La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati

La missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati
Il territorio della missione di Bigene: 58 villaggi su 300 km quadrati, a nord della Guinea-Bissau e confinante con il Senegal.

19 settembre 2012

Diario 19: L’essenziale è (in)visibile agli occhi

“L’essenziale è (in)visibile agli occhi”
Diario dell’esperienza in Guinea Bissau
17 agosto - 09 settembre 2012

La vita è un viaggio e come tutti i viaggi segue un percorso già tracciato al momento della nostra nascita, un percorso che ci si rivela giorno dopo giorno, e dalla cui scoperta traiamo la forza che ci spinge ad andare avanti.
La vita è anche incontri, molti dei quali ci accompagneranno quasi per tutto il viaggio, altri si fermeranno con noi solo per un pò, di qualcosa conserveremo solo un suono o un profumo.
Qualcuno ci regalerà un sorriso, qualcun’altro ci strapperà una lacrima.
Ma quando la nostra meta sarà visibile all’orizzonte, guarderemo con tenerezza e comprensione ogni tappa di questo magnifico viaggio.
Si sa anche che ogni viaggio inizia con un piccolo passo, ed è così che il 17 agosto 2012 partono per la Guinea Bissau, insieme a don Ivo Cavraro, missionario “fidei donum” della Diocesi di Foggia-Bovino, 9 giovani volontari (5 pugliesi e 4 veneti) per vivere (o rivivere) l’esperienza della Missione di Bigene.
Seguono appunti di viaggio e spunti di riflessione registrati da una telecamera virtuale che ha ripreso i momenti belli e non della loro esperienza africana, proponendo una seria revisione della propria vita attraverso la condivisione con una popolazione povera ma dalla sorprendente vitalità.

Venerdì 17/08 “L’incontro”
Il grande giorno è arrivato: si parte per la Guinea Bissau per vivere (o rivivere come per me e don Marco Camiletti) l’esperienza della missione di Bigene.
Da Foggia partono insieme a Pe. Ivo Cavraro, il sottoscritto, don Marco Camiletti (sacerdote ed educatore del Seminario diocesano di Foggia), Romana Maggio, per gli amici Romy, docente di discipline pittoriche, Viviana Cocomazzi, logopedista, e Michele Caputo, seminarista a Molfetta (Ba).
Dal Veneto invece Alessandra Cavraro, studentessa di Giurisprudenza, suo cugino Riccardo, laureando in Filosofia, Aurora Smiderle, studentessa di Farmacia e Guido Gasparetto, di professione gommista.
Il gruppo si compatta in quel di Lisbona da dove alle ore 22:10 locali (le 23:10 in Italia) parte per la Guinea Bissau.

Sabato 18/08 “La forza del silenzio”
Sono circa le 2 di notte ora locale (le 4 in Italia) quando tocchiamo terra guineense: il primo impatto è come sempre molto caloroso.
Ritirate le valigie, per fortuna arrivate con noi, ci rechiamo in Curia per riposarci qualche ora, prima di tuffarci nella nostra esperienza africana.
Al mattino, tutti puntuali ed adrenalinici, dopo colazione ci incamminiamo con Pe. Ivo verso la nostra prima tappa: l’Hospital do Mal de Hansen di Cumura, a pochi km da Bissau.
Cumura significa “terra maledetta”: ma proprio qui, in questa landa coperta da vegetazione tropicale, i francescani nel 1955 hanno costruito il loro centro più importante, un polo di attività che ha ridato speranza all’intera Guinea Bissau, sopperendo in gran parte alle carenze sanitarie dell'intero Paese.
Cumura è cresciuta non in base ad un progetto, ma alle necessità crescenti che si sono presentate nel corso degli anni.
Tutto cominciò con la cura dei lebbrosi, che prima venivano confinati da queste parti come in un lazzaretto.
Il fondatore di Cumura, Mons. Settimio Arturo Ferrazzetta, francescano, 1° Vescovo della Guinea Bissau, sarebbe orgoglioso di vedere oggi lavorare come api nell’alveare i suoi confratelli italiani ed i loro colleghi portoghesi.
Tra questi ultimi, Padre Victor Henriques, originario di Torres Novas (Portogallo), che sentì la chiamata di Dio quando era al II anno di Medicina a Lisbona, rendendosi conto che il suo destino era quello di essere medico e sacerdote missionario, tanto da entrare nell’Ordine Francescano nel 1982, e conseguire la Laurea in Medicina Tropicale nel 1986.
La vita lo riporterà a Cumura, dopo una precedente breve parentesi, a curare i mali del corpo e quelli dell’anima.
A Cumura, opera anche Suor Maria Valeria Amato, siciliana, dell’Ordine delle Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria, in Guinea Bissau da ormai 24 anni.
Durante la guerra civile ha prestato soccorso sia alla popolazione civile che ai guerriglieri operando chirurgicamente anche a lume di candela.
Cumura è un luogo d’amore, dove si avverte la presenza silenziosa della Chiesa, dove i piccoli gesti e le semplici parole, aprono gli occhi ed il cuore alla speranza, alla forza di operare per il bene.
Inoltre in questo luogo ricevi molte risposte, ed hai la conferma che nulla accade per caso, e che un pezzo del tuo cuore, del tuo amore è qui… rientrando dopo 3 anni a “Casa Bambaran” a Bor, l’orfanotrofio ristrutturato ed ampliato dagli “Amici del Terzo Mondo” di Peschiera Borromeo (Mi), conosciuti a Bissau nel 2009.
"Casa Bambaran" ospita bambini orfani o che hanno subito maltrattamenti in famiglia, cercando di far ritornare il sorriso a questi bimbi aprendogli nuovi orizzonti, restituendo loro la possibilità di sognare un mondo diverso dove l'amore, la protezione e il rispetto dei loro diritti è possibile.
All'interno della grande famiglia di “Casa Bambaran”, esiste un gruppo di bambini molto speciali... Sono bambini che soffrono di malattie neurologiche, ritardo psicomotorio, malformazioni, sindrome di down.
Molti di questi bambini sono recuperabili, ma in Guinea Bissau non vi è una struttura adatta ad offrire loro una qualità di vita migliore.
Il «Bambaran» è uno dei simboli dell'Africa, ovvero quella striscia di stoffa sottile e colorata che le mamme in Guinea Bissau utilizzano per trasportare i figli e che segue il bambino per la sua intera vita.
Metaforicamente, “Casa Bambaran” avvolge e si prende cura dei meno fortunati, dei dimenticati, sottolineando che l'amore del prossimo è il primo segno dell'amore di Dio.

Domenica 19/08 “La forza della natura”
Il mio 38°compleanno coincide con il viaggio verso Bigene: odori, suoni e colori in itinere, sono il regalo più bello che questa terra ti possa fare.
Il tempo sembra essersi fermato o addirittura non esistere: dinanzi a te si spalanca una finestra su di un mondo di desolante povertà, in cui però spicca la sorprendente cordialità e vitalità del popolo guineense.
Facciamo una breve sosta nel villaggio di Liman lungo la strada per Bigene: qui ci aspettano il 24 per l’inaugurazione di un pozzo e della chiesa.
Dopo più di 3 ore, arriviamo a Bigene ed il pranzo dalle suore termina con una piacevole e dolce sorpresa: una torta per il mio compleanno e per quello di Romy: Suor Rosa non si smentisce mai!
Dopo pranzo ci sistemiamo in “Casa Foggia” ed in “Casa Italia”, ed alle 19 andiamo a messa nella Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, dove canti e balli tradizionali sono il benvenuto della comunità locale.
Pe. Ivo ci presenta ad uno ad uno, i nostri nomi vengono ripetuti e memorizzati, e per ognuno di noi viene riservato un toka palmu (battito di mani), segno di accoglienza e riconoscenza.
C’è anche una bella notizia da dare: l’arrivo a Bigene di don Marco, come fidei donum nella prossima primavera.
Potete immaginare la contentezza della comunità… e questa volta il toka palmu è più fragoroso e ritmato .

