) in italiano e traduco in portoghese; Zandu ascolta e traduce in crioulo; io scrivo in crioulo e Zandu corregge al momento i miei errori. E così è fatta la mia prima predica in crioulo! Vi piace? Beh, non ve la scrivo. Se volete sentirla, passate per Bigene domenica prossima!!! Ma non preoccupatevi: io le faccio corte, le prediche. E in criuolo, ancor più corte!

11 gennaio, Battesimo del Signore: Farim-Bigene
Al mattino presto parto per Bigene, e lungo la strada incontro alcune persone che mi chiedono il passaggio per la S. Messa. Loro mi conoscono, mi chiamano per nome, ed anche io ricordo alcuni di questi volti incontrati nelle evangelizzazioni. È una gioia iniziare a riconoscere i cristiani: sono una minoranza, il 15% della popolazione. Ma è proprio bello fermarmi a raccoglierli: segezia si riempie.
Alla sera c’è grande gioia in casa delle suore. Forse è perché ho fatto la prima predica in lingua locale, un altro bel passo nella mia missione. O forse perché la predica era proprio corta… E decidono di riprovare con la pizza. Questa volta suor Rosa ci mette più attenzione, come se avesse ascoltato il suggerimento che Tonino Russo mi aveva fatto al telefono: “Dicci alla suora che, quando sta in cucina, si stesse attenta alla pizza, e non a te!”.
Ottimo consiglio, e ottima pizza! Grazie Tonino. Certo, non c’è la mozzarella fresca di Battipaglia (il formaggio non esiste proprio, da queste parti), ma vi assicuro che il pomodoro c’è: è una autentica pizza falsa, molto gustosa e saporita. Evviva il crioulo!

12 gennaio: Bigene
Passo la giornata nell’organizzazione delle schede per le adozioni dei bambini. Sono 32 le famiglie di amici e conoscenti che hanno aderito a questa proposta: aiutare un bambino a frequentare la scuola delle suore Oblate di Bigene. Fotografo i bambini, trasporto le foto nel computer, colloco le foto nelle schede predisposte con i nominativi e alcune altre informazioni, e domani spero di poter spedire via email, da Bissau. Mi sembra che il lavoro sia riuscito bene. Ma, soprattutto, 32 bambini possono frequentare la scuola: questa è una grande cosa!
A pranzo le suore preparano le penne al sugo: buone! Osservo la confezione: questo tipo di pasta la conosco molto bene, è la stessa qualità di pasta che distribuivamo nel campo di accoglienza. Un tipo di pasta che gli Italiani non mangerebbero, perché non è particolarmente lavorata. Gli immigrati, invece, la mangiavano molto volentieri. Deve essere arrivata in G-B in qualche container, e poi distribuita alle missioni. Ed io, adesso, sono un immigrato! Come è strana la vita, vero? Vi assicuro che, qui a Bigene, questa è un’ottima pasta!

13 gennaio: Bigene-Bissau
Viaggio rapido a Bissau con suor Mires e alcuni giovani. Per strada, ascoltando la radio diocesana “Sol mansi”, apprendiamo con precisione della tragedia che è accaduta domenica pomeriggio: una piroga che collega l’isola di Pecixe con la terraferma, per le forti correnti oceaniche invernali, e forse anche per il carico di persone e materiale non controllato, si è capovolta. Il bilancio parla di 72 persone morte in mare. Non è la prima volta che accade. E, probabilmente, la notizia non esce nemmeno dai confini nazionali.
Alle tre del pomeriggio, quando accendono il generatore della corrente elettrica in Curia, sono già pronto per collegarmi ad internet e spedire le adozioni. Ma non è giornata! La linea di internet continua a interrompersi. Riesco a spedire due, tre email all’ora. Alle undici di sera, quando il generatore si spegne, non ho ancora terminato di spedire le schede delle adozioni.
Cari amici, questi inconvenienti accadono normalmente a Bissau, e mi costringono a certe attenzioni. Vi prego di comprendere bene due cose: le mie risposte alle vostre email sono molto sintetiche, per rispondere subito, quando è possibile (le notizie le avete dal diario); e poi cercate di non spedirmi allegati troppo voluminosi, perché rischio di non poterli aprire, o addirittura si blocca la linea internet. Grazie della collaborazione!
Le difficoltà di collegamento mi procurano il tempo per una buona conversazione con il Vescovo, che desidera conoscere le mie prime impressioni sulle attività pastorali a Bigene, e con Giusi, che sempre più si addentra nella collaborazione con Pe. Giancarlo, nell’Economato Diocesano.

15 gennaio: Bigene
Incontro imprevisto e sorprendente con il dottor Agostinho Sambu. Nativo del villaggio di Bambea, nel territorio di Bigene, ha potuto laurearsi in medicina a Verona, ospite del “don Bosco”: lo stesso istituto dove io ho fatto il liceo. Quando si dice che il mondo è piccolo… Abita stabilmente a Verona (che bella città!), ed è ritornato a Bigene, dopo tanti anni, per la morte della mamma. Afferma che trova Bigene “ferma”, se non peggiorata, rispetto agli anni passati. Durante il periodo del colonialismo portoghese, e per alcuni anni dopo l’indipendenza, tutti i bambini andavano a scuola. Oggi non è così, molti bambini non vanno a scuola e rimangono analfabeti, e questa assenza di istruzione lascerà il popolo guineense nella miseria. Rimango stupito dalle sue affermazioni.