Lunedì 20/08 “La forza dei sogni”
Suor Rosa ci accompagna in visita alla scuola della missione di Bigene, retta dalle Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù, che ad oggi conta circa 250 bambini, anche di religioni diverse.
La mia mente vola al Progetto “Metti in luce Bigene”, (conclusosi ad aprile 2012 che ha portato l’energia elettrica, attraverso l’impianto fotovoltaico presente sulla casa del missionario Pe. Ivo, al Centro Nutrizionale, alla Chiesa ed alla scuola della missione), osservando le ventoline da soffitto che nel tempo delle lezioni e nelle giornata calde, assicurano il giusto refrigerio ai piccoli amici, futuro di questa terra.
Inoltre con l’arrivo dell’energia elettrica, possono tenersi corsi serali di alfabetizzazione per le donne, impegnate la mattina a lavorare nella bulanha. (risaia)
Prima di pranzo, Joaquim, infermiere presso il Centro Nutrizionale, nonché nostro professore di lingua locale, ci avvisa che alle 16 ci sarà la prima lezione di criolo e cultura locale: senza comunicazione si fa poca strada.
Durante la lezione viene a trovarci Albino, catechista del villaggio di Bambea per darci il benvenuto ed invitarci nel suo villaggio nella quarta feira. (mercoledì)
La presenza di Albino ci da la possibilità di chiedergli qualcosa sulla sua etnia e soprattutto del fanado, il rito di iniziazione che trasforma un ragazzo in uomo.
In serata, dopo cena, è il tempo della prima condivisione sociale su questi primi giorni, ma intensi, della nostra esperienza: ascoltarsi è una reazione di base per conoscersi.

Martedì 21/08 “La forza del dialogo”
Di buon mattino, allaccio le mie Saucony ed esco per la prima corsa in terra guineense fino al villaggio di Quissir, passando per lo spettacolare scenario del laghetto delle ninfee: chissà cosa avran pensato le persone incontrate nel vedere un “Podista di Capitanata” ovvero un “Puffo” (soprannome dovuto alla nostra divisa sociale, di colore blu) zompettare sulla terra rossa…
Dopo colazione visitiamo il Centro Nutrizionale per il recupero dei bambini denutriti, dove viene garantito un supporto sanitario a mamme e bambini denutriti di Bigene e dei suoi 58 villaggi.
Joaquim illustra velocemente le attività del Centro ed inizia le visite di controllo come ogni martedì e mercoledì.
Oggi a Bigene si sarebbe dovuto tenere il “lumo” (il mercato settimanale), ma coincidendo con la festa di chiusura del Ramadan, tutto è rinviato.
Si opta per far due passi per Bigene, e Pe. Ivo si incammina verso la casa dello Chef di Bigene (capo villaggio mussulmano) per un saluto.
Qui le diverse religioni non sono motivo di contrasti e divisioni: se solo il mondo prendesse spunto…
Il capo villaggio ci fa accomodare sotto il grande albero fuori dalla sua casa, radunando tutta la sua famiglia.
Onorato della nostra presenza, ci ridà appuntamento al 27.

Mercoledì 22/08 “La forza della Parola”
Il nostro tabellino di marcia oggi prevede la visita al villaggio di Sidif Balanta, dove richiedono scuola e catechesi.
Un “omi garandi” (anziano) con forza e decisione sottolinea la necessità che i bambini studino ed i genitori si responsabilizzino di più provvedendo al pagamento dei professori.
La missione, dal canto suo, contribuirà con l’acquisto di sacchi di cemento per la costruzione di un locale adibito a scuola.
Le donne del villaggio invece richiedono la macchina per pilare il riso e rendere meno faticoso il loro grande operato.
Nel pomeriggio ci rechiamo, invitati da Albino, nel villaggio di Bambea, a pochi km da Bigene.
Qui sono presenti alcune persone che hanno ricevuto il sacramento del battesimo nel giorno della Pentecoste.
Anche in questa tabanka si avverte il desiderio di conoscere Cristo e di continuare il cammino di catechesi.
Un bel temporale africano ci da la sua benedizione, dicendoci che è ora di tornare a casa… per non correre il rischio di rimanere bloccati nel matu (foresta).
Torniamo a Bigene per una cena indiana: si proprio così, la gastronomia asiatica per il nostro palato grazie a Suor Susy, suora Oblata indiana, ora a Bigene.

Giovedì 23/08 “La forza dei sentimenti”
Oggi le ragazze sono dalle suore per aiutare alcuni bambini, tra cui Maio, un bambino di 11 anni, in cura per una tubercolosi, e con una seria lesione cerebrale che gli impedisce di vedere bene da vicino e di muoversi con libertà.
Avrebbe bisogno di un buon fisioterapista, che però in Guinea-Bissau non esiste.
Maio ha dalla sua, per fortuna, una forza di volontà ed un coraggio ineguagliabili, elementi questi, che costituiscono la migliore terapia per la sua vita.
Romy, Viviana, Alessandra ed Aurora han messo su, nel giardino della casa delle suore, un vero e proprio laboratorio didattico.
Lavoretti con la pasta di sale, palloncini colorati e giochi di gruppo per regalare sorrisi ai tanti bambini presenti.
A poco più di 500 metri, gli uomini di casa si dedicano al montaggio della cucina e delle zanzariere in “Casa Italia”.
Nella lezione di criolo di oggi si affrontano i temi della famiglia e del matrimonio (casamento) tradizionale, con la testimonianza di Joaquim, che sottolinea il cambiamento di alcuni usi e costumi tipici di questa terra, e delle etnie presenti.
Alla domanda sul numero di mogli, la risposta “una sola moglie…perché ho un solo cuore” raccoglie i nostri consensi all’unanimità, e mi da spunto per una riflessione sulla dignità del matrimonio, che però non brilla dappertutto con la stessa chiarezza, oscurata come è dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore, dalla poligamia (come in Guinea-Bissau) e da tante altre deformazioni.
Ma, essendo il bene della persona e della società umana e cristiana strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare, ne esco fiducioso.

Venerdì 24/08 “La forza delle tradizioni”
Alle 09.30 siamo nel villaggio di Liman: arriva il gran giorno per questa bella comunità, che ha atteso il ritorno di Pe. Ivo dall’Italia per inaugurare il pozzo (realizzato dalla Caritas tedesca) e il locale della nuova chiesa.
Prima la catechesi e gli incontri si svolgevano in un locale tipico di argilla che i ragazzi utilizzano come “discoteca”.
Sono i villaggi che chiedono, non c’è nessuna interferenza da parte della Chiesa e della missione, che contribuisce, come in questo caso, con l’acquisto di pannelli di zinco per la copertura e di chiodi per fissare la tettoia.
Tutto il resto è frutto della natura circostante e sono gli stessi abitanti del villaggio a provvedere.
Oggi per pranzo Neia, la domestica che aiuta Pe. Ivo, ci fa trovare un piatto tipico di questa terra: riso e mancara (crema di noccioline): standing ovation da parte di tutti noi, al punto da alzarsi per il bis!
Nel pomeriggio proseguono le lezioni di criolo e cultura locale, e Joaquim ci parla del suo “casamento” (matrimonio) tradizionale, raccontandoci dettagliatamente le modalità e la preparazione della “dote” da portare alla famiglia della ragazza.
Il matrimonio qui ha un sapore nettamente diverso: si basa su antichi rituali anche se questi appaiono sempre più in via d’estinzione, e resta in un certo senso “un affare di famiglia”.
Le decisioni relative al matrimonio, infatti, sono affidate ai capifamiglia che in molte etnie devono imporre ai figli i coniugi che ritengono convenienti e adeguati senza tenere conto della loro volontà.
Si potrebbe dire che piacersi, tra uomo e donna, è affar loro; sposarsi è affare delle loro famiglie.
Una cosa, comunque, appare certa e lontana dalla nostra cultura: i matrimoni tradizionali africani, implicano spesso celebrazioni lunghe e complesse che si protraggono per diversi giorni.
Lo sposo deve preparare una dote per la famiglia della sposa, per compensare la perdita della loro figlia, ed ogni elemento di tale dote ha un suo significato per la futura vita matrimoniale.
Nella cultura africana, il matrimonio non tocca soltanto i due sposi, ma è una alleanza che lega anche le due famiglie: gli sposi, così, vengono rassicurati e protetti dalle approvazioni delle famiglie che si impegnano a dare un sostegno continuativo alla nuova coppia.
La cultura tradizionale dipende essenzialmente dal concetto della famiglia e del gruppo etnico, ed il racconto di Joaquim ne è la riprova.

Sabato 25/08 “La forza della corresponsabilità”
Arriviamo nel villaggio di Saiam Balanta, situato sulla strada per Baro, in direzione del confine con il Senegal.
Incontriamo gli abitanti di questo villaggio, dove Pe. Ivo è venuto per la prima volta lo scorso anno.
Classica la disposizione a semicerchio sotto un grande albero.
Anche qui le richieste sono per la costruzione di una scuola e di una chiesa.
Si può iniziare con il discorso scuola, perché i bambini ne han bisogno, visto che facevano diversi km ed a piedi per raggiungere quella più vicina.
Inoltre i diversi furti registratisi ultimamente in questa zona, han fatto maturare la decisione di tenere i bambini sotto controllo nel proprio villaggio.
Più in là si potrà essere affrontato il discorso della costruzione di una chiesa, ovviamente dopo l’inizio di un cammino di catechesi.
Un “omi garandi” prende la parola e con responsabilità e autorevolezza dà il suo consenso a questo modus operandi degli operatori della missione.
Terminato l’incontro, partono balli tradizionali in nostro onore sulle note del balafon: per un africano suonare e danzare vuol dire comunicare.
La musica ed i balli travolgono anche noi… ma dopo 40 minuti alziamo bandiera bianca e dopo aver salutato ci incamminiamo verso il fuoristrada, dove a sorpresa troviamo 3 galline come segno di ringraziamento della nostra visita e delle copertine di pile portate alle donne anziane del villaggio.

Domenica 26/08 “La forza della comunione”
Ore 09.00 Santa Messa nella Parrocchia della missione di Bigene con canti e danze di questa terra ed un “Alleluia” cantata e suonata da noi italiani… che è tutto un programma!
Al termine della Messa partecipiamo all’incontro mensile di collegamento e formazione con catechisti, novatus ed animatori del settore di Bigene, coperto dalla catechesi ed evangelizzazione di Pe. Ivo e delle suore Oblate.
All’incontro sono presenti circa 50 persone, alcune delle quali han percorso diversi km a piedi o in bici per raggiungere Bigene.
Si fa il punto della situazione delle rispettive tabanke (villaggi) e degli eventuali problemi.
Al termine, Joaquim illustra alcune norme sanitarie da rispettare e divulgare nei propri villaggi: il tema di oggi è l’igiene.
Tutto questo a noi può risultare scontato, ma qui è di vitale importanza. Informazione e prevenzione sono però alla base di un futuro migliore.
Terminato anche l’intervento di Joaquim, si pranza tutti insieme all’esterno della casa della missione: il pranzo comunitario è costituito da riso con un pezzetto di carne, una fettina di cetriolo crudo e un pezzetto di patata al forno.
Un’esperienza di condivisione molto edificante, faticosa, ma vera e ricca sotto molti aspetti.

Lunedì 27/08 “La forza della pace”
Ci rechiamo all’incontro con il capo villaggio (chef) di Bigene all’esterno della sua abitazione.
Il discorso ad un certo punto cade sul ruolo che lo chef riveste in materia decisionale (problemi di confini nella bulanha; convivenza civile etc.) e sul rapporto con l’amministratore di Bigene, scelto dal Governo, mentre la figura del capo villaggio è tramandata di padre in figlio.
Fu infatti proprio il nonno dell’attuale capo villaggio, il primo mussulmano a trasferirsi a Bigene.
Oltre al suo ricordo, conserva anche uno strumento agricolo, che ha ereditato e custodito con amore.
Il messaggio che emerge da questo incontro è: vivere senza conflitto!
Se c’è un problema, ci si siede e lo si risolve: immaginate se questo messaggio fosse universale…
Dalle suore è arrivata suor Merione Vez, Oblata originaria del Brasile, che ci ha portato le tovaglie realizzate dalle donne con il sistema del “Tye-Dye”, ed i braccialetti e le collane preparati dagli adolescenti della missione.
Tutto è andato a ruba in pochi minuti: un aiuto economico importante per la comunità locale.
Oggi il pranzo è allargato: festeggiamo il compleanno di Pedro, uno dei figli di Neia ed Alfredo (catechista e professore della scuola pubblica di Bigene, guardiano della missione di notte).
Nel pomeriggio la lezione di criolo è tenuta dal “supplente” Pe. Ivo Cavraro: Joaquim è a Bissau fino a sabato per un corso di formazione presso la Caritas.

Martedì 28/08 “La forza dell’amore”
Ore 09.00 al Centro Nutrizionale con Suor Rosa che torna alla sua attività dopo un po’ di tempo.
In assenza di Joaquim verrà aiutata da Djamba e qualche altro operatore della missione.
Con Pe. Ivo andiamo ad acquistare 4 sacchi di riso (200 kg) con i fondi del Progetto “Alimenta un sorRISO”, e lo portiamo al magazzino del Centro Nutrizionale.
Alcuni restano a dar una mano a Suor Rosa, mentre altri con Pe. Ivo vanno al “lumo” (mercato settimanale di Bigene): un tuffo in un oceano di colori, profumi e sapori.
Non dobbiamo dimenticare il pensierino per la sposa: nel pomeriggio siamo di matrimonio nel villaggio di Djambam!
Il nostro sarto di fiducia ci consegna i pantaloni e vestiti tradizionali prenotati: non ci resta che indossarli ed incamminarci verso il villaggio.
Arrivati a Djambam dopo circa 30 minuti, la prima sorpresa: le spose sono due… e chissà come faranno con il nostro regalo, un panno di stoffa tradizionale.
Ad accoglierci ci sono il capo villaggio e tantissimi bambini, ai quali si uniscono anche i piccoli Maio, Denilson, Braima e Yordi, venuti con noi da Bigene.
Via alle danze, alle foto ed ai tanti sorrisi.
Un uomo ci mostra l’attrezzo ligneo usato per arrampicarsi sulle palme, mentre un altro seduto lavorava le foglie della palma a mo’ di imbuto da utilizzare per versare il vino di cadjù o quello di palma.
Arriva la seconda sorpresa, segno di riconoscenza per la nostra visita: l’ennesima gallina, che per mezzora condividerà con noi il viaggio di ritorno… provocando un po’ di agitazione al nostro Michele Caputo.
Ci mettiamo ai fornelli per la cena e per preparare penne, capocollo, funghi e caciocavallo (volgarmente definito “massa organica” dall’addetto alla sicurezza del check-in a Lisbona)… mentre un succulento gateau di patate si dorava nel forno.
Vi è venuta fame? Venite e vedrete… o meglio gusterete!
Dopo cena gli “Amici di Bissau” presenti si riuniscono in assemblea per delineare le linee guida del prossimo progetto denominato “Una scuola per tutti”, nato dall’amarcord liceale di Pe. Ivo con i suoi ex amici di scuola veronesi e che prevederà in linea di massima un sostegno scolastico alle scuole della missione di Bigene (costruzione, materiale scolastico, etc.).