16 gennaio: Bigene
Altra giornata che riempie il cuore di gioia e di pace. Accompagno le suore alla evangelizzazione settimanale nei villaggi di Suar, Liman, Jambam e Bucaur. Grande accoglienza in tutti i villaggi: sono felici, e si vede, di conoscermi e di poter continuare, anche con me, il cammino che porterà al battesimo.
Ma a Bucaur, a pochi metri dal confine con il Senegal, la scena che si presenta ai miei occhi è da far venire la pelle d’oca. Il villaggio è grande, alcune persone sono davanti alle loro casette. Parcheggio segezia all’ombra e ci dirigiamo a piedi verso un grande albero, al centro del villaggio. Cammino guardando il pozzo dell’acqua collocato su un lato della stradina, e all’improvviso comincio a sentire un canto, eseguito sottovoce, quasi per non disturbare. Alzo gli occhi: sotto l’albero sono un centinaio di persone, tutte in piedi, con i piccoli seggiolini ricavati dai tronchi d’albero allineati ai loro piedi. “N’fia na Sinhor, n’fia na Jesus. Tudu nha bida sta na si mon”: “Ho fede nel Signore, ho fede in Gesù. Tutta la mia vita è nelle sue mani”. Così cantano! E non sono ancora battezzati! Provo emozioni forti e piene di contrasti: da una parte è come se mi sentissi schiacciato dalla loro fede, dall’altra parte sento che hanno bisogno del missionario per crescere nella fede.
Ripenso agli “Atti degli Apostoli”, dove si descrive l’azione dello Spirito in coloro che ascoltano gli apostoli, ancor prima di ricevere il Battesimo. Mi sembra che sia così. Sono convinto che lo Spirito stia già illuminando i cuori di questi uomini, donne, giovani. E lo Spirito di Dio sta orientando le loro scelte verso una conversione serena, desiderata, attesa. Avevano chiesto alle suore di iniziare la catechesi della chiesa cattolica. Hanno atteso due anni: non c’erano forze sufficienti per arrivare in questo villaggio. Da tre anni è iniziato il percorso pre-catecumenale. Alla domenica si riuniscono nella scuola dei bambini e, da soli, organizzano la preghiera.
Mi guardano con grande curiosità e grandi sorrisi: finalmente, quando sarà finita la casa per i missionari, avranno il loro pastore stabile a Bigene. Io li vorrei abbracciare ad uno ad uno: per voi ho lasciato tanti amici in Italia; per voi, che volete entrare nel regno di Dio, ho lasciato la mia terra.
Grazie, carissimi nuovi amici. Grazie di esserci, e di essere così.
Ma la giornata contiene ancora una grande sorpresa. Il dottor Agostinho, rientrato per la morte della mamma, mi invita al suo villaggio, Bambea, per assistere al “toka tcur”. Sono incuriosito da questa antica cerimonia tradizionale, che vuole esprimere la presentazione di un defunto a Dio, fatta dai familiari, dagli amici e dai conoscenti. In realtà, è una grande festa della comunità umana.
Arrivo nel tardo pomeriggio. I tamburi guidano continuamente il ritmo delle danze collettive. È il momento delle donne anziane. Tra di loro c’è anche la sorella della defunta: danzano e cantano, tutte assieme, muovendo i passi con armonia. Può sembrare assurdo, quasi irreale. Donne anziane che ballano e che insegnano alle giovani come si balla. Potrebbe sembrare una scena ridicola. Invece stanno ringraziando il Dio della vita, che ha permesso alla defunta di percorrere una lunga esistenza (60 anni, da queste parti, sono tanti!).
Quante cose sto imparando! Quando muore un bambino, un giovane (e succede spesso, purtroppo) ha senso piangere e dispiacersi, esprimere ai familiari il nostro dolore. Ma quando muore un anziano, qui si balla di gioia: ha potuto percorrere tutta la sua vita, ha superato tutti i pericoli e le avversità di questa terra, perché piangere? Si deve ballare, e dire così il nostro grazie al Dio della vita.
Questa sera c’è solo l’antipasto della festa: domani si ammazza il bue e ci sarà cibo per tutti. Che bella coincidenza: anche al mio paese nativo, Cervarese S. Croce (Padova), si fa la festa patronale e si ammazza un bue!
I tamburi non si fermeranno per tutta la notte. Che giorno meraviglioso: ti ringrazio, mio Signore. Con il Salmo, anch’io affermo: “Lodate Dio per la sua immensa grandezza, lodatelo con il suono del corno, lodatelo con l’arpa e la cetra, lodatelo con tamburelli e danze, lodatelo con cimbali squillanti. Ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia”.