Mercoledì 29/08 “La forza dell’evangelizzazione”
Oggi don José Camnate na Bissign, vescovo della Diocesi di Bissau, verrà a farci visita e si fermerà con noi a Bigene per due giorni: c’è molto da apprendere da questa persona e dal suo carisma.
Il programma di oggi prevede la visita a tre villaggi: Masasu, Djembacunda e Mansacunda ovest (verso il Rio Cacheu).
Prima tappa nel villaggio di Masasu: qui ci attendono gli abitanti della tabanka ed altre persone, tra cui lo chef di Libertè e quello di Djembacunda, oltre ai ragazzi venuti con noi che ci fanno da guida ed interprete.
Sotto il grande albero inizia la chiacchierata, e dall’analisi della situazione del villaggio, emerge che il professore della scuola locale non ha ancora ricevuto tutti i pagamenti.
Le richieste di questo villaggio sono le stesse ascoltate nei precedenti incontri: un nuovo pozzo ed una nuova struttura per la scuola e la catechesi.
Pe. Ivo incentra la sua risposta sul concetto di corresponsabilità: obiettivo primario è quello di regolarizzare le situazioni pregresse, solo dopo si può ragionare sul da farsi.
I franchi per il casamento e le feste si riescono a recuperare: perché non anche quelli per l’istruzione dei propri bambini, futuro della propria terra?
La risposta è unanime: massimo impegno e nomina di un responsabile per l’istruzione che tenga sotto controllo la situazione e prepari una lista con i nomi delle famiglie ancora inadempienti da consegnare a Pe. Ivo per conoscenza.
Seconda tappa nel villaggio di Djembacunda: ci spostiamo in questo villaggio, riaccompagnando il capo villaggio che era con noi a Masasu.
Davanti la sua casa, Pe. Ivo ricorda l’aneddoto della sua prima visita in questa tabanka: tutta la gente era già seduta, quando ad un tratto si vede arrivare, correndo, un uomo anziano che di lì a poco scopre essere il capo villaggio, e che prima di iniziare a parlare ha dovuto rifiatare per 15 minuti… (nb per i curiosi: lo chef è anziano ed era al lavoro nella bulanha).
Andiamo con lui a vedere il nuovo pozzo, che come quello di Liman è stato realizzato dalla Caritas della Germania.
Terza tappa nel Villaggio di Mansacunda ovest: percorrendo altri 800 metri nel profondo del matu (foresta) la strada finisce. Eccoci a Mansacunda ovest.
Il capo villaggio si fa attendere: è Manuel Kuadè, un reduce della guerra di liberazione e compagno di Amilcar Cabral, il liberatore della patria, un “omi garandi” per la Guinea Bissau.
In questo villaggio, Pe. Ivo venne una sola volta lo scorso anno ed il capo villaggio dopo una titubanza iniziale disse che era il primo uomo bianco che veniva in pace.
Con fare determinato e serioso, invita Pe. Ivo a prendere carta e penna per scrivere quanto avrebbe detto, perché lui non sarebbe vissuto per sempre e voleva assicurarsi che le sue parole, e quindi le sue preoccupazioni, fossero effettivamente ascoltate, che una volta morto ci sarebbe stato chi, al posto suo, si sarebbe preoccupato del villaggio e avrebbe potuto realizzare i suoi desideri, tra cui quello che i suoi ragazzi e le sue ragazze potessero iniziare a vivere e lavorare come noi occidentali perché siamo tutti uguali e abbiamo tutti gli stessi diritti.
Manuel è molto felice nel vedere il "colore chiaro" e il "colore scuro" assieme.
Analizza poi la situazione della sua tabanka, evidenziando la necessità di un ospedale e di riparare la scuola costruita ed arredarla con l’essenziale.
Lo chef chiede anche una chiesa, ricordando la prima e unica visita degli appartenenti alla “Chiesa Neo-Apostolica”, una confessione cristiana millenarista che nasce, in seguito allo scisma di Amburgo, in Germania nel 1863 come Missione universale cristiana e apostolica dalla britannica Chiesa Cattolica-Apostolica. (La Chiesa Neo-Apostolica si considera la continuazione della chiesa cristiana primitiva, e si caratterizza per l'accento posto sulla missione degli apostoli e sulla preparazione dei credenti alla prima resurrezione di Gesù, distinta dal giudizio universale).
Dopo il capo villaggio, prende la parola Albati Manà, responsabile dei giovani di Mansacunda ovest, il quale si fa portavoce della volontà comune di costruire la chiesa, volontà che presuppone il desiderio di iniziare un cammino di catechesi.
Dopo una verifica preventiva con le suore, sono certo che presto “Segezia”, la Toyota Hilux di Pe. Ivo, sarà parcheggiata all’ombra del grande albero del villaggio di Mansacunda ovest.
Alle 16.30 il capo villaggio di Bigene e l’amministratore, a sorpresa, raggiungono la casa della missione per comunicare un incontro di tutti i capi villaggi delle tabanke del settore di Bigene, fissato per lunedì 3 settembre, concernente direttive impartite dal Ministero della Salute in merito all’epidemia di colera scoppiata nella confinante Guinea Conakry.
Intanto Dom José è arrivato e ci aspetta dalle suore… oltre alla pizza di suor Rosa, che ci prende sempre per la gola!
Terminata la cena, il vescovo chiede ad ognuno di noi le motivazioni che ci hanno spinto in questo lembo di terra africana per vivere l’esperienza della missione.
Domani ci aspetta una giornata molto intensa… tutti a nanna!

Giovedì 30/08 “La forza della speranza”
Di buon mattino ci incamminiamo insieme a Dom José verso il villaggio di Talicò, sulla strada per Farim.
In questa tabanka, le persone desiderose di catechesi sono passate da 40 a circa 120 in un solo anno, ed hanno costruito ex-novo un locale per la chiesa e la catechesi.
Dopo il saluto di benvenuto ed un momento di preghiera condiviso, ci viene mostrato il locale adibito a scuola, con insegnanti mandati dal governo.
Le condizioni non sono delle migliori, poiché i baga baga (le termiti) hanno fatto molti danni visibili all’esterno, che rendono pericolante la struttura.
Si ritorna a Bigene, dove abbiamo un incontro con Dom José ed il suo carisma.
Il Vescovo di Bissau analizza la cultura tradizionale guineense, soffermandosi sulle religioni presenti e le credenze popolari, incentrate sul concetto di protezione. Anziani, giovani e bambini: tutti partono dalla tradizione. L’animismo oggi sta perdendo la sua forza, influenzato dalla modernità e dalla tentazione del materialismo. Si perdono cosi i riferimenti della tradizione religiosa.
Il discorso si sposta sulla politica: con l’indipendenza, lo Stato si impone come laico, come per dire che le religioni non esistono, togliendo riferimenti sicuri per l’etica.
Tutto questo oggi viene avvertito maggiormente, e costanti sono i conflitti politici.
Il ruolo della Chiesa tra le religioni tradizionali e la modernità, si sintetizza nell’aiuto alla conservazione delle cose belle della propria cultura, affinché i giovani le possano sfruttare al massimo. (Es. L’istruzione: la scuola non era prevista da nessun gruppo etnico).
Per costruire un avvenire migliore, bisogna guardare alla storia e confrontarsi con la modernità per fare le scelte più giuste che migliorino la vita.
La Chiesa nel suo processo di evangelizzazione non distrugge le tradizioni: nella sua missione, comunica ciò che c’è di buono in un popolo, in una cultura.
Il senso della vita deve essere uguale per tutti, ed è alle cose essenziali che si deve guardare.
Fino al 1994 la situazione politica mostrava una sorta di calma apparente.
Ma la scelta politica non è andata mai a braccetto con la organizzazione sociale.
Ad alimentare l’instabilità politica è la guerra “sotterranea” per il controllo del traffico di droga, le cui rotte, in arrivo dall’America Latina, attraversano l’ex colonia portoghese, considerata ormai un “narcostato”, per poi approdare in Europa.
Occorre creare le condizioni perché ciò avvenga, nonostante la mancanza della volontà politica di decidere sul da farsi e far nascere una nuova classe politica carismatica e capace di guardare lontano ed al bene del paese.
La più grande preoccupazione, sottolinea Dom José, resta la mancanza di dialogo politico per mettere da parte gli interessi personali.
E’ urgente, per il salto di qualità, formare i giovani con delle esperienze professionali (e ce ne sono in Portogallo, Spagna ed Italia), desiderosi di ritornare nel loro paese.
La Chiesa aiuterà il popolo guineense in questo cammino per far cambiare il quadro politico in positivo.
Dom José poi apre una piccola parentesi sulla colonizzazione portoghese, e sottolinea come ogni forma di colonizzazione non metta mai al primo posto lo sviluppo della popolazione colonizzata.
La Guinea-Bissau era un punto di passaggio per il Portogallo, a differenza dell’Angola e del Mozambico.
Non aveva le stesse infrastrutture, ed un paese che arriva all’indipendenza ad esempio senza istruzione, di strada potrà farne poca.
La mancanza di una scelta politica autonoma, trascinata dall’ideologia marxista, ha assunto un ruolo primario anche se in negativo in tutto ciò.
Per correggere questi errori dovranno passare molti anni, ma Dom José crede nella forza del suo popolo, e noi crediamo che qualcosa cambierà.
Nel pomeriggio facciamo visita al villaggio di Senker Bam, vicino Bigene, dove suor Rosa fa la catechesi.
Oltre alla stessa suora delicetana, anche Dom José ci accompagna nella scoperta di un’altra bella realtà, dove il capo villaggio è un reduce della guerra in Russia e ricorda con occhi profondi e sorriso quel periodo duro sotto tutti i punti di vista.
Alle 19 c’è la Messa e l’adorazione con Dom José: ad una celebrazione ed ad un’adorazione eucaristica al buio e con la sola fioca luce delle candele, non vi avevo ancora preso parte.
A Bigene può accadere anche questo, e come sempre nulla accade per caso.
L’essenziale che ti rende più vicino a Dio, non è più invisibile ai tuoi occhi, ma lo puoi piacevolmente toccare con mano.
La Parola di Dio che illumina e salva è destinata al cuore umano, lo tocca nell’intimo e lo trasforma.
Di qui la fondamentale importanza del silenzio, dell’attenzione vigile, della riverenza e della disponibilità interiore di fronte a Dio che si comunica: in una parola l’importanza della preghiera, dell’ascolto della Parola.
Tornati a casa, Neia ci accoglie con uno squisito piatto tipico di questa terra: la canja de galinha.
La gallina, fatta a pezzi e macerata in succo di limone, viene fatta soffriggere in olio, cipolla, aglio e piri piri (una polvere ottenuta dai piccoli e piccantissimi peperoncini), per poi essere portata a lessatura in acqua salata. Tolti i pezzi di gallina, il brodo così ottenuto viene filtrato e usato per (s)cuocere il riso.
Nel frattempo, si provvede a disossare e a sfilacciare la carne, che viene poi rimessa in pentola negli ultimi minuti di cottura. Buon appetito… ...la canja de galinha è servita!

Venerdì 31/08 “La forza del chapati…”
Dom José riparte per Bissau, e con lui anche Pe. Ivo e Viviana, che nella notte ha il volo per l’Italia: è tempo di saluti…
Ne approfittiamo per terminare alcuni lavori in “Casa Italia”, e per aggiornare la contabilità della onlus “Amici di Bissau”… ma intanto dalla casa delle suore si alzano profumi indiani: per cena suor Susy ci ripropone il “chapati”, tipica pietanza della cucina indiana, una sorta di pane che serve come accompagnamento al piatto principale, prodotto a partire da un impasto di farina integrale, acqua e sale, che viene schiacciato fino a formare una pizza del diametro di circa 12 centimetri e poi cotto su una piastra asciutta e molto calda, su entrambi i lati.
Nel pomeriggio tentiamo di visitare qualche abitazione tipica a Bigene insieme a suor Rosa, ma un bel temporale africano ci dice “a goccia alta” che forse è il caso di rincasare… e pure di corsa.
Correre è servito, prima di tutto per evitare di inzupparci a dovere, ma soprattutto per scoprire che oltre al “chapati”, sulla tavola campeggiavano le “paps”, altra prelibatezza made in India.
Vi evitiamo i commenti… perché le nostre bocche sono troppo impegnate.

Sabato 01/09 “La forza della condivisione”
Alle ore 9 ci aspettano per ripulire il giardino circostante la chiesa di Bigene: la componente maschile della nostra “avventura” si arma di zappa e rastrello per tuffarsi con piacere anche in questo tipo di condivisione.
Bambini, donne, ragazzi ed adulti lavorano con noi, trasmettendo gioia di vivere insieme.
Il lavoro della terra stanca, ed il pomeriggio “Morfeo” rapisce molti di noi… e solo un buon odore di caffè ci richiama nel salone, dove le ragazze erano indaffarate nel preparare i braccialetti tipici di questo angolo di mondo, mettendo in pratica gli insegnamenti mattutini di suor Susy.
Nel frattempo Pe. Ivo è tornato da Bissau, e con lui programmiamo la giornata successiva.

Domenica 02/09 “La forza della comunicazione”
La pioggia continua a cadere incessantemente: benedizione per questo popolo, considerando la siccità dello scorso anno.
Alle ore 9 Santa Messa nella chiesa della missione di Bigene, occasione per salutare e ringraziare la comunità che ci ha accolto fraternamente e donato tanta ricchezza interiore.
Ma con alcune persone avremo modo di relazionarci nel corso della settimana, quindi i saluti finali sono rinviati… anche perché per molti si tratterà di un arrivederci.
Terminata la messa, con Pe. Ivo, don Marco e Michele ci incamminiamo verso il villaggio di Farea, villaggio originario di Djamba.
La strada è quella per Farim, ma ad un certo punto tocca imboccare una deviazione che attraversa il matu fino alla bulanha prima del villaggio.
Proprio qui, per non rimanere isolati durante la stagione delle piogge, nel maggio scorso gli abitanti di Farea, con il contributo degli amici italiani della missione di Bigene, hanno costruito una strada nuova (più alta) che attraversa la loro risaia, utilizzando grossi tubi per far passare l'acqua della risaia da una parte all'altra della nuova strada.
La pioggia incessante, caduta tutta la notte, ha messo a dura prova l’affidabilità di questa nuova strada, al punto che il nostro Toyota Hilux si impantana nel fango, ed occorreranno le braccia e la forza di circa 15 persone del villaggio per rimetterlo su strada.
Si ritorna a Bigene perché il temporale è sempre in agguato.
Nel pomeriggio ci rechiamo presso la Radio Comunitaria di Bigene: due piccole stanze all’interno di un’ex casetta coloniale portoghese lungo la via principale di Bigene, da dove un gruppo di giovani trasmettono musica ed informazione dalle 18 alle 23, anche nelle lingue delle diverse etnie.
Tanta volontà, un generatore di corrente elettrica che funzioni… e si è in onda: anche la musica è un ottimo mezzo di comunicazione.

Lunedì 03/09 “La forza del destino”
Pronti per una lunga ed intensa giornata, ci incamminiamo di buon mattino in direzione Sanò 2, un villaggio situato a nord di Barro, dopo Saiam Balanta, al confine con il Senegal.
Lo scenario che si presenta ai nostri occhi è di quelli che ti restano dentro: la natura incontaminata ti travolge silenziosamente e ti conduce lungo le meraviglie del Creato. Non è un film o un documentario…
Arriviamo dopo circa un’ora a Sanò 2: anche per Pe. Ivo è la prima volta.
L’invito è arrivato da alcuni abitanti di questo villaggio presenti all’incontro di Saiam Balanta il 25 agosto.
Gli anziani del villaggio, assieme al capovillaggio e ad altre persone, chiedono una sola cosa: di essere evangelizzati dalla Chiesa Cattolica.
In un intervento, un giovane afferma la volontà di non voler rimanere indietro, e di mettersi alla pari degli altri villaggi (cristiani).
La scelta di seguire questo nuovo cammino è una scelta che va fatta in piena libertà.
Si dovrà pianificare l’evangelizzazione anche di questo villaggio, sentendo le varie componenti (suore, catechisti ed animatori).
L’arrivo di don Marco nella prossima primavera, è una benedizione per questa popolazione e per la stessa missione.
Tornati a Bigene, la squadra femminile armeggia in cucina per preparare una torta per suor Rosa, che domani compie gli anni.
La squadra maschile, dal canto suo, prepara il contrattacco a sorpresa per il giorno seguente.

Martedì 04/09 “La forza della dolcezza”
Oggi giornata libera a Bigene: si può fare un giro al mercato settimanale (lumo) o dare una mano al Centro Nutrizionale come ogni martedì, ma alla fine si riescono a fare entrambe le cose.
Acquistiamo altri 4 sacchi di riso (200 kg) e 4 contenitori di olio grazie al Progetto “Alimenta un sorRISO”, per rifornire il magazzino del Centro.
C’è anche il tempo per il contrattacco dolciario maschile, che sforna una ciambella aromatizzata al limao con tanto di decorazione di anacardi caramellati per valorizzare le bontà locali.
Suor Susy ci fa trovare sulla tavola un ottimo riso indiano, pesce alla brace, delle melanzane e del purè. Il dolce, vi ricordate, lo portiamo noi!
Si può festeggiare il 61°compleanno di Suor Rosa Bonuomo, una piccola Oblata dal grande cuore,
al servizio del prossimo, a Bigene da oltre 15 anni.
Vi chiederete com’è andata la sfida dolciaria? Un pari che accontenta tutti, ma che soprattutto regala tanti sorrisi alla festeggiata ed a tutti noi.
Nel pomeriggio alle 16.30 il pursor di criolo ed il supplente-assistente Pe. Ivo Cavraro procedono con le interrogazioni… ma il sottoscritto presenta certificato medico e salta il turno. Domani alla prova scritta ci rifaremo…