17 gennaio: Bigene - Farim
Quando mi sveglio al mattino, chiedo al Signore: e oggi? Cosa mi farai vivere di nuovo oggi? E così inizio la mia giornata tranquilla: caffè, lodi, S. Messa, colazione, preparo la valigia piccola, carico segezia di altre cose da portare a Farim…
Suor Rosa mi ferma: c’è da dare un passaggio ad una signora con il suo bambino. Va bene, non c’è problema. Mi avvicino alla signora, seduta nel cortile. Ha gli occhi spaventati. È venuta alla missione per cercare aiuto: ha partorito ieri due gemelli, uno è morto. Suor Rosa fa provvista di cibo e vitamine per lei. Le procura anche delle medicine. Poi sto per partire, e chiedo che mi faccia vedere il bambino: mamma mia! è piccolissimo! Ma siamo matti? 20 chilometri di buche con una mamma che ha partorito ieri e un bambino che ancora non apre gli occhi? Suor Rosa mi richiama alla realtà: “Vuoi che li faccia in bicicletta?”. Mi dico una bella Ave Maria e partiamo.
Piano piano. Pianissimo. Tiro fuori, dalla mia mente, tutte le esperienze da ginecologo… Ricordo bene quando ho collaborato, in prima persona, a qualche parto: chiamando l’ambulanza perché qualche mamma stava per partorire al “campo di accoglienza”! Direi che è pochino, è tutto qui! E se si sente male? Cosa faccio??? Claudio, perché non sei qui???
Con la mamma e il bambino che più bambino non si può, è salita anche un’altra signora, sua amica, e la bambina di un anno. Io cerco sempre di guardare sullo specchietto retrovisore, e di percepire qualsiasi segno che possa farmi capire come stanno mamma e figlio. Non riusciamo a comunicare, perché non conoscono il crioulo. Forse sono di etnia mandinga. Piano piano, segezia arriva ai villaggi che sono sulla strada verso Farim: Tabajan, Talicò, Sambuia Ndin, Simbor 1, Buborim. Dopo Buborim, ultimo villaggio del territorio di Bigene, si gira sulla destra. Io sempre piano… Un primo villaggio, un secondo. La strada si fa sempre più stretta. Poi, finalmente, mi indicano di fermarmi all’ultima casa.
Scendiamo: è fatta! Ora la giovane mamma ha un volto più disteso e sereno. Tutte le donne escono dalle case per salutarla, e guardare il bambino. Gli uomini, invece, escono per guardare me! Con grandi sorrisi e strette di mano, mi fanno capire che sono molto contenti e ringraziano. La festa è grande per tutti. Anche i bambini corrono, e si aggrappano alle mie mani. Io mi giro e guardo segezia: brava, ce l’abbiamo fatta. Tu sei stata comoda ed accogliente, io sono stato leggero sull’acceleratore: due ore e mezza per 20 chilometri. Se non fossi coperta di polvere, ti darei anche un bacio!
E Tu, lassù? Quando ti dico “di nuovo”, non intendo dire un bimbo di un giorno!

18 gennaio, II domenica ordinaria: Farim
In questa domenica rimango a Farim: Pe. Carlo desidera presentarmi alla parrocchia, e spiegare il motivo della mia presenza nella casa della missione. Questa è una delle prime parrocchie della G-B, fondata alla fine del secolo XVII. Era punto di collegamento, con il porto sul fiume Cacheu, verso il territorio del nord e verso il Senegal.
La comunità è vivace e ben partecipe alla celebrazione della S. Messa. Poi proseguo con Pe. Carlo verso la missione di Mansabà, sulla strada per Bissau, oltre il fiume. Questa missione assomiglia a Bigene, però qui le strade sono asfaltate.
Di ritorno, terminato l’attraversamento del fiume con la canoa, mi accorgo che un simpatico e indisturbato coccodrillo si sta prendendo il sole invernale sulla riva del fiume. Sta bene, lui! Sembra che stia facendo la digestione, è immobile. E chi vuoi che vada a disturbarlo??? Sul cielo di Farim gli avvoltoi volano basso: forse aspettano il momento opportuno per terminare gli avanzi del pranzo del signor coccodrillo!

Cari amici, mi fermo qui, da questo paese pieno di vita e di ricerca di Dio. Non senza lasciarvi, però, una grossa novità: vi devo comunicare che avete tutti una nuova amica, e che vi vuole bene! E vi manda pure i baci!!! Non fatevi pensieri strani: la signora Rosanna, da Foggia, è una brava cristiana e, da quando legge il mio diario, afferma che “frutto di queste letture è sentirmi ormai parte della bellissima famiglia di don Ivo, amica degli amici di don Ivo, di cui sto imparando anche i nomi che spesso citi, voglio bene anche a loro come a te. Un bacione a te e agli amici del mio amico (tu) che ora sono anche miei amici”.
Buone notizie per tutti, dunque. Io ringrazio ogni giorno il Signore per quanto mi dona e per la salute che è ottima. State bene anche voi, con il Signore sempre!

Pe. Ivo Cavraro, Curia Diocesana – Missão de Begene, Av. 14 de Novembro, apartado 20
1001 Bissau Codex, GUINE'-BISSAU
email: ivocav@yahoo.it tel: 00245.6544756 spedisco questo diario il giorno 23 gennaio 2009 via email

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