Mercoledì 05/09 “La forza della fede”
Ha piovuto tutta la notte, quindi la nostra visita al villaggio di Bucaur, ad 8 km da Bigene, salta.
Il Centro Nutrizionale è aperto, e nel nostro piccolo si cerca di dare una mano.
A distanza di una settimana, arriva per il controllo Fatuma Turè, una bambina denutrita di 14 mesi, del villaggio di Santancoto, del settore di Farim.
Il suo peso, calato di 250 gr in una settimana, è di soli 3,150 kg.
Si rende urgente il trasferimento della bambina nel piccolo ospedale di Ingorè, dove opera suor Romana Sacchetti. (74 anni, romana, dell’Istituto Suore Adoratrici del Sangue di Cristo, missionaria in Africa da 43 anni, 33 dei quali trascorsi in Guinea Bissau).
Le cure mediche necessarie per la piccola Fatuma saranno sostenute dalla missione, attraverso i fondi del Progetto “Alimenta un sorRISO”.
L’ostacolo maggiore, sembra convincere i genitori della bambina, che hanno già perso due figli, e sono già ricorsi alle cure tradizionali del curandero (una sorta di guaritore saggio secondo le credenze delle società animiste).
L’amore materno di suor Rosa e l’attenzione mirata di Pe. Ivo sono la forza e la speranza per guardare avanti e curare anche questa piccola creatura.
Le visite al Centro Nutrizionale riprendono normalmente: oggi ci sono donne in gravidanza e lattanti.
A pranzo sono con noi Joaquim, le sue due bambine e due nipoti: un altro momento di condivisione ed allegria a pochi giorni dal nostro ritorno in Italia.
Nel pomeriggio Pe. Ivo ci comunica che la bambina denutrita di questa mattina è arrivata ad Ingorè, ma fino a lunedì non c’è posto: si fermerà da conoscenti, con un monitoraggio mattutino in ospedale, e poi sarà ricoverata presso la struttura sanitaria di Ingorè.

Giovedì 06/09 “La forza della preghiera”
La pioggia mette a rischio il nostro viaggio di domani verso Bissau, da dove alle 02.20 locali dovremmo prendere l’aereo per Lisbona.
La situazione non è delle migliori: già a Indaià, la prima tabanka dopo Bigene, la strada è impraticabile.
Si cercano sacchi (da riempire con della terra) per rendere più agevole il passaggio.
Dopo pranzo Pe. Ivo, don Marco, io e Michele facciamo un sopralluogo appena fuori Bigene, armati di pale e volontà.
Nel nostro piccolo cerchiamo di far qualcosa con delle grosse pietre per rendere meno scivoloso il passaggio, mentre don Marco brevetta il “sistema bacchetelle” testate il giorno dopo, ma sparite poi al ritorno di Pe. Ivo a Bigene.
Camiletti Ministro delle Infrastrutture della Guinea Bissau: che ne dite?
Il nostro ritorno a Bigene coincide con una triste notizia che lascia l’amaro in bocca: Fatuma, la bambina denutrita di 14 mesi non ce l’ha fatta ed è salita in cielo.
Un altro angelo di questa terra che in punta di piedi si invola verso la Casa del Padre e che veglierà sugli altri bambini denutriti nella speranza che ricorrano subito alle cure necessarie del Centro Nutrizionale o di altre strutture missionarie.
Di fronte ad una notizia del genere resti senza fiato e senza parole, ma il tuo cuore ti grida ad alta voce che bisogna continuare ad operare per il prossimo e trasmettere speranza.
Una piccola preghiera, un piccolo gesto e la Provvidenza divina… possono essere di grande aiuto alla missione di Bigene affinché possa fare sempre il possibile per salvare altre vite innocenti.
Si avvicina l’ora di preparare le valigie e la nostra esperienza missionaria sta per terminare, ma la cara suor Rosa ha pensato bene di prepararci la sua squisita pizza per l’ultima cena a Bigene!

Venerdì 07/09 “La forza dell’imprevedibile”
Dopo colazione, alle 08.30 circa, siamo pronti per partire. Passiamo dalla casa delle suore per salutare suor Susy, mentre suor Rosa verrà con noi a Bissau per delle commissioni.
I nostri piccoli amici Braima, Maio, Denilson, Yordi e Benvindo sono tutti là per salutarci.
Qualcuno (Braima…) era addirittura pronto per venire in Italia: amici il nostro è solo un arrivederci!
Ci dividiamo nei due Toyota Hilux, ed io mi ritrovo in quello guidato da Keba, l’autista delle suore, insieme a Romy, Riccardo ed alla stessa suor Rosa.
Inizia il viaggio nel viaggio che terminerà soltanto lunedì’ 10 settembre.
Le condizioni della strada che collega Bigene ad Ingorè erano note, ma la pioggia incessante degli ultimi giorni l’ha resa al limite della praticabilità al punto di farci stare col fiato sospeso per quasi tutto il tratto.
Ma la mano della Provvidenza ha “guidato” i nostri due fuoristrada senza intoppi, ed alle 10 arriviamo ad Ingorè.
Da qui a Bissau la strada è tutta asfaltata, ed ha anche smesso di piovere.
Alle 12 siamo in Curia a Bissau, dove a pranzo ritroviamo Giusi e Dom José, il quale ci chiede un bilancio della nostra esperienza e ringrazia per essere stati nella sua terra. Ma siamo noi a dover ringraziare lui, Pe. Ivo, le suore e tutti gli operatori della missione per averci accolto a braccia aperte e fatti sentire a casa.
Nel pomeriggio facciamo un giro nel centro di Bissau alla ricerca di oggettini ricordo di legno, collane e stoffe tradizionali da portare a parenti ed amici in Italia.
Dopo la cena Pe. Ivo e Padre Davide Sciocco, missionario milanese del P.I.M.E. (Pontificio Istituto Missioni Estere) , fondatore e direttore di Radio Sol Mansi (letteralmente «Il sole è sorto»), ci accompagnano all’ aeroporto “Osvaldo Vieira” di Bissau con largo anticipo.
Effettuato il check-in con imbarazzante rapidità, attendiamo il momento per recarci al punto di controllo della sicurezza. L’attesa viene interrotta dall’avvicinarsi di un dipendente dell’aeroporto che, rivolgendosi verso di me, mi comunica che il volo è stato cancellato, o per essere precisi non è proprio partito da Lisbona.
Ho subito pensato ad uno scherzo (di pessimo gusto, chiaramente) al punto da recarmi insieme a don Marco all’ufficio della Tap per chiedere delucidazioni, dove purtroppo riceviamo soltanto la conferma della cancellazione del volo.
Don Marco chiama subito Pe. Ivo, che in procinto di andare a letto ci mette un po’ prima di capire che non si trattava di uno scherzo, e che doveva ritornare a prenderci.
Si torna in Curia a riposare, in attesa di una telefonata indicativa sul prossimo volo per Lisbona.

Sabato 08/09 “La forza della pazienza”
Facciamo colazione ma il telefono non squilla…
Molti di noi, diciamo tutti, sarebbero stati un giorno in più a Bigene volentieri, ed invece ci ritroviamo protagonisti a nostra insaputa di una sorta di film tragicomico che era solo all’inizio!
Verso le 17 però la telefonata tanto attesa arriva: dalle 20 alle 22 bisogna essere in aeroporto per il check-in. Sarà vero?
Sbrigate le formalità aeroportuali, salutiamo nuovamente Pe. Ivo e questa volta varchiamo anche la porta dei controlli della sicurezza per recarci nella sala d’attesa fino all’imbarco.
Ricordate il dipendente dell’aeroporto di ieri notte? Beh, mi si avvicna nuovamente (non mi ha preso di mira, è solo un amico di Padre Maxi) e mi dice che i biglietti Lisbona-Roma andavano corretti.
Non so cosa gli abbia risposto simpaticamente in foggiano, so solo che don Marco è ritornato al check-in con lui.
Immaginate se mi comunicava l’ennesima cancellazione del volo…
La tratta Bissau-Lisbona-Roma è confermata.
Per i veneti una piccola modifica: la tratta diventa Bissau-Lisbona-Oporto-Milano.
L’aereo proveniente da Lisbona intanto è arrivato e ci prepariamo per salire a bordo.
E’giunta l’ora di salutare la Guinea Bissau ed il suo magnifico popolo: sono circa le 01.30 di notte, quando parte il nostro volo di rientro.

Domenica 09/09 “La forza della Provvidenza”
Arrivati a Lisbona abbiamo pochissimo tempo per salutarci con gli amici veneti che hanno di lì a poco il volo per Oporto.
Noi foggiani invece ce la prendiamo comoda, ignari di quanto stava per accadere: siamo nell’intervallo del film tragicomico.
Al momento del check-in per il volo Lisbona-Roma scopriamo che i nostri quattro nomi non sono in lista… e riappare, in perfetto stile fantozziano, il fantasma del dipendente dell’aeroporto di Bissau.
Ci dicono di recarci allo sportello Tap per l’inserimento sul prossimo volo disponibile, ma la fila chilometrica non ci lascia ben sperare: segno di un evidente declino della compagnia battente bandiera portoghese.
In una “babilonia di linguaggi” veniamo a conoscenza che la nostra tratta diventa Lisbona-Torino-Roma e la partenza è prevista per le 14.30 ora locale.
Direte tutto è bene quel che finisce bene, se non fosse però che l’aereo ha circa un’ora di ritardo e quindi rischiamo di perdere la coincidenza per Roma.
Altri 10 minuti di permanenza all’aeroporto di Lisbona, e don Marco veniva assunto all’ufficio reclami Tap.
Forse è per premiare la nostra insistenza che ci concedono il privilegio di viaggiare sul volo Lisbona - Torino in prima fila in business class, anche se molti passeggeri, son sicuro, ci avranno scambiati per terroristi o dirottatori di aerei… mentre al contrario, siamo “vittime di un dirottamento” operato dalla Tap!
Ma alla provvidenza non v'è mai fine, e così atterrati all’aeroporto di Torino Caselle, riusciamo a salire a bordo del volo Alitalia AZ1430 per Roma Fiumicino delle 19.20, passando per un check-in ai limiti della legalità, ma che di sicuro passerà alla storia come uno dei più veloci!
Alle 20.30 siamo finalmente a Roma ed ai titoli di coda del nostro film tragicomico: le nostre valigie non sono arrivate con il nostro volo a causa del brevissimo tempo di scalo.
Armati di tanta buona pazienza raggiungiamo la casa delle suore Oblate al Casaletto, dove riceviamo la solita cordiale ospitalità ed il bentornato della madre superiora, suor Elvira Franza, e di tutte le sue consorelle.

Lunedì 10/09 “La forza dei ricordi”
Un lunedì romano non l’avevamo programmato, ma non tutti i mali vengono per nuocere.
Decidiamo cosi di far un salto alla Basilica di San Pietro e pregare sulla Tomba del beato Giovanni Paolo II, affidando alla sua intercessione tutti i bambini della Guinea Bissau affinchè superino tutte le sofferenze e malattie, e tutto il popolo guineense affinchè possa ritrovare il cammino della pace.
Dopo pranzo ci rechiamo all’aeroporto di Roma Fiumicino per ritirare le nostre valigie, da poco arrivate da Torino.
Salutiamo don Marco, che è diretto a Verona per seguire il corso organizzato dal Cum (Centro Unitario Missionario), di preparazione alla Missione, e prima tappa della sua nuova esperienza.
Con lui parte suor Nella Russo, Oblata, responsabile della Comunità di N’Dame, a pochi km da Bissau, che deve effettuare degli accertamenti sanitari al Centro per le Malattie Tropicali presso l'Ospedale “Sacro Cuore” di Negrar (Vr).
Io, Romy e Michele invece, ci mettiamo in macchina direzione Foggia, dove arriveremo verso le 22.

Siamo ai titoli di coda di questi appunti di viaggio, il cui bilancio risulta essere molto positivo.
L’esperienza appena conclusa è stata per me un dono di Dio attraverso la quale ha voluto dirmi: “Ama, apri il tuo cuore, non importa dove sei, perché ovunque, amare è donarsi, amare è vivere, perché la Vita è tale solo quando è nell'Amore".
Mi piace infine concludere ricordando una frase di don Tonino Bello: “Il viaggio più faticoso è quello che porta l’uomo al centro del proprio cuore.
Il più lungo, quello che conduce alla casa di fronte.
Il più serio, quello che porta all’incontro con Dio.”
…e che la fine di un viaggio e' solo l'inizio di un altro!

Sergio Triglione

10 settembre 2012

Diario dei miei amici 2: lettera di padre Ignazio (missionario in Brasile)

Italia, 29 agosto 2012

Carissimi amici,


Come molti di voi sapranno io sono in Italia e in questo momento sono in treno perché sto andando a Roma per incontrare il mio superiore generale del P.I.M.E. e alcuni amici . Ne approfitto per scrivere questa lettera e per stare con voi.

Tale desiderio è presente dentro di me già da qualche tempo, soprattutto da quando ho iniziato questo mio viaggio in Italia, il 12 agosto, e in aereo mi sono tornate in mente le parole della canzone “La strada” di Claudio Chieffo: “porto con me le mie canzoni e una storia incominciata… È veramente grande Dio, è grande questa nostra vita”. E cantando questa musica dentro di me, cambiavo la parola "canzoni" con la parola "amici", e così cantavo: porto con me i miei amici e una storia incominciata. Ciascuno di voi, anche se molte volte non lo riconosco per causa della mia distrazione e del mio chiudermi, è una canzone creata da Dio perché la mia vita diventi grande, questa è la ragione di questa lettera.

Rimaniamo sulla linea della musica. Domenica scorsa 26 agosto, stavo in un piccolo borgo di campagna nella valle Trebbia, Donceto, a pochi chilometri di Piacenza, nella casa di mio fratello Edoardo dove sta passando alcuni giorni di vacanza con la sua moglie e i suoi 4 figli, e stavo sul balcone pregando e ammirando la bellezza della natura che mi stava di fronte: i campi coltivati, alcuni verdi e alcuni gialli, e una montagna. All´improvviso a rompere il silenzio di quel paesaggio il suono delle campane della chiesa del paese vicino che mi ha fatto ricordare Neide, un´amica della parrocchia di Salvador che durante un incontro aveva detto che il suono delle campane non indicano l´orario ma la presenza di Dio nel nostro quartiere. Mi sono chiesto quali sono le vere campane della mia vita, sicuramente non quelle che rimangono appese nelle torre delle nostre chiese, ma invece quelle persone e quei fatti che mi richiamano alla dolce e fedele presenza di Gesù e in questo dialogo voglio raccontarvi alcune di queste campane che fanno della mia vita una sinfonia, una canzone: “Porto con me le mie canzoni e una storia incominciata, è veramente grande Dio è grande questa nostra vita”.

La prima campana si chiama Jaciara, una signora della parrocchia, che vive con il proprio nipote in una piccolissima e povera casa e di professione fa la collaboratrice domestica in una famiglia guadagnando 570 reais che in euro sono 230 al mese e 65 li dona per la parrocchia (a voi scoprire la percentuale). Un giorno dopo aver guardato alla televisione un documentario sulla chiesa in Etiopia e specialmente sulla situazione difficile di un sacerdote mi diceva: “P. Ignazio, desidero donare 100 reais al mese per quel sacerdote perché anche lui è mio fratello” in quell´istante Jaciara è diventata una campana suonata per Gesù, che mi ha fatto vibrare, e quel suono riverbera ancora nelle mie viscere, nelle mie vene e mi fa dire che cuore grande sia a livello di generosità ma anche di dimensioni, lei è un esempio evidente che la fede ci apre al mondo.

La seconda campana è don Emilio e c´è un momento particolare dove il suono di questa campana è evidente. È la domenica sera dove insieme condividiamo e giudichiamo i fatti della settimana partendo dall´amicizia con Gesù, per esempio qualche domenica fa (era il 5 agosto) mi sono riempito di ammirazione quando diceva di come molte volte noi cerchiamo la perfezione negli amici e non trovandola rimaniamo scandalizzati e invece diceva: “Gesù non fa così con noi, al contrario entra nella nostra imperfezione e ci abbraccia”. Durante queste cene diventa evidente una sua caratteristica che mi affascina che consiste nella sua passione per Gesù che lo porta a non perdere tempo, a cercare tutte le maniere per coinvolgere nuove persone. Una domenica sera sottolineavamo quanto nella nostra situazione siamo sollecitati a sfruttare al massimo la nostra fantasia per incontrare le persone, perché possa accadere l´incontro con Cristo.

A questo punto apro una lunga parentesi.

Tale creatività, alla quale siamo chiamati, mi ha spinto per esempio a decidere di non usare la macchina in parrocchia e andare a piedi ed è interessante di quanti incontri imprevisti accadono. Per esempio una domenica visitando la signora Jaciara (della quale vi ho parlato precedentemente) vengo a sapere che la notte prima avevano ammazzato il figlio di una signora che abitava là vicino e così ne approfitto e la vado visitare, entrando vedo questa mamma che sta annusando l´ultima maglietta che suo figlio aveva indossato e continuava a dirmi: “Padre, questo è il suo ultimo sudore” e da quel momento è nato un rapporto con lei.

Tale fantasia mi ha spinto a organizzare una festa per i bambini nel giorno di Pasqua, 7 aprile, alla quale abbiamo invitato un pagliaccio e anche in quell´occasione padre Emilio e io abbiamo percorso le strade del quartiere per invitare più ragazzi possibile. Dovevate proprio vedere, sembravamo due marines in azione …

Un altro frutto di tale fantasia è l'organizzazione una volta al mese i giochi dei bambini non più in parrocchia ma in una piazza pubblica del quartiere e questo è bello perché partecipano più bambini e si incontrano nuovi adulti come quel genitore che l´ultima volta, 11 agosto, si è alzato dalla sua sedia, stava bevendo birra, e si è messo a giocare con noi. Tale iniziativa indica di come Cristo non sta in una parte separata ma sta dentro alla vita, al quartiere questa è l´incarnazione, e ci porta a stare vicino al popolo.

Con questo desiderio siamo invitati a sottolineare le processioni come quella della festa della parrocchia, la domenica seguente della Pasqua, 15 aprile, durante la quale padre Emilio ha usato tutta la voce che aveva perché tutti anche i passanti potessero vedere che cosa stavamo celebrando. Quest´anno per la prima volta abbiamo fatto anche la processione del Corpus Domini, 7 giugno, è stato interessantissimo passare per le vie del quartiere con il Santissimo Sacramento. È stato bello vedere per esempio un uomo che stava bevendo e quando ha visto l´Eucaristia ha buttato fuori la sua birra e sul finire è accaduto un piccolo miracolo: una motocicletta per causa di un incidente sbanda e si ferma a pochi centimetri dalla processione, non vi dico il battito del mio cuore … penso proprio che Gesù ci abbia protetto.

Chiudo questa lunga parentesi.

Parlando dell´amicizia vorrei raccontarvi della terza campana che è Otoney, che ho già menzionato in altre lettere. È impressionante la passione che ha per il suo lavoro di avvocato (immaginate che coppia io prete e lui avvocato, chi è il più furbo tra noi due, a voi la scelta …), per la sua famiglia (ha tre bambini) per gli amici con i quali cerca la verità delle situazioni. Un giorno diceva durante un incontro (era il 31 luglio): “Il miglior amico è colui che il Signore ti pone a fianco e non quello che immagini tu”. Pensate che queste parole non escono dalla bocca di un sacerdote ma di un padre di famiglia, di un avvocato che tutti i giorni deve affrontare i suoi “problemi”.

Continuando su questa onda dell´amicizia, passiamo a Jean (quarta campana) che è un giovane di 17 anni il quale è cambiato partecipando alle vacanze degli studenti del movimento. Durante un pranzo con me e con altri studenti raccontava di come è stata significativa una gita nella quale il gruppo aveva perso il sentiero, così invece di camminare 4 ore ha camminato 9. Ci diceva che in quell´occasione aveva imparato che nella vita non possiamo dare per scontato niente e desiderare sempre qualcosa di grande, e alla sera di quello stesso giorno (quello della gita) ci raccontava di come ricevendo l´Eucaristia si era chiesto: “Ma chi sono io per meritare di incontrare Gesù”. Tale fatto diventa una campana che suona più forte se consideriamo il quartiere nel quale viviamo dove i giovani sono vittima della violenza. Veramente le campane di Cristo suonano forte anche dove risuona il suono dei proiettili.

Parlando dei giovani voglio citare la quinta campana che sono due sorelle Denise e Carla, quest´ultima cieca da quando aveva 9 anni, che stanno partecipando della cresima. È un vero spettacolo vedere in azione l´affetto che esiste tra le due, toccato con mano già nel primo incontro durante il quale avendo fatto una grande gaffe, avendo mostrato un video, e in quanto il documentario stava andando sentivo nell´oscurità una vocina, e per questo ho cercato di capire chi era e cosa vedo: Denise che spiegava le scene a Carla e quest´ultima partecipava come se stesse vedendo e era bello udire le sue risate quando c´erano scene comiche è proprio vero l´amore fa vedere anche nel buio. Dovete vedere anche la loro casa povera ma pulitissima.

Continuando su questo filone dei giovani desidero condividere una iniziativa che è iniziata per la disponibilità di una professoressa che si chiama Oliva, la sesta campana, la quale tutti i giovedì dalle quattro alle cinque gratuitamente aiuta alcuni ragazzi nello studio (per adesso sono tre). Un'altra novità di quest´anno è un pranzo che organizziamo una volta al mese di domenica durante il quale i “giovani” amici possono condividere le provocazioni che stanno vivendo. Durante uno di questi momenti una ragazza che si chiama Geisa raccontava di come la nostra amicizia l´aiuta a prendere sul serio esigenze profonde della vita che in altre parti verrebbero ignorate. Una volta avevo pronunciato la parola banale ma lei mi ha corretto dicendo nella vita niente è banale.

Prima ho parlato della professoressa Oliva, adesso vi parlo di sua sorella Barbara e del suo sposo Uelson i quali sono la settima campana. Hanno infatti deciso di sposarsi dopo 9 anni di convivenza. Il matrimonio l´ho celebrato il 14 luglio ed era evidente per il modo con il quale hanno partecipato alla celebrazione che quel avvenimento faceva parte di un cammino di conversione iniziato qualche mese fa´. Sono veri amici. Con loro e con altre persone abbiamo organizzato il 16 giugno una festa popolare con quasi 500 persone.

Tra le campane non posso non ricordare il signor João, 92 anni, l´ottava campana, che il primo venerdì del mese aspetta di ricevere la comunione e tutte le volte mi accoglie con una grande festa preparando anche un buon pranzetto dicendo che quella è la sua visita più importante perché riceve la confessione e l´eucaristia.

Un'altra campana è la signora Antonia, responsabile di una cappella della parrocchia che una sera, durante un incontro, diceva di come affrontando alcune difficoltà incontrate nella festa della comunità le ha offerte a Gesù. Come lei ci sono altre nella parrocchia …

La decima campana sono le suore di Madre Teresa che ho citato nell´ultima lettera e vi racconto un fatto interessante. Un giorno mi chiamano dicendo che c´era un ragazzo ammalato di cancro che si doveva battezzare urgentemente in ospedale e di fronte a una richiesta simile difficilmente mi faccio indietro perciò avevo cambiato tutto il programma di quel giorno a tal punto che non avevo pranzato. Andiamo insieme all´ospedale che non era vicino, facciamo un “casino” per entrare e finalmente arriviamo alla stanza dell´ammalato e cosa vedo il giovane in piedi giocando; dentro di me è sorto un nervosismo, naturalmente battezzo il giovane ma appena usciti dall´ospedale mi sono sfogato con quelle due povere suore indiane che di fronte alla mia rabbia erano diventate bianche, perché gli dicevo che non potevano trattarmi in quel modo. Ma cosa è accaduto … Il giorno dopo mi hanno chiamato avvisandomi che durante la notte il giovane era morto, non vi dico cosa ho provato dalla rabbia del giorno prima sono passato alla gratitudine per la loro perseveranza, veramente la vita non appartiene a noi, sempre dobbiamo essere disponibili a essere strumenti della grazia di Dio.

E adesso passiamo all´ultima campana che è il nostro cuore che io chiamo “nostalgia di Gesù“. In questi ultimi mesi sto provando questa nostalgia che consiste nella sete di Lui e concretamente si esprime per esempio nel mio risveglio. Subito prima di fare qualsiasi cosa infatti mi rivolgo a Cristo con l´Angelus, con altre preghiere, con l´adorazione eucaristica, iniziando il giorno cercando la Sua presenza, sentendo il suo dolce abbraccio che si manifesta donandomi un nuovo giorno. Iniziando così posso riconoscere con facilità tutte le altre campane che formano la grande sinfonia della vita. E molte volte tale sinfonia si realizza sotto un bellissimo arcobaleno che per me è suggestivo perché nella Bibbia esso rappresenta l´alleanza di Dio con il popolo di Israele.

Cari amici è giunta l´ora di terminare questo duetto tra me e voi per dare spazio ad altri brani della grande sinfonia della vita ringraziando per la vostra attenta disponibilità nei miei confronti. Vi chiedo inoltre preghiere perché abbia il coraggio di non seguire i miei sogni ma seguire il suono delle varie campane che il Signore pone nella mia vita per far parte della sua sinfonia.

Un sincero abbraccio

In Cristo

P. Ignazio